Moisè Curia. Foto di Erica Fava
Moisè Curia. Foto di Erica Fava

Moisè Curia, non si può vivere senza sogni

Moisè Curia di strada ne ha fatta. Il giovane attore ha fatto del proprio sogno, la sua realtà. Con passione, dedizione, strade lunghe da percorrere tra sacrifici e speranze.

Moisè Curia. Foto di Erica Fava
Moisè Curia. Foto di Erica Fava

Se si guarda indietro, vede suo padre che lo accompagnava ad ogni provino e rideva insieme a lui immaginando il momento in cui Moisè sarebbe diventato un attore vero. Quel giorno è arrivato e Moisè ricorda ogni sacrificio, ogni giorno impiegato per raggiungere quel sogno, ogni sguardo rassicurante dei suoi genitori, il peso leggero del cuore e del talento.

Moisè Curia è il giovane protagonista del film Uno di famiglia, per la regia di Alessio Maria Federici.

Benvenuto Moisè Curia, sei al cinema con il film Uno di famiglia. Come ti senti per questo debutto?

Sono davvero emozionato perché questa è la prima volta che mi confronto con una commedia. Vengo da percorsi molto duri e confrontarmi con una commedia è stato bello, divertente ma soprattutto una sfida per me. Questo è stato un modo per dirmi: posso farlo. Il lavoro è l’unico mezzo che ti permette di crescere nel tempo. Per quante scuole puoi fare, l’esperienza sul set  è ciò che ti rende unico nel tuo mestiere. Uno di famiglia è un film a cui tengo particolarmente. Mi rende felice essere arrivato alla commedia, aver fatto un passo in più.

Come descriveresti Mario, il tuo personaggio?

Mario è un personaggio particolare, è un ragazzo che ha questa famiglia bizzarra che vive di favoritismi e incute paura. Mario ha compreso che la libertà è la miglior scelta, più forte dei soprusi e dei modi di vivere della sua famiglia. Decide di fare l’attore per sfuggire dalla sua famiglia e andar via. Ha le idee chiare, è maturo, sa dove il suo percorso lo porterà. Vuole evitare di vivere quella condizione che lo costringe a vivere sotto qualsiasi cosa. Ha sempre avuto tutto pronto nella vita. Mario incontra Luca, il suo insegnante di dizione e da lì nasce tutto.

Cosa pensi che tu e Mario vi siete regalati a vicenda? 

Mario mi ha dato una visione del mondo molto più chiara, la voglia di emanciparsi che va oltre la condizione in cui vive. Questo ragazzo ha capito che nella vita bisogna farcela da soli, bisogna avere i piedi per terra e guardare dove si sta andando, ed ogni tanto guardarsi dietro da dove si viene. Ho letto una citazione bellissima, qualche giorno fa, che affermava: non importa da dove vieni, ma chi scegli di essere. Mario si pone il problema di chi vuole diventare e interpretarlo ha rafforzato la mia voglia di diventare qualcuno. Mentre, io a Mario credo di avergli regalato tante cose. Non è poi così lontano da me. Gli ho sicuramente regalato un’ingenuità e una consapevolezza di quello che significa vivere in una famiglia del genere. Raccontiamo con leggerezza quello che accade realmente, in una chiave comica. La mafia l’abbiamo voluta far passare come qualcosa da non imitare.

Moisè Curia. Foto da Ufficio Stampa
Moisè Curia. Foto da Ufficio Stampa

Ci sono tanti film e serie TV in cui i personaggi malavitosi diventano quasi degli eroi agli occhi del pubblico. Ti sei chiesto come mai accade ciò?

Credo che il proibito riesce a darti un’attrazione in più rispetto alle cose semplici. Le persone sono attratte dai personaggi che schioccano le dita e riescono ad ottenere le cose. Il mio personaggio decide, invece, di non schioccare le dita. Pensa che il suo cambiamento possa far riflettere la propria famiglia. Magari, non cambieranno ma lascia sicuramente qualcosa. Le rivoluzioni interiori ti danno il coraggio di scegliere quello che realmente vuoi. Non sempre è semplice andare contro una famiglia e fare delle scelte del genere. La nostra società cerca sempre di imporci qualcosa, attraverso la tv o i social. Siamo bombardati da qualsiasi cosa. Viviamo, essendo convinti di essere liberi ma in realtà viviamo in una società che ci impone cose che ci illudono. C’è sempre qualcuno che sceglie al nostro posto. Il mio personaggio taglia i fili e dice basta.

Uno di famiglia vanta un cast eccezionale, come ti sei trovato con ognuno di loro? 

Nino Frassica è un maestro, vive la sua quotidianità per ciò che è. Il suo personaggio ha mille sfaccettature, è comico, drammatico. Nino ha una grande esperienza, e da lui si può solo che imparare. Credo che sia uno dei pochi attori da cui imparare. Con Lucia Ocone siamo diventati molto amici, ci sentiamo spesso e parliamo del nostro lavoro, riesce a darmi tanti consigli. Pietro Sermonti è una persona buona con cui mi sono trovato sin dai provini.Sarah Felberbaum ha un’eleganza e delicatezza in ogni personaggio, è disarmante e non è mai scontata. Renderebbe anche le cose brutte qualcosa di bello, dolce e fine. Da ogni attore credo di aver preso qualcosa. Da Pietro la sua solarità, la sua vivacità nel raccontare il suo personaggio. Da Lucia il suo essere una macchina da guerra, per esempio. Il regista Alessio Maria Federici è un genio, è una commedia vivente che riesce a tirar fuori delle peculiarità che tu stesso pensi di non avere. Lui non gira una commedia, ma vive in esse. Mi ha regalato ogni giorno qualcosa in più. Riesce a regalarti sempre qualcosa.

Sei nel cast della nuova serie de I Bastardi di Pizzofalcone. Cosa rappresenta per te questo progetto?

I Bastardi di Pizzofalcone è una serie a cui tengo molto. Il mio personaggio è divertente, un artista di strada che torna da Londra per viversi Napoli. Lavorare con un regista come Alessandro D’Alatri è stato meraviglioso. Alessandro è un regista all’avanguardia, riesce a tirarti fuori ogni cosa, riesce a raccontarti e a raccontare le immagini con una delicatezza estrema. I Bastardi di Pizzofalcone racconta Napoli in modo profondo.

Hai girato a Napoli. Come ti ha accolto questa città?

Amo profondamente Napoli, è una città che merita di essere raccontata davvero. Non è una città che vive di mafia, camorra e immondizia. Napoli è un patrimonio, vive di milioni di cose. Ridurla alle cose che si sentono in TV è un’eresia. Questa città è piena di cultura e di artisti, ha una quantità di arte che farebbe stupire il mondo. Iniziamo a raccontare questa città per come è, raccontiamo qualcosa di concreto e di diverso. Questa terra ha bisogno di essere raccontata diversamente. Le persone hanno bisogno di conoscere quello che non conoscono di Napoli e che meriterebbero di sapere.

Una volta, mi raccontasti che da bambino scrivevi su un quaderno: Voglio fare l’attore…

Ricordi bene, riempii di scritte il mio quaderno. E mia madre mi chiedeva: Ma che fai invece di studiare scrivi questa frase ovunque?Questo quaderno ce l’ho ancora. Da bambino avevo il sogno di raccontare qualcosa a qualcuno. E’ bello credere nei sogni e realizzarli. Quando mi guardo indietro, vedo tutto. Mio padre fa il muratore e mia madre la casalinga. Non abbiamo visto grandi cose, grandi cene. Abbiamo sempre cercato di realizzare qualcosa. Rivedo mio padre con la sua 500 che mi accompagnava a Roma e mi diceva: ”Un giorno, ce la racconteremo questa cosa!”. A volte, io e mio padre dormivamo in macchina perché non avevamo i soldi per pagarci un hotel. Mi guardo sempre indietro e rivedo mio padre che mi accompagnava e sosteneva. Ho questa immagine impressa che mi ha permesso di mantenere la promessa che ho fatto al bambino che sono stato. Non si può vivere senza i propri sogni.

Su Anna Chiara Delle Donne

Redattrice

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