Puntuale, ironico, a volte anche duro. Martin Freeman è l’eroe del giorno al Giffoni Film Festival. Il 43enne interprete inglese di Bilbo Baggins nei tre adattamenti de Lo Hobbit, di Fargo e di Sherlock ha parlato della carriera di attore, dei progetti futuri e dei sogni da inseguire. E da venerdì 4 a domenica 13 settembre su Sky Cinema ci sarà un canale, il 304, che sarà interamente dedicato ai film della saga del Signore degli Anelli e de Lo Hobbit proponendo tutti i sei capitoli della serie.
“La saga doveva essere inizialmente composta solo da due film -spiega- poi abbiamo saputo che c’era un terzo capitolo e inizialmente pensavamo fosse una questione economica ma vi assicuro che Peter Jackson (il regista della saga, ndr)ha bisogno di soldi come io ho bisogno di un buco in testa… la decisione di farne tre è stata presa perchè c’era davvero tanto tanto materiale”. “Le persone che non mi amano dicono che faccio sempre lo stesso personaggio -ammette Freeman- Io penso che se vuoi fare l’attore non devi mai scappare da te stesso, altrimenti è proprio il mestiere sbagliato. Devi conoscere le tue parti peggiori e giocare con loro, trovarci una via d’uscita. Fare l’attore è divertimento, usare accenti non tuoi, indossare orecchie e piedi grandi ma nessun attore, neanche De Niro, riesce a fare un grande ruolo senza metterci una piccola parte di se stesso. Anche se interpreti Barack Obama devi metterci una piccola parte di te”. “Da piccolo -racconta- sognavo di far parte di una band e poi di diventare un calciatore ma sarebbe stata una rovina. Ero spesso malato, i miei genitori erano divorziati, non pensavo davvero di riuscire, non potevo neanche fare il bullo e picchiare i miei compagni… poi ho scoperto che sapevo essere divertente, riuscivo a far ridere. Ed è stata la mia salvezza. A 16 anni ho scelto di fare l’attore, una carriera difficile e avventurosa, in cui si rischia l’insuccesso e la povertà. Rischi che qualcuno pensi sempre che tu sia un idiota a inseguire questo sogno”. Alla fine, invece, è diventato famoso: “Il potere può cambiare in bene e in male. Quando diventi famoso può accadere di cambiare atteggiamento verso gli amici e i parenti ma ci sono abbastanza bastardi nella vita, è inutile aggiungerne un altro”, dice.
Poi parla dei suoi prossimi impegni, a cominciare da “Fun house”, commedia nera diretta da Glenn Ficarra e John Requa con Tina Fey e Bolly Bob Thornton sul racconto delle giornate della reporter in Afghanistan e Pakistan. “Il film non parla di guerra-spiega- ma di vita quotidiana tra persone che provengono dall’Occidente, come interagiscono tra loro”. Poi parteciperà al terzo capitolo della saga “Captain America: Civil War”: “E’ una parte piuttosto piccola -spiega- è un personaggio ambiguo che lavora per il Governo americano”. Altre voci riguardano il “Grande Gigante Gentile”, tratto dal racconto di Road Dahl, che dovrebbe essere diretto da Steven Spielberg: “Anche io sono d’accordo sul fatto che dovrei lavorare con Spielberg -scherza- e magari per un film tratto da un racconto di Dahl. Ma per ora sono solo voci, speriamo in un futuro”. Quanto a Fargo, in cui interpreta il quieto e spietato Lester Nygaard, spiega che “una delle cose più difficili è stata fare l’accento del Minnesota, io che sono inglese. Nygaard è un personaggio con cui mi trovo bene, anche se non ho ancora ucciso mia moglie, mi sento molto Nygaard”. Del cinema italiano, racconta di conoscere e amare “i film italiani degli anni cinquanta, era bellissima l’atmosfera, la Vespa, adoro quel periodo”. Sul Carpe Diem, il tema del Giffoni Experience di quest’anno, dice che non riesce “a vivere questa filosofia fino in fondo, non faccio sempre le cose che vorrei fare ma il mio consiglio è di portare sempre avanti i propri sogni senza che nessuno li condizioni. Ci sono stati molti momenti in cui mi sono posto la domanda se fossi davvero in grado di fare questo lavoro. Quando vi vengono questi dubbi dovete resistere ed essere determinati finchè tutto non è chiaro”.