Luigi Di Fiore

Luigi Di Fiore: “la cultura” è un tassello importantissimo per la nostra società

“Verso Dante”, segna il ritorno in teatro dell’attore Luigi Di Fiore, che avrete modo di vedere in scena, a Roma, al Teatro Sala Umberto.

Luigi Di Fiore

Un incontro, quello vissuto insieme a Luigi, intriso di tanto lavoro, di forti emozioni, di progetti futuri e di tante buone speranze.

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Luigi Di Fiore. Come procede il tuo vissuto?

Procede bene ed è tutto pronto! Sono in attesa di salire sul palco, questa sera, per portare in scena il mio spettacolo, “Verso Dante”, al Teatro Sala Umberto di Roma.

“Verso Dante”, appunto, ti riporta al tuo amato teatro. Cosa puoi dirci a riguardo?

Due anni fa, ricordo, ero alla Fondazione Zeffirelli a debuttare proprio con questo spettacolo, quando è sorto un brusco e inaspettato stop. Si ha modo, finalmente, di riprendere in mano la nostra realtà, per rimettere mano ad un lavoro importante, forte, che richiama l’attenzione su un tema fondamentale: l’abbandono della cultura. Questa cultura che, purtroppo, viene immaginata come l’ultimo tassello di cui la società deve preoccuparsi. Porto in scena un uomo disperato, vestito di stracci, che racconta, dopo aver viaggiato di città in città, un messaggio che nessuno vuole ascoltare. Tramanda una storia che parla di cultura, di un bene che sta dissolvendosi nel tempo, in cerca di qualcuno che abbia nuovamente voglia di ascoltare, di apprendere. Paolo e Francesca, il Conte Ugolino e Ulisse, sono soltanto alcuni uomini del passato di cui questo vagabondo narra, di cui sentirete parlare, seduti tra le poltrone di un bellissimo teatro. Il testo è stato scritto insieme a Tommaso Agnese che ne cura anche la regia.

Quali sensazioni sono legate a questo ritorno in teatro?

Il brusio, annesso al calare della luce, inevitabilmente ti porta a vivere il tutto in maniera forte, davvero accentuata. Il debutto alla Sala Umberto di Roma, di certo, sarà ancora più ricco di emozione. So bene che vi saranno molti amici nel pubblico, da Monica Guerritore a Maddalena Crippa, a un Premio Oscar come Gianni Quaranta, Giacomo Battiato e molti altri. Mi tremano i polsi al solo pensiero!

Cosa vuol dire essere attore, oggi?

È difficile pensare di poter essere un attore, oggi! Questa figura è stata modificata, smontata, diversamente da quello che rappresentava un tempo. Si parla, adesso, di un circo indefinito a cui tutti possono prendere parte, senza averne i fondamentali, cosa che rattrista tutti, immensamente. A breve, nascerà il Registro Attrici e Attori Italiani, che richiederà talune precise caratteristiche affinché si possa accedere a questo registro per potersi ritenere dei veri e propri professionisti. Se lasciamo approdare chiunque in un campo così importante, non facciamo altro che ferire ulteriormente la nostra società.

Luigi Di Fiore

Quale consiglio senti di dare ai giovani che pensano di voler intraprendere questo mestiere?

Consiglio loro di studiare, di prendere parte alla Silvio D’Amico, perché le arti drammatiche sono fondamentali, così come lo è anche il Centro Sperimentale di Roma o la Scuola del Piccolo. Realtà molto valide che permettono un accesso reale e accurato a questo bellissimo mestiere.

Hai preso parte a “La Piovra”, “Un Posto al Sole“, “Il Commissario Nardone”, “Baciato dal Sole” e tanti altri lavori. C’è un ruolo in particolare a cui sei ancora molto legato?

Ogni ruolo ha ovviamente avuto una sua dose affettiva che si è poi consumata nel portare avanti l’operazione, lasciando dei ricordi bellissimi, seppure poi si vada per altri lidi, altri ruoli. Di certo un’esperienza umana, forte, che ha avuto un diverso iter, è stata l’esperienza legata ad Un Posto al Sole. Avevamo un compito ben preciso, quello di salvare il Centro di Produzione Rai di Napoli. Una battaglia forte, davvero importante, in cui abbiamo impiegato tutti delle forti energie, altrimenti il tutto sarebbe crollato, compreso il Centro di produzione. Dopo questa immane fatica, quando mi è stato chiesto di uscire, dopo soli cinque anni, ho sofferto per questa decisione ed ho portato con me alcuni strascichi, negli anni a seguire, legati anche al distacco da quella che ormai definivo una “famiglia”. Mi sono sentito come un reduce di guerra, dopo aver vinto una battaglia difficile, di cui poi ci si dimentica, anche quando si festeggiano anniversari importanti. Questo mi ha fatto davvero male!

C’è qualcosa che vorresti dire e che non hai ancora avuto modo di esternare?

Mi auguro soltanto che tutto ciò che ora stiamo vivendo, a causa di questa pandemia, possa smettere di essere e possa esserci una grande ripresa. Mi spaventa sapere che la Germania, una potenza così grande, abbia fatto richiesta all’Italia per trasportare alcuni loro malati in terapia intensiva. Così come, allo stesso tempo, mi spaventa sapere che l’Austria sia in pieno lockdown, come l’Olanda, paesi organizzati, molto ricchi, che vanno in ginocchio. Faccio appello a tutti, alla responsabilità di ognuno, affinché non si ricada in quell’incubo.

Cosa prevede il tuo futuro artistico?

Ci sono segnali belli e forti che spero possano concretizzarsi al più presto. Vivo un periodo davvero pieno, ricco e spero di potervi parlare presto di tutto ciò.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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