Maria Letizia Gorga: rigore e passione per questo mestiere
Intervista Maria Letizia Gorga, che ci racconta del suo spettacolo “per poter volare” dal titolo “Monna Lisa Unpugged”.
Uno spettacolo molto particolare, “Monna Lisa Unplugged”, in scena il 25 e il 26 gennaio al Teatro di Villa Lazzaroni con una fantastica Maria Letizia Gorga a coronare il tutto, insieme ad un pianoforte a coda e il famoso quadro di Leonardo. Una donna che ha fatto del suo vissuto bellezza, senza dimenticare il rigore, la giusta passione che serve per saper ‘volare’…
Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Maria Letizia Gorga. Il 25 e il 26 gennaio i più fortunati potranno applaudirla in “Monna Lisa Unplugged”, uno spettacolo scritto e diretto da Pino Ammendola, in scena al Teatro di Villa Lazzaroni. Cosa può anticiparci a riguardo e quanta emozione c’è nel portare avanti un progetto del genere?
Questo progetto ha preso forma qualche anno fa ed è ispirato al libro di Carla Cucchiarelli, “Così parlò la Gioconda”, per l’occasione, oggi, scritto e diretto da Pino Ammendola. Al mio fianco, in scena, Cinzia Pennesi, che si è occupata delle musiche e degli arrangiamenti, pronta ad accompagnare un racconto, tra parole e musica, che porta la Gioconda a parlare, proprio come se uscisse dal quadro. Tra il concreto e l’astratto, Monnalisa esce, dunque, dalla tela, da quel qualcosa che la imprigiona, e si racconta al pubblico a livello biografico ed anche come icona di pittura. A fungere da sfondo, immagini della Monna Lisa esaltata, modificata, deturpata e non solo…
Quali consensi sta raccogliendo con questo spettacolo?
Il raccontarsi della Gioconda ha portato non poca curiosità al pubblico, tra il parlare in maniera autobiografica e l’essere stata portata via dalla sua vera natura per divenire poi altro. Anche l’essere stata rubata e trasportata altrove ha suscitato interesse, attenzione, come l’essere così piccola, nonostante la potenza che la caratterizza.
Cosa le ha regalato questo viaggio nella recitazione, ad oggi?
Mi regala sempre delle grandi emozioni. In questo momento storico credo sia importante farsi testimoni e memoria di alcune storie importanti. Attraverso donne determinati e forti, come la Dalida che porto in scena ultimamente, lancio messaggi legati alla libertà, al poter continuare a sorridere affinché gli uomini rispettino le donne il più possibile.

Quanto è cambiata da quelli che sono stati i suoi inizi e quali maggiori consapevolezze ha raggiunto con il passare del tempo?
Svolgo una professione che regala ogni sera emozioni non da poco, restituendo la necessità all’urgenza di continuare a tentare di raccontare storie importanti, incarnando personaggi che possano suscitare pensieri, riflessioni, in chi viene a condividere questo viaggio con noi, di sera in sera. Penso che questo sia il regalo più grande, insieme a chi avrà ancora voglia di condividere questo viaggio con me. Ogni sera rappresenta un dono, così come il poter unire le varie arti.
Manca qualcosa a questo suo percorso?
Lo spettacolo che vorrei fare è sempre il prossimo! Spero di poter continuare a raccontare storie interessanti, proprio come accadrà con l’Accademia di Belle Arti di Roma, con cui faremo un nuovo spettacolo, scritto sempre da Ammendola, su Frida Kalho. Saremo in scena il prossimo 17 febbraio al Teatro di Villa Torlonia.
Quale consiglio rivolgere ai giovani, a tutti coloro che vorrebbero potersi avvicinare al mondo dello spettacolo?
Amo sempre dire una frase presa in prestito da una poetessa, Martha Medeiros, “soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità”. Auguro ai ragazzi, a chi vorrà avvicinarsi a questo lavoro, una pazienza ardente e piena, ricca, di passione e di lavoro, attenzione e concentrazione. Portare la propria personalità in tutto ciò che si fa, senza lasciarsi piegare dal raggiungimento facile delle cose, lavorando sodo, affinando le proprie parti, per poter essere felici, senza velocizzare nulla, abbassando la qualità. Ci vuole attenzione e rispetto per questo lavoro, rigore e passione, per poi poter volare!
Che periodo sta vivendo?
Un periodo bello ma anche pieno di interrogativi, di sofferenza nel vedere che siamo ancora governati da paura, tensione e guerre. L’artista, proprio per tali motivi, oggi ha la funzione di dover portare pace, bellezza e resistenza, aprendo coscienze, spingendo ad agire per resistere all’odio che avanza.
In ultima battuta, cosa può anticiparci sul suo futuro artistico?
Sto lavorando a diversi progetti, specie poetici. Da anni collaboro con una regista, Federica Altieri, con cui porto avanti un progetto sull’intermedialita e sulla realtà virtuale. Come la poesia può essere un potente medium tra le varie arti e sull’interrogarsi sull’intelligenza artificiale, qualcosa che mi incuriosisce molto e che mi porta a pensare a nuove domande su queste forme di espressione. Il 30 marzo, inoltre, tornerò al Teatro di Villa Lazzaroni con la poetessa “Il folle volo”, l’ultima notte di Amelia Rosselli, morta prematuramente nel 1996.