L’archivista di Torrechiara, di Paola Minussi

L’archivista di Torrechiara, di Paola Minussi

Per la rubrica Libri e Scrittori, incontriamo Paola Minussi, musicista-concertista e docente di chitarra classica presso l’Accademia di Musica di Basilea, è l’autrice di L’archivista di Torrechiara (Bertoni Editore).

Narrare storie è la sua passione e lo fa nei suoi libri, nelle rubriche radiofoniche che conduce e nella sua attività di celebrante umanista.

Le sue prime opere le ha dedicate ai figli: Progetto Aranjuez. Diario di bordo di una madre adottiva, ETS Edizioni e Il primo raggio di sole. Canto a tre voci, La Ruota Edizioni.

Oggi si riaffaccia sul panorama editoriale con una storia di resistenza e sorellanza al femminile, oltre che una vicenda politica anche troppo attuale, ambientata nel favoloso castello di Torrechiara.

IL LIBRO E’ DISPONIBILE QUI

Paola Minussi, benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo. Qual è stata l’ispirazione dietro a questo romanzo?

Grazie a voi per l’ospitalità; sono molto felice di essere qui a parlare con voi del mio romanzo “L’archivista di Torrechiara”, pubblicato da Bertoni Editore. Dunque, l’ispirazione e l’idea della vicenda narrata nel mio romanzo nascono dal luogo in cui ho ambientato la storia: il castello di Torrechiara, con il suo borgo e i suoi dintorni. Sono una viaggiatrice curiosa sia nello spazio che nel tempo e ho visitato molte volte questo luogo; ho sempre trovato suggestiva la sua architettura, la sua storia e anche la biografia del condottiero che lo ha fatto edificare, Pier Maria Rossi. Ricordo in particolare una visita, una domenica d’agosto di otto anni fa, in cui ebbi modo di avere come guida colei che era ai tempi la guardiana del castello, Margherita Ghini Cantoni, già archivista presso l’archivio di Stato di Parma. Fu un itinerario davvero coinvolgente e suggestivo attraverso le sale e la storia, tanto che, una volta rientrata a casa, mi svegliai alle cinque del mattino successivo e scrissi di getto la trama e il cuore di quella che sarebbe poi diventata la storia narrata nel romanzo.

Nel romanzo, il personaggio principale, Anna Ponti, affronta una situazione di guerra civile e dittatura. Quali sono i messaggi che desideravi trasmettere attraverso questa ambientazione e come hai affrontato la sfida di mescolare la narrativa con elementi politici e di attualità?

Il messaggio per me più importante che desideravo e desidero trasmettere attraverso la vicenda di Anna Ponti, l’archivista di Torrechiara, è quello del senso e dell’assunzione di responsabilità che coinvolge ognuno e ognuna di noi. Fino a che punto siamo disposti a correre dei rischi per difendere i nostri diritti e i valori di umanità che ci contraddistinguono come società civile? Fino a che punto restiamo indifferenti alle ingiustizie che ci circondano senza intervenire in prima persona? Cosa deve accadere per scalfire il guscio di comodità e di apatia che, spesso, ci siamo costruiti addosso per non turbare la nostra esistenza? Ecco, queste sono le domande che la protagonista del romanzo pone a se stessa e alle quali cercherà di dare risposta durante tutto il romanzo. Potente risuona nelle pagine il monito di Antonio Gramsci a non restare indifferenti, a non essere il peso morto della storia, ma a prendere una posizione, a vivere, a essere partigiani.

Trovi che quest’opera possa essere senza scadenza anche per le generazioni future dati i corsi e ricorsi della Storia?

Penso di sì: penso, e temo, che quest’opera parli di argomenti attuali e sempre di moda, perché la storia si ripete, se non uguale, simile a se stessa. E si ripete in modo tragicamente stupido. Sembra assurdo che le dinamiche, a tutti livelli (politico, economico, relazionale) siano sempre le stesse e si ripetano identiche: rapporti di potere sbilanciati in cui il più forte domina sul più debole. Eppure è così.

Sorellanza al femminile e solidarietà: Paola Minussi ne siamo davvero capaci noi donne e l’Umanità intera?

Sì, sono convinta che sorellanza al femminile e solidarietà siano strade percorribili e anche praticate da una fetta importante di cittadini e cittadine, che si impegnano ogni giorno, dedicando tempo, energie e risorse economiche, a “far rete” e a prestare un aiuto concreto a chi ne ha bisogno. Certo, fa più rumore un albero che cade rispetto a una foresta che cresce, ma io, nonostante tutto, mi ostino a credere che la foresta, anzi tante foreste, stiano crescendo. Di questo sono certa. Non sono certa che questo sforzo sia sufficiente a invertire la rotta e a “salvare” il nostro pianeta dalla distruzione. Del resto, ogni cosa ha un inizio e una fine e anche noi, come genere umano, non siamo certo immortali. Rimane da vedere quanto saremo “bravi”, e lo dico con amarezza, ad accelerare un destino inevitabile.

Come vedi il ruolo dell’arte e della letteratura nel promuovere il cambiamento sociale e la consapevolezza?

L’arte, in tutte le sue forme, è un potentissimo mezzo per promuovere il cambiamento sociale e la consapevolezza a livello personale e collettivo. L’arte agisce da vera e propria terapia in chi la pratica e in chi la frequenta, leggendo un libro, andando a vedere una mostra, ad ascoltare un concerto o a vedere una rappresentazione teatrale. L’arte però ha bisogno di tempo e di tranquillità, condizioni nemiche della nostra epoca che macina informazioni e sensazioni ad altissima velocità, spesso senza concederci il giusto tempo per vedere, ascoltare, gustare, capire e assimilare. Per poi agire un cambiamento.

In chiusura Paola Minussi, puoi condividere con noi un po’ dei tuoi progetti futuri? Hai in programma di continuare a scrivere libri con temi simili o esplorare altri generi?

Nei miei progetti futuri c’è senz’altro la pubblicazione di un altro libro, a cui sto già lavorando. Si tratta di una vicenda noir, ambientata tra Como, la mia città natale e Lisbona, la mia città dell’anima, luogo in cui vorrei, un giorno, andare a vivere. Protagonista sempre una donna, o meglio, anche in questo caso, più donne che cercano di trovare il proprio posto nel mondo, un mondo che non è, decisamente, per le donne.

Ci riusciranno? E a che prezzo? Non lo so ancora con certezza; il finale è ancora aperto.

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