Leonardo Cecchi. Foto di Massimiliano Fusco
Leonardo Cecchi. Foto di Massimiliano Fusco

Leonardo Cecchi: mi immedesimo sempre nei miei personaggi

Giovanissimo ma con tanta esperienza già fatta alle spalle, incontriamo Leonardo Cecchi: attore, cantante e ballerino statunitense naturalizzato italiano, che si è fatto spazio tra i nomi dello spettacolo il ruolo del protagonista Alex nella serie TV Alex & Co.. Al teatro nei panni di Aladin, e con una avviata carriera da scrittore, lo incontriamo per farci raccontare le sue prospettive.

Leonardo Cecchi. Foto di Massimiliano Fusco
Leonardo Cecchi. Foto di Massimiliano Fusco

Leonardo Cecchi, benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo. Sei giovanissimo ed il tuo curriculum vanta già esperienze televisive, cinematografiche, letterarie ed anche teatrali. Qual è il segreto di Leonardo?

Siete gentilissimi, è un gran piacere essere sulla Gazzetta dello Spettacolo. Se dovessi provare ad identificare un qualcosa che mi ha portato a fare così tante esperienze, direi che; il spingere sempre al massimo, dare sempre il mio meglio e non adattarmi al normale è quello che mi ha portato fino a dove sono ora. Oltre alla buona fortuna, che purtroppo serve sempre.

Stati Uniti d’America e Italia: due realtà che ti uniscono ed allo stesso tempo ti dividono. Idealizzando una città cosa porteresti in un punto per gli States e uno per l’Italia e cosa eviteresti (sempre un punto per gli States e uno per l’Italia)?

Che domanda divertente! Una città Ideale avrebbe il surf di Los Angeles e la cultura culinaria dell’Italia. Non avrebbe invece Il traffico di Los Angeles e non avrebbe l’andazzo di fare le cose alla buona che si trova ogni tanto in Italia.

Nel tuo curriculum troviamo in questo 2019 Aladdin, il musical geniale. Ci vuoi raccontare questa esperienza?

E’ un’esperienza bellissima, che fino ad ora mi sta facendo crescere di giorno in giorno. E’ stata una grossa sfida se devo essere sincero, visto che non ho mai affrontato un compito che richiedesse canto ballo e recitazione teatrale a questo livello. Mi sono trovato quasi in crisi al inizio di questo percorso, ma con l’aiuto e la sensibilità di Maurizio Colombi e tanto duro lavoro quotidiano sono riuscito a digerire e godermi anche questa esperienza.

Cosa c’è di Leonardo in Aladin e cosa c’è di Aladin in Leonardo?

Aladin è un ladruncolo che si sente già arrivato nella vita. Ha fregato il sistema, per così dire: “perché devo lavorare se si può vivere felicemente da poveri e rubare occasionalmente per arrivare al domani?” Ovviamente, questa non è la via giusta per il nostro Aladin, e nel arco della storia lo capirà anche lui. Leonardo invece è diviso tra due personalità. Una che lo vorrebbe fare giocare tutto il giorno e vivere senza pensieri, l’altra che gli vorrebbe fare vincere un premio Oscar. Direi che la prima è quella in comune con Aladin e la seconda è quella che mi fa assomigliare di più alla mamma di Aladin, Kamira interpretata da Fulvia Lorenzetti.

Il cast del musical è molto ricco, con 20 elementi tra attori, cantanti e ballerini. Interpretanto il protagonista, ti senti un po’ leader di questo gruppo? Che aria tira quando si sta tutti insieme sul palco e dietro le quinte?

Ogni tanto si, anche se a livello di esperienza teatrale sono quello che potrebbe parlare di meno fra tutti. Tuttavia cerco sempre di trasmettere una energia positiva che dia grinta e gioia a tutti, e quando sono io ad essere giù di tono o in difficoltà, so di poter contare su ognuno di loro. Siamo un gruppo meraviglioso, e tira un’aria di famiglia dietro alle quinte.

Dalla televisione al teatro, quali differenze hai notato, e soprattutto cosa vedi più presente nel tuo futuro?

Le differenze principali a mio parere sono: nel cinema vivi inevitabilmente qualcosa di vero. Questo viene trasmesso al pubblico tramite i micro movimenti degli occhi e gesti corporei che l’attore svolge naturalmente. Il tutto deve avere forza e determinazione, ma come se uno stesse tentando di riconquistare la sua innamorata dopo una litigata appassionata. A teatro invece la performance è più esagerata ed energetica. Tutto deve partire da un lavoro interno onesto e “vero” a livello sentimentale, ma viene espresso in un modo esagerato e finto dalla prospettiva dell’attore. Tuttavia, dal esterno risulta efficace e intrattenente.

Leonardo Cecchi. Foto di Massimiliano Fusco
Leonardo Cecchi. Foto di Massimiliano Fusco

Parliamo di Manuale di sopravvivenza per i reduci del primo amore. Si parla d’amore: quanto è importante l’amore nella letteratura per far ancora sognare grandi e piccini?

L’amore è uno dei temi più forti ed efficaci in qualsiasi ambito artistico. E’ Una delle uniche forze in grado di sovrastare quella razionalità che ci rende umani. Questo libro vede l’amore attraverso gli occhi di un teenager (Daniele, 16 anni) che si trova quasi in crisi. E’ alla scoperta di che cosa voglia dire veramente questo amore: “si può barare l’amore attraverso giochi di rimorchio?”

Suo mentore in questa avventura: Bernard Delacroix, il personaggio a mio parere più interessante del libro.

Quanto ci metti di autobiografico nei tuoi romanzi?

Abbastanza per renderlo realistico e credibile. Mi immedesimo sempre nei panni di tutti i personaggi, quindi c’è sempre un po’ di mio in ciascuno di loro. In questa storia romantica con un senso di autoironia e leggerezza (perché altrimenti per come la vive davvero un teenager, sarebbe molto pesante questa storia), ci ho messo tutto me stesso, tra i momenti di felicità, i momenti di caduta e i momenti di riflessione. Parte tutto da ricordi o pensieri che mi porto sempre appresso.

Su Francesco Russo

Francesco Russo, giornalista e direttore del quotidiano "La Gazzetta dello Spettacolo", comunicatore digitale ed ufficio stampa di eventi e VIP.

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