Piccole apocalissi in scena a Milano
“Piccole apocalissi” porta in scena la sfida di immortalare l’umanità per civiltà aliene. Dal 23 al 30 aprile al Campo Teatrale di Milano.
Cinque esseri umani e una missione che profuma di infinito: spedire tra le galassie lontane un frammento della nostra essenza, un ritratto sonoro e visivo di ciò che più ci definisce. L’impresa, audace e visionaria, compiuta nel lontano 1977 con il progetto Voyager, rivive ora sul palco del Campo Teatrale di Milano grazie allo spettacolo Piccole apocalissi, prodotto da Campo Teatrale ed Eco di Fondo. Selezionato nell’ambito di “Next – Laboratorio delle idee per la produzione e programmazione dello spettacolo lombardo – Edizione 2023/2024”, lo spettacolo, scritto da Fabio Banfo con la regia di Giacomo Ferraù e la collaborazione di Giulia Viana, ci conduce in un viaggio emozionante e a tratti esilarante nel cuore di questa straordinaria avventura umana.
Dal 23 al 30 aprile (martedì ore 20,00, mercoledì, giovedì e venerdì ore 21,00, sabato ore 19,30, domenica ore 18,30), il pubblico milanese avrà l’opportunità di immergersi in questa riflessione profonda e al contempo leggera su cosa significhi essere umani e su cosa valga la pena preservare del nostro passaggio su questo pianeta. Sul palco, Fabio Banfo, Federica Carra, Giacomo Ferraù, Rossella Guidotti ed Ermanno Pingitore danno vita ai personaggi che si trovarono di fronte all’arduo compito di selezionare i suoni e le immagini capaci di raccontare la complessità e la bellezza della vita sulla Terra a ipotetiche civiltà extraterrestri.
L’eredità del Voyager e il messaggio per le stelle di Piccole Apocalissi
Nel 1977, un piccolo gruppo di menti illuminate intraprese un’impresa senza precedenti: lanciare nello spazio interstellare le sonde Voyager 1 e 2, ognuna delle quali portava a bordo un disco d’oro, il Golden Voyager Record. Questo manufatto straordinario conteneva una capsula del tempo destinata a vagare per l’universo per miliardi di anni, un messaggio per eventuali forme di vita aliene che potessero intercettarlo. Ma quel disco, con la sua selezione di musiche, suoni della natura, saluti in diverse lingue e immagini rappresentative della nostra cultura e del nostro pianeta, rappresentava anche un profondo messaggio a noi stessi. Era un modo per riflettere sulla nostra identità, sulle nostre conquiste e sulle nostre fragilità.
La scelta di cosa includere in quel piccolo spazio metallico fu un processo tutt’altro che semplice. Come raccontare la vastità dell’esperienza umana attraverso una manciata di tracce audio e immagini? Quali aspetti della nostra civiltà meritavano di essere preservati e presentati a un’altra intelligenza? Queste sono le domande che animano Piccole apocalissi, portando il pubblico a interrogarsi sul proprio rapporto con il passato, il presente e il futuro dell’umanità. “Lo spettacolo nasce dalla fascinazione per questa storia vera,” spiega Fabio Banfo, autore e interprete. “L’idea di dover condensare l’essenza dell’umanità in un disco è un pretesto potentissimo per parlare di ciò che conta davvero nelle nostre vite.”
La sonda Voyager 1 ha superato l’eliopausa, il confine dell’influenza del nostro Sole, nel 2012, seguita dalla Voyager 2 nel 2018. Ora viaggiano entrambe nello spazio interstellare, portando con sé quel messaggio per le stelle, un’eco della nostra esistenza destinata a sopravvivere ben oltre la nostra epoca. Questa prospettiva cosmica, che ridimensiona la nostra importanza individuale ma esalta la nostra capacità di sognare e di lasciare un segno, è uno dei fili conduttori dello spettacolo.
Cosa salvare: la sfida al cuore di “Piccole apocalissi”
Il titolo stesso dello spettacolo, Piccole apocalissi, suggerisce una riflessione sulle perdite e sulle scelte cruciali che siamo chiamati a fare. Se un evento catastrofico ci costringesse a salvare solo una parte della nostra storia, della nostra cultura, dei nostri affetti, cosa sceglieremmo? Questa domanda, che riecheggia il dilemma affrontato dal team del progetto Voyager, diventa il motore emotivo della narrazione teatrale.
Attraverso le vicende dei personaggi che si confrontano con la selezione dei contenuti per il disco, lo spettacolo esplora la complessità del concetto di “salvare”. Non si tratta solo di preservare opere d’arte o scoperte scientifiche, ma anche di custodire emozioni, ricordi, legami affettivi. “Abbiamo lavorato molto sull’aspetto umano di questa impresa,” sottolinea il regista Giacomo Ferraù. “Dietro la grandezza del progetto Voyager ci sono state persone con le loro fragilità, le loro passioni, le loro divergenze. Portare in scena queste dinamiche rende la storia ancora più coinvolgente.”
L’esperienza di Unprotected, un processo creativo e produttivo sostenuto dalla Fondazione Cariplo che ha coinvolto circa 30 artisti, ha arricchito la genesi di Piccole apocalissi, portando diverse sensibilità e prospettive nella costruzione della drammaturgia. Questo approccio corale si riflette nella ricchezza dei temi affrontati e nella varietà dei toni, che spaziano dalla comicità alla commozione.
Lo spettacolo invita il pubblico a una riflessione intima e personale: se doveste salvare qualcosa delle vostre vite, che cosa scegliereste? Quali sono i suoni, le immagini, i ricordi che definiscono la vostra essenza? Questa domanda, apparentemente semplice, apre un mondo di considerazioni profonde sul valore che attribuiamo alle nostre esperienze e su ciò che riteniamo veramente importante trasmettere alle generazioni future, o magari, a civiltà lontane.
Piccole apocalissi non è solo la rievocazione di un’impresa scientifica straordinaria, ma un’occasione per interrogarci sul nostro posto nell’universo e sul significato profondo del nostro essere umani. Un appuntamento imperdibile al Campo Teatrale per chi desidera unire il fascino della scoperta spaziale a una riflessione toccante sulla condizione umana.