Prossima fermata: Fruitvale Station, la recensione

Capodanno del 2009. Oscar Grant, 22 anni, abitante di colore di Bay Area (l’area metropolitana che circonda San Francisco), viene ucciso da un poliziotto alla stazione metro di Fruitvale. La tragica morte farà molto discutere, ci sono infatti parecchi video che dimostrano la brutalità della polizia nel caso in questione.

A distanza di pochi anni, il ventiseienne Ryan Coogler – residente anch’egli nella Bay Area e coetaneo di Oscar – comincia a ragionare sull’accaduto. L’interesse pubblico schiacciante che aveva suscitato la vicenda, lo avrebbe dovuto condurre alla forma del documentario. E invece Coogler opta per la soluzione opposta. Sceglie di rappresentare nella tipica fiction filmica il privato, la vita intima del protagonista, pur conferendo simultaneamente al film una forte impronta documentale.

Dopo Tarantino con “Django Unchained” e McQueen con “12 Anni Schiavo”, l’America di Obama torna ancora una volta a porsi la questione della discriminazione razziale. E stavolta lo fa con un promettente e giovanissimo regista, e con la coraggiosa casa di produzione indipendente di Forest Whitaker, la Sinificant Productions. Premiato al Sundance Film Festival dalla giuria e dal pubblico, il film ha anche ottenuto il Premio Avenir come miglior film di debutto al Festival di Cannes.

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Redazione Giornalistica

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