Sabato 9 gennaio 2016 alle ore 20:30 e domenica 10 gennaio alle ore 17:00 al Teatro Filarmonico di Verona il direttore Federico Ferri guida l’Orchestra e il Coro dell’Arena di Verona nel primo appuntamento dopo le festività natalizie.
Il programma prevede l’esecuzione del Concerto per pianoforte e orchestra n. 23 K. 488 in la maggiore di Mozart che vede protagonista al pianoforte Federico Colli, impegnato poi insieme al Coro dell’Arena di Verona nella Fantasia corale op. 80 per pianoforte, coro e orchestra di Beethoven. Segue l’esecuzione della Sinfonia D. 944 in do maggiore “La grande” di Schubert.
Il Concerto per pianoforte e orchestra n. 23 K. 488 in la maggiore che apre il concerto è considerato uno tra i più famosi e riusciti di Mozart; composto per le Accademie Viennesi della Quaresima del 1786, fu eseguito per la prima volta a Vienna il 7 aprile 1786 in una delle Accademie che vedevano Mozart acclamato protagonista nella duplice veste di autore e interprete. La composizione è caratterizzata da brillantezza e vivacità strumentale, ma presenta al tempo stesso tratti intimamente poetici ed equilibrati tra solista e orchestra. Al pianoforte, il ritorno sul palcoscenico del Teatro Filarmonico del giovane Federico Colli.
La serata prosegue con la Fantasia corale op. 80 per pianoforte, coro e orchestra di Beethoven, composta nel 1808. È ritenuta dalla critica come una sorta di laboratorio di prova per il quarto movimento della futura Nona Sinfonia, come attestato dalla presenza del coro e dalla forte analogia tra il tema principale della Fantasia e quello dell’Inno alla gioia. La composizione inizia con un Adagio per pianoforte in cui ritroviamo protagonista Federico Colli; segue un Allegro, aperto da un tema di marcia nei bassi di dialogo ravvicinato fra il pianoforte e l’Orchestra e quindi un Allegretto. Infine l’entrata del Coro, con la ripresa dei temi precedenti arricchiti di combinazioni timbriche sottolineate dal pianoforte nel registro acuto.
Termina infine il concerto la Sinfonia D. 944 in do maggiore “La grande” (l’appellativo per distinguerla dall’altra Sinfonia in do maggiore del 1817-18 conosciuta come “la piccola”), ultimo lavoro sinfonico portato da termine dal compositore austriaco tra l’estate del 1825 e il marzo del 1828 e ritrovato da Robert Schumann nel 1838, dieci anni dopo la morte di Schubert. Sebbene non ebbe un inizio tra i più fortunati (la Società degli amici della musica di Vienna alla quale Schubert affidò inizialmente la Sinfonia si rifiutò di eseguirla ritenendola di esecuzione “troppo lunga e difficile”), viene ormai considerata dalla critica come una sorta di liberazione da parte di Schubert nei confronti della tradizione, raggiunta attraverso una diversa, più articolata ed ampia, organizzazione linguistica e formale.