Il cancelliere del Ducato di Modena e Reggio, insieme con il parroco di Santa Vittoria hanno lo stesso pensiero, ovvero quello di credere che il ballo e la musica, arti amate dai contadini e dai lavoratori, siano pericolosi, forvianti e soprattutto possono indurre a tentazioni peccaminose corporee e per questo, di conseguenza, saranno vietate e se è il caso saranno anche puniti coloro che non obbediranno alle regole della limitazione.

In quel tempo, metà ottocento, la maggior parte delle persone era povera, contadini e braccianti che con fatica e stenti andava avanti e l’unico svago era proprio quello distrarsi ed alleviare stanchezza e tensione attraverso canti e balli. Anche Arturo, trova nella musica conforto ma soprattutto si assicura da mangiare, infatti egli è un giovane “violinista” costretto alla fuga per non farsi sequestrare il suo prezioso strumento, il violino, che gli assicura, per l’appunto, da vivere. Durante il suo scappare incontra Enrica che si innamorerà ben presto di lui. Man mano il racconto diventa sempre più intrigante e interessante, soprattutto quando braccianti e contadini si uniscono concependo il concetto che insieme sono una forza e che hanno dei diritti, ed anche la distrazione deve essere considerata tale, un diritto che deve essere rispettato, come è giusto che debbano essere rispettati i diritti dei loro figli ai quali spetta un futuro migliore, un avvenire più roseo che potrebbe essere assicurato, magari, proprio dalla musica, studiandola in maniera corretta.

Una vera e propria presa di coscienza che porta ad un susseguirsi di conquiste dall’800 ai giorni nostri, dove si intrecciano le storie di Arturo ed Enrica e dei loro tre figli, a quelle delle grandi guerre, delle battaglie socialiste, della Rivoluzione Russa, dei Carpi, dei Bagnoli,di Favorita e molto altro ancora.

Una forza che viene dal lavoro, dalla voglia di emergere, dal riscatto di non voler essere più sfruttati, dall’unione, dal ballo…coccolati dalle note di “cento violini”.