Manfredi Russo. Foto da Ufficio Stampa
Manfredi Russo. Foto da Ufficio Stampa

Manfredi Russo: il premio più prezioso? L’abbraccio del pubblico

Oggi vi parliamo di Manfredi Russo attore Palermitano di cinema e teatro è stato presente in tantissime produzioni cinematografiche e televisive.

Formatosi alla “Stage Academy”, l’accademia di Patrick Rossi Gastaldi, che considera il suo Maestro, ha partecipato a varie Masterclass anche di livello internazionale. Oramai non più, una “giovane promessa”, perché l’attore siciliano Manfredi Russo è una certezza nel panorama cinematografico e teatrale italiano e non solo.

Manfredi Russo. Foto da Ufficio Stampa
Manfredi Russo. Foto da Ufficio Stampa

Pur molto giovane ha raggiunto una preziosa maturità espressiva e scenica. Un attore sensibile che da sempre è impegnato in temi profondi e legati alla sua terra, la Sicilia. Con le sue interpretazioni sa coinvolgere gli spettatori arrivando fino al cuore, scuotendone le coscienze e facendo porre loro interrogativi.

Gli spettatori riescono perfettamente ad immedesimarsi nei personaggi interpretati da questo attore e regista. La sua completezza scenica lo porta a sapersi esprimere non solo nei ruoli drammatici ed impegnati, ma anche in commedie molto divertenti.

Indimenticabile la sua interpretazione in “Chiamate un’ambulanza” cortometraggio che ha vinto diversi premi, “Vampa di core” corto giunto finalista sia per la migliore sceneggiatura sia come miglior film all’ “Acqua Film Festival” di Roma, nonché finalista ai Globi d’oro. Il docufilm si concentra sulla denuncia relativamente alla chiusura delle Terme di Sciacca, tra le prime terme naturali al mondo, attualmente ancora chiuse.

Manfredi Russo. Foto da Ufficio Stampa
Manfredi Russo. Foto da Ufficio Stampa

Tra i lavori di questo grande attore non possiamo non menzionare “Il sogno americano” un cortometraggio in cui la sua interpretazione gli ha tributato il premio come miglior giovane attore italiano a Todi. E poi c’è anche “Indictus ” una Web Series in cui interpreta il Principe Arabo Ibrahim, con una produzione “siculo/torinese” che sta riscuotendo innumerevoli consensi positivi in tutto il mondo, dall’America all’Asia, con tantissimi premi già ricevuti. Da ricordare anche la sua partecipazione a diversi film, tra cui per la TV “Mario Francese” trasmesso da canale 5, “Paolo Borsellino i 57 giorni” film prodotti dalla RAI, “Squadra Antimafia 4” su reti Mediaset, e per il grande schermo più di recente “L’ora Legale”.

Un curriculum di tutto rispetto non c’è che dire caro Manfredi Russo, ma come hai deciso di fare l’attore?

Come ho deciso ? Fare l’attore non è un mestiere, ma piuttosto un’ “infermità” che nel tempo, tassello dopo tassello, capisci ti appartiene. Da piccolo mentre i miei compagni guardavano i cartoni animati, che per carità guardavo anch’io, mi incantavo difronte film quali “Umberto D.” piuttosto che “Roma città aperta”, capolavori di quella stagione del neorealismo di cui ancora oggi sono innamorato. Come dire, era un germe in fieri.

Per un attore come te, molto espressivo, qual è il rapporto tra corpo, testo e parola?

Sono rapporti sinergicamente connessi. Se pensiamo che il cinema nasce muto, possiamo comprendere che la parola è fondamentale si certo, ma non la prima e sola forma comunicativa. Attori come Buster Keaton o Charlie Chaplin lo dimostravano con le loro poetiche interpretazioni, al di là dei sottotitoli verbali e nel sottotesto delle parole non dette. L’attore vero, deve essere completo come ieri ma forse oggi anche di più, visto che le forme espressive sono aumentate rispetto agli anni 20. L’attore dovrebbe avere una completezza che gli consenta di restituire credibilità ai suoi personaggi. Non fingere ma immedesimarsi e vivere, sentire in prima persona uno stato d’animo che si fa proprio.

Manfredi Russo nel tuo percorso artistico hai interpretato diversi personaggi forti e passionali, quanto c’è in loro della tua sicilianità?

Manfredi Russo. Foto da Ufficio Stampa
Manfredi Russo. Foto da Ufficio Stampa

Amo dire e ricordare che il siciliano non è un dialetto ma una lingua vera e propria. La Sicilia ha un patrimonio culturale enorme, con tutte le invasioni che nel tempo si sono succedute e quando vai ad interpretare un personaggio ti porti dentro tutti i caratteri geneticamente ed atavicamente che hai dentro di te. In diverse mie interpretazioni, volutamente, non ho tradotto dal siciliano in italiano le parole, perché sono profondamente convinto che in molti casi onomatopeicamente i suoni ed i termini siano intraducibili e di conseguenza rendano decisamente meglio.

Che cos’è per te oggi fare il mestiere dell’attore?

Con questa domanda mi riporti al tempo in cui insegnavo ed a quando i miei allievi mi facevano la stessa domanda. Allora dicevo loro che per prima cosa questo non è un mestiere, ma è quasi una missione, un’esigenza comunicativa. E’ una sorta di verità che devi raccontare con rispetto verso coloro i quali a cui è destinata. Come la musica, così nel cinema e nel teatro e forse nelle arti in generale, non c’è un teorema assoluto che potrebbe scivolare nei meandri della ubris, ma altresi’ la serietà, l’impegno ed il rispetto con cui si racconta qualcosa. Attraverso l’ opera del recitare è come se si rendesse un servizio alla società ed alle generazioni, quindi pregno di grande responsabilità. Basti pensare al patrimonio che ci hanno lasciato le icone sacre specialmente della Settima Arte, che vivono al di là della loro permanenza terrena nelle emozioni di chi li fa rivivere anche quando non ci sono più. 

A proposito dei tuoi allievi, tu hai curato un laboratorio teatrale in cui formavi giovani leve, come è stata questa esperienza?

Entusiasmante. In una città come Palermo che ha avuto un teatro importante, il “Teatro Massimo” chiuso per decenni, sentivo come qualcosa di grave il non avere a disposizione uno spazio culturale in cui fare teatro e cinema. Sono sceso a suo tempo a fare dei provini in Sicilia, provenendo da Roma, per cercare degli attori ed interpreti siciliani. Molti mi chiedevano di fare qualcosa per loro e riscontravo forte il desiderio di fare, di recitare.

Non ho resistito ed è nato un progetto socio culturale molto affascinante in cui aggregavamo “normo dotati” e non, giovani e non, in un’ alchimia socio culturale che si sposava benissimo. In una città che ha sofferto tanto come Palermo e nella quale molte persone avrebbero voluto fare cose che non potevano in un determinato periodo storico, si è creato questo spazio che mi ha dato tante soddisfazioni. Abbiamo ottenuto anche dei riconoscimenti e ho visto che premiavano proprio quelli che più ne avevano bisogno.. Spesso diciamo di essere noi i “normali”…

Concetto a mio avviso estremamente labile .. Ho vissuto momenti di grande umanità con tutti loro, mi hanno riempito di gioia. “La Compagnia dei Vitelloni”, così si chiamava e continua a chiamarsi. Un omaggio a Fellini, con loro abbiamo affrontato tematiche come il bullismo, la violenza sulle donne, l’ immigrazione e tante altre tematiche sociali. Sono rimasto legato a tutti loro con affetto e loro a me, persone ironiche che scherzano sui loro handicap e che ti insegnano l’ arte del mestiere di vivere .

Tu sei anche un regista. Come e perché un attore aspira a fare il regista?

Ma sai ho scritto e fatto delle cose che ho avuto poi il desiderio di dirigere. La mia attività primaria è e resta quella di interpretare, di fare l’attore. L’esperienza del regista è nata in un preciso momento della mia vita in cui volevo raccontare delle cose e quindi mi sono sentito di dirigerle. A volte fare lo sceneggiatore, l’ attore ed il regista contestualmente può creare delle conflittualità di ruolo.

Ma mai dire mai potrebbe essere che ritorni a fare il regista anche se attualmente non mi manca. Preferisco concentrarmi su una cosa sola, nonostante anche l’esperienza da regista mi abbia portato diverse soddisfazioni per esempio “Il sogno americano”, “Fidanzamento col botto” un omaggio a Palermo che ci riporta al 9 Maggio 1943, primo giorno di bombardamenti a Palermo. Gli interpreti di questo film erano Luciana Turina, Maurizio Bologna e Benedetto Raneli, è stato presentato anche in America e sta andando molto bene in giro per il mondo. Un’altra opera che mi ha dato soddisfazioni è “L’Arciprete” un “Istant-Movie”, una sfida, scritto, girato e post prodotto in sole 72h a Sciacca e montato dal grande Raimondo Crociani, il montatore storico di Ettore Scola.

Secondo te è importante il rapporto tra critica e creazione artistica?

Fondamentale, se no ce la suoneremmo e canteremmo da soli. Chiaro che si percepisce una critica fatta in modo costruttivo. In questo caso ben venga anche perché si riceve un’indicazione che aiuta a crescere e migliorarsi. Se invece la critica è solo disfattista ha poco senso, ma se viene da persone illuminate sono davvero preziose e formanti.

Manfredi Russo sei stato insignito di molteplici premi, il più prezioso per te?

Manfredi Russo premiato allo Sciacca Film Festival. Foto di Elena Costa
Manfredi Russo premiato allo Sciacca Film Festival. Foto di Elena Costa

Non ho alcun dubbio: il premio più prezioso è l’abbraccio del pubblico quando esci dalla sala e ti dice che gli hai regalato un’emozione. Parlando di riconoscimenti “tecnici” ricordo il premio di Todi in cui nel film hanno premiato la mia interpretazione. La doppia nomination come miglior film e come migliore sceneggiatura all’Acqua Film Festival e poi il premio della critica per l’Arciprete al Festival internazionale di Sciacca ed averlo condiviso con Raimondo Crociani per me è stato un grande onore. Mi da gioia ricordare questi riconoscimenti, ma li considero sempre dei punti di partenza, perché non ci si dovrebbe mai adagiare sul passato, cercando di migliorare sempre il futuro, per quanto possibile.

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