Paolo Gasparini: educhiamo i giovani alle emozioni
Intervista all’attore Paolo Gasparini, che ci porta sul palco del suo nuovo spettacolo dal titolo “Tango per ricominciare”.
In scena con “Tango per ricominciare”, l’attore Paolo Gasparini, uno spettacolo ad opera di Rosario Galli, a cui poter prendere parte ogni giovedi fino alla fine di giugno. Un uomo concreto, legatissimo al suo lavoro, con non poca esperienza alle spalle e tanto da raccontare, da poter ancora vivere…
Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Paolo Gasparini. Ogni giovedì, fino a fine mese, sarai in scena con la collega Francesca Ceci in “Tango per ricominciare”, allo Spazio ArteTeatro di Roma. Cosa dire a riguardo?
Un appuntamento fisso con lo spettacolo, “Tango per ricominciare”, una programmazione circolare, che regala la possibilità a chi non ha avuto modo di vedere la pièce in scena, l’occasione di poter ‘recuperare’. Si tratta di uno spettacolo che sta raccogliendo senzioni buone, trasversali, e di questo ne siamo felici.
Al tuo fianco la collega Francesca Ceci ma, ad oggi, cosa ti regala ancora questa esperienza?
Il ‘tango’ che è nel titolo fa comunque parti di me dal momento in cui ho un vero e proprio rapporto di amore e odio con questa disciplina. Un codice che l’uomo si dice trasmetta alla donna ma in realtà un monito per tutti. Con Francesca si è creato un meccanismo molto bello, simile a ciò che si vive nel tango e, di volta in volta, ci rendiamo conto che portiamo in scena qualcosa di diverso. Una partner con cui ho lavorato più che in armonia in questa mia ormai lunga carriera.
Parli del teatro con amore, con passione, ma a tuo avviso cosa andrebbe ancora fatto affinché in tanti accorrano sempre più ad ogni singolo spettacolo?
Tenere in piedi un teatro comporta spese alte, importanti, ed è fondamentale che ci sia modo di portare aiuti concreti da questo punto di vista. Non da meno, l’educazione al teatro, che dovrebbe avere inizio sin da piccoli, dalle scuole, qualcosa di fondamentale, che tutti dovrebbero fare. Un’educazione importante che aiuterebbe, in particolar modo, all’esercizio verso l’altro, alla gestione dello spazio, del proprio corpo, qualcosa che vive in maniera forte, ben presente, in Inghilterra, a Londra, ad esempio. Un aiuto forte per la nostra società, un modo per creare più sognatori e meno tiktoker da ‘seguire’.
Quali rituali ti accompagnano prima di essere in scena?
Tra tutti il classico “merda merda” ma, in realtà, non ho un vero e proprio rituale. La strizza, quella si, non passa mai.
Come vivi il rapporto con il pubblico, con chi ti segue da sempre?
L’attore ha in sé mille declinazioni e, a mio avviso, il teatro rimane la sua massima espressione. Da qualche tempo, tra l’altro, sono anche insegnante, felice di poter portare agli altri ciò che ho avuto modo di apprendere durante il mio percorso. Tornando alla tua domanda, il contatto con il pubblico è qualcosa di fantastico perché, di volta in volta, sei nudo dinanzi al pubblico, con una sola possibilità a disposizione, una magia che vivo con piacere, portando a casa lo spettacolo, in un modo o nell’altro.

Ti ricordiamo tutti, giovanissimo, ne “Il Maresciall Rocca”, nota serie Rai che ti ha visto al fianco di un immenso Gigi Proietti. Che ricordo porti con te di quella esperienza e dello stesso Proietti?
Non potevi non amare Gigi, una persona che per ben dieci anni ha segnato il mio percorso ed anche la storia di questo paese. “Il Maresciallo Rocca” resta, difatti, tra le serie ancora oggi più viste. Con lui ho condiviso giornate e nottate di set, tra risate, bei discorsi e, ti dirò, era anche capace di farti ridere pochi istanti prima del ciak con una delle sue solite battute. Uno dei più grandi talenti di tutti i tempi con le sue luci e le sue ombre, come tutti gli esseri umani.
Sei appagato, felice, di questo percorso?
Appagati non lo si è mai! Viviamo una precarietà continua in cui per determinati periodi il telefono non squilla, le bollette fatichi a pagarle. Potrei dirti lo stesso di Gigi. Anche lui non era del tutto appagato, nonostante avesse una carriera più che brillante. Tanto fa la fortuna, l’opportunità, le relazioni che vivi, cose che non hanno sempre a che vedere con l’ambito prettamente artistico. È ciò che provo a trasmettere con l’insegnamento, cercando di impartire loro il fatto che si tratta di un lavoro bellissimo ma faticoso. È importante capire che bisogna viverlo, si, ma saperne prendere anche le distanze.
Nel tuo percorso c’è stata anche l’esperienza nella soap di Rai 3, “Un Posto al Sole”…
Non ti nascondo che non era nei miei piani il prendere parte ad una soap opera. Posso dirti, però, che questa esperienza è arrivata in un momento particolare, uno di quelli in cui il telefono non squilla per alcuni anni, e Napoli mi ha regalato tanto, al di là della sua bellezza. Mi ha regalato la possibilità di poter avere un assegno settimanale fisso e di poter affrontare un personaggio tosto, intenso e, al contempo, anche abbastanza complesso. Al mio fianco un buono, un più che abile, Peppe Zarbo. Ne sono stato davvero felice!
Che periodo stai vivendo?
Un periodo bello, ricco, grazie al teatro che da sempre ha un suo potere rigenerante. Un divertimento per l’anima, per il pubblico, e poi c’è il laboratorio di cui ti parlavo, realizzato al Centro Anziani Trastevere, che contribuisce a regalarmi ancora più gioia. Non ultimo, il laboratorio con Attilio Fontana, alla Fonderia delle Arti, un progetto realizzato insieme a molti giovani attori.