Alessandro Cosentini. Foto di Enrica Brescia
Alessandro Cosentini. Foto di Enrica Brescia

Alessandro Cosentini: a tu per tu tra carriera, valori e famiglia

Alessandro Cosentini è uno dei volti più amati e popolari della seguitissima e fortunatissima serie televisiva di Rai 1 Il Paradiso delle Signore, dove veste i panni di Cosimo Bergamini.

Nel recente passato il bravissimo e talentuoso attore originario di Cosenza ha lavorato per diverse produzioni televisive, tra cui il film per la tv “Rocco Chinnici – È cosi lieve il tuo bacio sulla fronte” diretto da Michele Soavi e la celebre soap-opera di successo CentoVetrine diretta da Daniele Carnacina. Oggi Cosentini ci ha rilasciato un’intervista in cui ha parlato di carriera e valori, ma anche di argomenti e problemi complessi della società attuale (precariato giovanile e dilagante in tutti i settori dell’economia, diseguaglianze socio-economiche in costante aumento, consumismo diffuso, individualismo contagioso, ecc.), raccontandosi senza filtri e tabù con grande sensibilità e gentilezza.

Benvenuto ad Alessandro Cosentini su La Gazzetta dello Spettacolo. Come stai?

Bene, grazie. Grazie a voi per questo spazio che mi concedete.

Quali sono i lati positivi e negativi del lavoro di attore?

I lati positivi sono tutti quegli aspetti belli che riesci a trarre da questo lavoro. A livello umano e culturale può arricchirti in modo significativo se lo svolgi in maniera dignitosa. Ho avuto la fortuna di frequentare un’accademia di teatro molto importante in Italia, vale a dire la “Silvio D’Amico”, quindi ho avuto un percorso di formazione molto intenso. Il lavoro dell’attore può affinare la visione che hai della vita e di tutti i suoi molteplici aspetti. La recitazione è un’arte molto potente e profondamente rivelatrice. Poi c’è il discorso della relazione che instauri con i partner di scena e con il pubblico… è un continuo tentativo di comunicare… d’altronde la comunicazione è alla base della civiltà del mondo moderno. Gli aspetti negativi potrebbero dipendere da ciò che può accadere durante il percorso lavorativo. Ci sono tantissimi attori, direi la maggior parte, che non riescono a esprimersi a livello professionale non trovando mai un’opportunità per mettersi alla prova e poter crescere. Secondo me, per chi decide di affacciarsi alla recitazione è importante non basarsi esclusivamente sulle possibilità reali di fare questo lavoro a teatro, in tv o al cinema. Al di là del successo e delle occasioni che puoi sfruttare in quanto attore formato, questo lavoro deve servire a te stesso in quanto essere umano. I lati negativi possono subentrare nel momento in cui non riesci a far tesoro del tuo bagaglio personale. Se punti soltanto al successo, che poi magari ti fa avvelenare e alimentare illusioni inutili, puoi creare un cortocircuito e danneggiare questa vocazione e ricerca. Studiare e approfondire una tragedia di Shakespeare o una commedia di Goldoni attraverso la pratica teatrale risulterebbe molto significativo non solo per chi cerca di intraprendere questo mestiere, ma per chiunque. La recitazione mi ha reso inevitabilmente più lucido e consapevole, soprattutto fuori dall’ambiente lavorativo.

I tuoi ruoli fanno subito colpo sui telespettatori. Qual è il segreto del tuo successo?

Ho cercato sempre di interpretare i ruoli che mi sono stati assegnati con entusiasmo e tanta voglia di sorprendermi senza accontentarmi mai. Se non mi “diverto” mentre lavoro, mi sento malissimo. Direi che il mio segreto forse è semplicemente questo: divertirsi, sentendosi a proprio agio sul palcoscenico o davanti una macchina da presa. Più lavori e ti metti alla prova e più accresce dentro di te la sicurezza nei tuoi mezzi espressivi e comunicativi. Sto continuando a raccogliere un discreto successo soprattutto da quando ho iniziato a recitare nel “Paradiso delle Signore”, però sono convinto che al di là di questo la cosa più determinante è rendersi conto di quanto e di come questo mestiere può veramente aiutarti in una crescita e in una maturazione individuale attraverso la sua pratica.

Si può diventare attore per caso tramite raccomandazioni o segnalazioni dall’alto?

Credo che le raccomandazioni e le segnalazioni, al di là del nostro mestiere, ci siano dappertutto, e non solo in Italia… purtroppo è un modo di fare molto radicato nei rapporti sociali e di lavoro della società in cui viviamo… è un qualcosa che certamente andrebbe estirpato alla radice della mentalità di tutte le persone, ma un ribaltamento così importante può dipendere solo dalla buona volontà di ognuno nel mutare atteggiamento a favore degli interessi e dei progressi della collettività sociale. Ogni uomo o donna è responsabile delle proprie azioni anche se ciascuno di loro può avere un proprio percorso e una storia diversa da qualsiasi altra. Va da sé che non giudico nessuno visto che si tratta di una tendenza molto innervata nella vita lavorativa e nel quotidiano di tutti noi. Per me è importante che si arrivi a scegliere di fare qualcosa nella propria vita al meglio delle possibilità con umiltà, dedizione, consapevolezza e sacrificio. Chi si ritrova in una qualsiasi posizione privilegiata di lavoro e non va fino in fondo con coraggio e determinazione, nella maggior parte dei casi è destinato a soccombere prima o poi. Nel mondo dello spettacolo è sempre più diffusa questa tendenza a voler rincorrere una certa immagine e a voler piacere a tutti i costi al pubblico. Poi oggi i social non hanno fatto altro che amplificare questo tipo di obiettivo, che per me è sbagliato se lo si insegue univocamente… è importante dare una certa immagine di sé, molto spesso può risultare pulita e omologata per il mercato che governa nella fattispecie l’ambiente dello spettacolo per esempio, però dall’altra parte non bisogna smarrire mai l’onesta e l’autenticità che devono illuminare sempre il percorso di un attore. La cura dell’immagine è importante come anche il farsi carico delle responsabilità che questo mestiere ti impone.

Qual è la cosa più importante che hai imparato lavorando nel mondo della recitazione?

L’ascolto e la generosità verso l’altro. La chiave di questo lavoro è sostenersi gli uni con gli altri. È un lavoro di squadra molto profondo dove ci si mette a nudo e richiede a vicenda un’estrema fiducia. Devi imparare a percepire il tuo partner di scena e creare un’empatia con il pubblico, oltre ad entrare in relazione e in totale comunione con la drammaturgia o la sceneggiatura che stai affrontando. La predisposizione all’ascolto, alla disponibilità e all’apertura verso l’altro sono fondamentali anche nelle relazioni che instauriamo e che coltiviamo tutti i giorni nelle nostre vite. La pratica teatrale, come materia ricreativa e di studio nelle scuole primarie e secondarie, sarebbe un mezzo importantissimo per promuovere più consapevolezza e sicurezza nelle nuove generazioni che verranno.

Chi o cosa ti ispira?

Sì, ho dei modelli che sicuramente mi hanno influenzato. Adesso molto meno, ma durante la mia adolescenza sono stato un fanatico di Jim Carrey per il suo modo di lavorare e per le scelte che ha fatto per quanto riguarda certi film. Mi ha rapito totalmente perché me lo sentivo molto vicino alla mia sensibilità, ma come lui ce ne sono stati diversi altri. Mi sono imbevuto prevalentemente di cinematografia americana fin da quando ero bambino. Ho scoperto e studiato il cinema italiano e quello di altri paesi più tardi. L’ispirazione più importante riamane e rimarrà sempre la mia famiglia.

Quale importanza ha avuto la famiglia per la tua carriera?

I miei genitori sono persone profondamente appassionate delle varie forme di arte. Hanno sempre trasferito con genuinità a me e ai miei due preziosi fratelli tutto il loro amore, il loro gusto e la loro curiosità per questo mondo inesauribile. Ho anche diversi zii e cugini con i quali sono cresciuto e che hanno sempre rappresentato per me dei punti di riferimento non meno significativi. Quando recito, inevitabilmente mi porto dentro tutto ciò che i miei familiari hanno seminato dentro la mia sensibilità, ognuno qualcosa di diverso e speciale. Mi ritengo un ragazzo molto fortunato perché non è affatto scontato vivere un’infanzia felice come l’ho vissuta io e avere dei rapporti sani e costruttivi con i propri genitori.

Se guardi indietro, c’è qualcosa di cui ti senti particolarmente orgoglioso?

Sono orgoglioso di ritrovarmi oggi e dirmi “Alessandro stai continuando a impegnarti al massimo nel fare questo mestiere per le possibilità che ti sono capitate nonostante siano passati più di dodici anni da quando hai deciso di iniziare a percorrere questa strada tortuosa (incluso il periodo dell’Accademia), riesci a vivere di questo mestiere complicatissimo in una città altrettanto complicata come Roma e sei ancora qui a testa alta, sono orgoglioso di te”. Non è affatto semplice, soprattutto in un ambiente delicato come il nostro, pieno di sfumature che devi saper leggere e metabolizzare molto bene. Le delusioni, soprattutto durante i primi anni, sono sempre dietro l’angolo. Sono orgoglioso di aver avuto una certa tenacia fino ad ora.

Hai dei rimpianti?

L’unico mio rimpianto è di non avere più la possibilità di stare vicino alla mia famiglia e alla mia terra. Mi mancano da morire.

Che cosa ti auguri per il 2021?

Sicuramente mi auguro che la pandemia di Covid-19 arrivi alla sua fine. Le costrizioni che stiamo continuando a subire ci stanno segnando profondamente e la ripresa alla vita normale sarà tutt’altro che semplice. Vivere questa situazione tremenda ha messo nuovamente in evidenza, tra le altre cose, la grande solidarietà e la straordinaria forza d’animo degli esseri umani facendo nascere delle nuove riflessioni nelle coscienze dei cittadini italiani e della popolazione mondiale. Dobbiamo cercare a tutti i costi di fare uscire il meglio di noi non soltanto durante i periodi di crisi. Spero che riusciremo a trarre le giuste conclusioni e degli spunti nuovi da questa esperienza che riescano a spingerci verso nuove vedute e riferimenti per una qualità della vita più sostenibile. Certo, viviamo e ci muoviamo in una società capitalistica e consumistica, dove ci sono dei lati negativi, ma ci sono anche molti lati positivi che possiamo valorizzare e rafforzare. Non bisogna fermarsi solo alla protesta o al lamento ma riuscire con intelligenza nel nostro piccolo a fare la differenza. Lo ripeto. Credo che sia necessario portare il teatro a scuola e mai come oggi può essere utile una rivalutazione e una riforma a livello legislativo dei diritti dei lavoratori del mondo dell’arte e dello spettacolo (teatro, pittura, ecc.), dagli attori ai tecnici, e dare molto più spazio a questo tipo di professionalità all’interno del mondo del lavoro nei più disparati settori. Vorrei che la gente più sfortunata che vive nella nostra società non debba più sentirsi emarginata. Occorrerebbe renderli i veri protagonisti delle nuove sfide che sta affrontando il paese per una nuova rinascita, offrire loro delle nuove consapevolezze e opportunità per farli distaccare dal disastro quotidiano in cui vivono attraverso la ricerca costante di un vocabolario comune e ricco di senso e di valori condivisibili. In conclusione mi auguro che la qualità della vita e la mentalità delle persone, soprattutto di chi sta al potere e gestisce a livello politico un paese, possano migliorare per il bene di tutti i cittadini. Credo fortemente nella rinascita dell’Italia, perché ha delle risorse infinite.

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