Simone Ripa e Stefano Riccardi. Foto concessa dagli intervistati
Simone Ripa e Stefano Riccardi. Foto concessa dagli intervistati

A tu per tu con Simone Ripa e Stefano Riccardi

Simone Ripa e Stefano Riccardi sono gli ospiti della nostra intervista di oggi. Simone Ripa, è un noto ballerino, campione italiano pluripremiato nonché vice campione del mondo di danze latino-caraibiche, soprannominato anche “il ballerino delle Dive”.

Simone Ripa e Stefano Riccardi. Foto concessa dagli intervistati
Simone Ripa e Stefano Riccardi. Foto concessa dagli intervistati

Stefano Riccardi è l’hair stylist delle Vip che coccola e rende belle le star che fanno a gara per ricorrere ai suoi consigli e provata professionalità. Incontriamoli più da vicino per conoscerli meglio attraverso questa “doppia intervista”.

Simone quel è il tuo primo ricordo legato alla danza, quando hai capito che era la tua strada?

Facciamo un distinguo nei diversi periodi. Ho iniziato per gioco a 7 anni a ballare e poi all’età di 12 anni ho fatto le prime gare in divisa. Da subito ho avuto un riscontro e ogni volta superavo i vari livelli. Mi sono così ritrovato dopo questo primo periodo ad affrontare le prime gare e quindi ad iniziare ad accedere ad un livello professionistico in cui indossavo anche i costumi da ballo. Ero affascinato da tutto questo mondo, da quello che vi ruotava attorno. Amavo in particolar modo questi sfavillanti costumi, ma anche il modo di approcciarsi, la preparazione alle gare agonistiche ed il rapporto maestro/allievo. Mi rammento che mi sono chiesto, tra me e me, chissà se anche io diventerò un maestro di ballo un giorno.

Stefano ed il tuo ricordo legato alla scelta di fare l’hair stylist?

Ho seguito un po’ il percorso di famiglia, diversi miei parenti sono nel settore e anche mia mamma avrebbe desiderato seguire questo percorso, ma non ha potuto, ai suoi tempi non era proprio consentito alle giovani donne lavorare fuori casa, ma acconciava le persone con amore a casa. Ricordo in particolar modo mia sorella che aveva i capelli lunghissimi e sulle code, mamma, le metteva i bigodini e poi la acconciava adornandola con i fiori. Io ne restavo affascinato. Dopo la scuola, attraverso la frequentazione di una cara amica che aveva cominciato il corso da parrucchiera, mi sono fatto convincere anche io a frequentare quel corso e mi sono ritrovato immerso in quei bei ricordi della mia infanzia. Mio zio, che già era hair stylist, mi ha particolarmente incitato e sostenuto aiutandomi a scegliere questa strada come mia professione. Ho iniziato così.

Simone Ripa e Stefano Riccardi. Foto concessa dagli intervistati
Simone Ripa e Stefano Riccardi. Foto concessa dagli intervistati

Chiedo ad entrambi, è stata dura arrivare al successo?

Stefano: ciò che faccio mi appaga molto e mi reputo fortunato perché faccio esattamente il lavoro che amo. Ho avuto molte collaborazioni con personaggi noti, ma credo che non ci si debba sentire persone “di successo”, ma piuttosto vivere con un approccio diverso e vedere che ogni giorno ti porta una piccola conquista. Per me la strada è sempre lunga, fatta di piccole tappe, prefissate di volta in volta, da raggiungere.

Simone: per me il successo è un concetto esteso, fatto di tante cose, ad esempio ti accorgi ad un certo punto di un trattamento un po’ diverso, come mi accadeva nei Palazzetti, nel corso delle gare, dove ero “trattato” come il vice campione del mondo. Ma all’epoca era un qualcosa di racchiuso nel mondo del ballo. Oggi con una maturità differente e tante esperienza diverse, lavoro nel mondo dello spettacolo in maniera più trasversale e forse sono più conosciuto oggi che allora. Oggi infatti non sono solo ballerino, ma anche performer e conduttore avendo sviluppato anche queste altre mie attitudini. Non mi dimentico degli altri, lavoro spesso nel solidale e per eventi con associazioni onlus e per beneficenza. Preparo anche attrici insegnando loro i passi per consentire loro di esibirsi in performance come ballerine. Certo il percorso è stato impegnativo a volte duro, sia a livello di energia fisica che mentale, ma quando ti piace ciò che fai passa tutto in secondo piano.  Forse il maggior dispendio è stato quello economico. Mio papà, che in questa scelta mi ha sostenuto, per farmi studiare ad un certo livello ha investito molto in risorse economiche. Il più grande sacrificio è stato proprio quello economico.

Che ne pesate dei tanti talent show di oggi, sono buoni trampolini di lancio o per fare una “carriera” duratura  è meglio percorrere strade differenti?

Simone: bisogna vedere, secondo non è solo una questione di talent. Già il solo mettersi in gioco è una vetrina, di per se un lancio. Dimostra il sapersi mettere in gioco di fronte ad altre persone e, negativo o positivo che sia il risultato, intanto è un’esperienza che comunque qualcosa ti insegna. Poi tra le persone che ti vedono potrebbe esserci quella “giusta”. Per quel che mi riguarda lo sai che sono anche ideatore e produttore di “Fuego talent show”? E’ un concorso pensato per il mondo del ballo, che sarà esteso anche ai cantanti. Attraverso questo talent, che andrà in onda su una TV privata nazionale, i concorrenti potranno esibirsi di fronte ad una giuria stra-competente, avendo a disposizione una vetrina non di poco conto. Purtroppo al momento non ci sono sovvenzioni ne da parte della regione ne di sponsor privati per cui è previsto un costo di iscrizione, ciò anche per avere l’opportunità della presenza di personaggi noti e competenti. In ogni caso viene rimesso tutto in gioco attraverso cachet e borse di studio da offrire ai concorrenti ritenuti validi e vincitori, dando loro un assegno in denaro.  Poi sono anche il coreografo del “Summer talent Festival” con cui collaboro da tempo e che si tiene ogni anno in Calabria, nel periodo estivo tra luglio e agosto ed è organizzato da Francesca Orlando e Emilia Praino. Un concorso serissimo.

Stefano: sono d’accordo con Simone e consiglio, in aggiunta, di selezionare bene e con attenzione i talent cui si intende partecipare, che siano di comprovata serietà.

L’umiltà: quanto conta nel vostro mestiere ?

Simone: da uno a dieci? Mille! Questo te lo dico anche per il mio vissuto personale. C’è stato un periodo della mia vita, quando ho vinto il primo campionato italiano professionisti, in cui avevo perso il senso dell’umiltà. Mi sentivo importate, ma in modo distorto. Poi ho capito ed ho radicalmente cambiato visione. Oggi alleno le persone adulte che iniziano da zero e mi da una grandissima soddisfazione ricevere un loro messaggio che trasmette la gioia di aver imparato anche un piccolo passo. Decisi, e lo faccio da tempo, di mettermi a disposizione di coloro che desiderano imparare a ballare, con il cuore e nel rispetto di ciò che fanno. E’ come se mettessi nelle loro mani una possibilità, magari per qualcuno potrebbe anche diventare un lavoro. Ma a proposito di umiltà spero che facciano anche loro da testimoni nel passare questo mestiere. Alle mie lezioni insegno con il mio esempio ad essere sempre umili, disponibili, educati e rispettosi. Penso che anche dal “principiante” si impara, magari nello sbaglio che fa puoi apprendere qualcosa che può essere uno spunto utile nella tua vita.

Stefano: l’umiltà è tutto e viene sempre ripagata. Quando si è umili le persone lo comprendo e lo apprezzano, valorizzandoti.

Simone Ripa e Stefano Riccardi. Foto concessa dagli intervistati
Simone Ripa e Stefano Riccardi. Foto concessa dagli intervistati

Oltre la danza per Simone e l’Hair Stilyst per Stefano, avete altre passioni?

Stefano: Se non avessi fatto l’Hair Stilyst forse mi sarebbe piaciuto cantare. Ma oggi mi piace tantissimo tutto ciò che è organizzazione e che attornia il mondo delle feste. Amo creare l’immagine di bellezza per una serata o per eventi.

Simone: l’attore senza dubbio, che sia teatrale televisivo o di cinema. Mi hanno consigliato di partire dal teatro perché è più formante.

So che avete un bellissimo progetto da mettere in campo ci volete anticipare qualcosa?

Simone: si Stefano mi lascia campo libero su questo e mi appoggia per il progetto.  Personalmente sono testimonial di due associazioni ed in particolare “Donne al centro” un’associazione contro la violenza sulle donne e “INPEF” che è un corpo docenti nell’ambito di un istituto di pedagogia teatrale familiare che supportano i bimbi per riportarli da “case famiglie” nelle case di famiglie “vere”. In questa associazione io rappresento la danza. C’è un progetto in corso anche verso e per i sordomuti. A fronte di tutti questi impegni ho pensato che mi piacerebbe fondare un’associazione per un “mondo d’amore” che raggruppi tutti coloro che hanno bisogno di un pizzico di felicità. Un modo per trametterla agli altri con concretezza, ma anche un sorriso, fino a dove si può arrivare. Mi reputo fortunato e vorrei poter trasferire un po’ di gioia agli altri. Il mio approccio è: “Oggi mi capiterà qualcosa di bello perché me lo merito” e quel “bello” può essere anche un piccolissimo gesto. Quando la sera vado a letto mi piace poter dire “oggi ho fatto qualcosa di buono”.

Possiamo spostarci nel vostro privato? Siete una coppia affiata nella vita, recentemente uniti civilmente. So però che avete passato momenti molto difficili, che toccano anche la sfera della salute. Vi sentite di parlarcene?

Simone: prima di conoscere Stefano ho avuto un’altra storia, la mia prima con un uomo, ed era una persona sbagliata per me, con la quale ho concluso un’esperienza negativa. Mettici che la mia famiglia non accettava che io fossi gay. L’unico appoggio lo avevo da mia nonna e quando morì mi mancò non solo un affetto importante, ma anche un grande riferimento. Le chiesi, pregando una sera, di seguirmi da lassù e di mandami la persona giusta. Subito dopo ho conosciuto Stefano, quindi la nostra storia per me è un destino mandato dal cielo. Ebbi un crollo ed un periodo di molta confusione che, per diversi anni, mi vide nel tunnel della depressione e dell’anoressia.

Stefano: L’ho seguito, Simone, in questo periodo con amore e ansia, ma tutto mi portò poi ad un crollo a mia volta. Lamentavo una certa stanchezza e spossatezza fisica, fino al giorno in cui scoprimmo che avevo un cancro al 4° stadio. Da li poi feci le cure. Avevamo già deciso di sposarci e decidemmo insieme di non spostare la data del nostro matrimonio e la preparazione di questo nostro progetto mi ha aiutato a non pensare alla malattia. Ad aprile ci siamo uniti civilmente. La nostra felicità ce la siamo lottata e recentemente, a settembre, abbiamo festeggiato non solo il nostro amore ma tutte quelle feste che non avevamo potuto festeggiare prima. E’ stato come un nuovo inizio di vita serena insieme.

Ci raccontate una giornata tipo?

Stefano: Simone sta sempre al telefono, mentre magari io voglio organizzare qualcosa ed ho bisogno di dirglielo e lui invece sta sempre con questo telefono che squilla…. Impossibile parlargli a volte… ma è sempre molto energico… Da soli non stiamo mai, c’è sempre qualcuno con noi, magari al telefono, appunto!

Simone: la cosa bella è che ci prendiamo cura uno dell’altro, magari con piccole telefonate per dirci “ti ricordi la lavatrice?” oppure “ti sei ricordato di fare questo?” insomma siamo una vera e propria coppia che ha deciso di vivere insieme, inclusi i nostri bisticcetti … su cui alla fine ridiamo pure.

Stefano un difetto e un pregio di Simone?

Difetto, lo hai visto anche in questa intervista: chiacchera, chiacchiera non smette mai. Poi è frettoloso, va a mille su tutto e magari sbaglia su qualcosa e si ritrova ad aver perso del tempo, anche perché non mi ascolta. Pregio: l’entusiasmo e tanta voglia di fare mille cose ed è una persona sempre positiva.

Simone e un pregio e un difetto invece di Stefano?

Pregio: Stefano è perfetto, preciso in tutto. Nella perfezione esce però il difetto è lento per preparare qualunque cosa.

In chiusura un  messaggio che vorreste indirizzare agli altri?

A fronte di tutte le esperienza negative passate ed in particolar modo riferite al mondo gay un messaggio lo dirigiamo verso le famiglie: un figlio è e resta tale per sempre. Una volta che lo hai messo al mondo non si deve mai dire che la sessualità è una scelta e farlo sentire in colpa. Io, mio figlio, lo metterei sempre al primo posto a prescindere da tutto. Quindi ai genitori suggeriamo di ascoltare di più i figli e ciò che hanno da dire. Solo i genitori possono sostenere per davvero e dare giusti consigli ai figli che hanno bisogno dell’appoggio di un genitore.

Mentre ai figli diremmo di non aver paura di parlare con i propri genitori che se non comprendono subito, nel tempo poi capiranno.

Fra partener invece il consiglio è di parlarsi ed ascoltarsi di più.

Su Ester Campese

Giornalista, scrittrice. Iscritta all'albo giornalisti Italia (regione Lazio) è anche membro dell'USPA - Agenzia stampa giornalistica internazionale - collegata al German Daily News.

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