Incontriamo Mario Venuti, presto presente come ospite al festival di cortometraggi, Caltagirone Short FilmFest. Un artista dedito alla sua musica, alla tournée de “La carne e il cielo”, un progetto importante, ricco di nuovi e inaspettati sound.
Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Mario Venuti. Come stai e quali progetti bollono in pentola?
Sto bene, grazie! Di fondamentale, al momento, c’è la tournée de “La carne e il cielo”, canzoni nuove e pezzi del passato da presentare al mio pubblico. Un tipo di suono, quello a cui sto prestando attenzione, che non si sente spesso ultimamente. Non c’è elettronica ma c’è tanta Africa, tanto Brasile, qualcosa di sanguigno e soul…
Cosa rappresenta per te la parola musica?
La musica è la sintesi massima che l’uomo abbia mai raggiunto, qualcosa di misto tra la matematica e la scienza. Qualcosa di importante, come dicevo, caratterizzato da regole ben precise, insieme ad un non so che di ignoto, di astratto. Parte tutto da lì, da una pietra che batte contro un pezzo di legno, in un tempo primitivo.
Cosa ti ha regalato questo tuo percorso artistico?
Non è mai un percorso facile, nonostante le soddisfazioni raggiunte. Le porte in faccia sono tante, così come le delusioni, anche se dal punto di vista creativo credo di aver esplorato tanto. La mia identità è in ciò che canto, seppure si tratti di musica a tratti differente, ma non ho ancora esaurito le idee, quel fuoco sacro che da sempre mi ispira.

Mario, quanto c’è di te in ogni singola canzone?
Non sono tanto per la rappresentazione continua di sé nella musica. Mi piace indossare delle maschere, far finta di essere altro, distaccandomi dalla mia persona. Sono un po’ pirandelliano in questo e, dove possibile, preferisco cercare altri Mario, altri me…
Parliamo, appunto, di “Tra la carne e il cielo”, il tuo nuovo progetto discografico…
“Tra la carne e il cielo” c’è la vita! Una scelta obbligata, questo titolo, che racchiude molte canzoni presenti nel disco, un filo conduttore…
Da poco abbiamo conosciuto il nome del prossimo conduttore di Sanremo e, a tal proposito, che ricordo hai delle tue partecipazioni?
Parliamo di un palco che ti stressa e, allo stesso tempo, ti regala grandi emozioni. Ne sono stato protagonista anche come autore per Antonella Ruggero, ad esempio. Credo sia un modo per scoprire il nuovo idolo delle folle ma, personalmente, non ho alcun interesse per la gara, è importante esserci.
Presto presente al Caltagirone Short FilmFest con un documentario di Daniele Gangemi, “Qualcosa brucia ancora”. Cosa puoi dirci a riguardo, da catanese, tra l’altro?
Ho parlato tanto quel giorno, raccontando ben quarant’anni di musica, impresa non facile. Potrebbe essere una possibile biografia, chissà!
Magari i giovani potrebbero scoprire la tua musica ed anche la tua persona…
Non credo che i giovani vogliano scoprire me o la mia musica! Siamo bombardati da migliaia di impulsi in un momento storico in cui i cellulari hanno reso tutto molto più superficiale, fugace. Soffermarsi sulle cose diventa sempre più difficile, specie per i ragazzi. Un tempo era bello andare in negozio, ordinare un disco, attenderlo, ascoltarlo fino a morire… il percorso di oggi è del tutto diverso. Hanno altre leggi, altre regole, altri interessi e nessuno di noi può imporre i propri canoni estetici.
Quarant’anni di carriera ma quale sarà il prossimo step, Mario Venuti?
Fino al 2025 saremo in tournée, come dicevo poc’anzi, toccando piazze e non solo. La gioia di cantare è tanta e c’è sempre…