Andrea Perroni, artista a tutto tondo, si racconta dal cinema alla televisione, passando per teatro e conduzione radiofonica.
Una carriera, quella di Andrea Perroni, di riconoscimenti e successi, fatta di un percorso artistico brillante e disinvolto, tra palcoscenico teatrale e televisivo, fino al grande schermo. Ricordiamo a tal proposito il recente successo al cinema con la pellicola “Dove osano le cicogne” di Fausto Brizzi.
Inoltre dal lunedì al giovedì, dalle 16:30 alle 17:30 è alla conduzione insieme a Diletta Parlangeli di “A qualcuno piace Radio2“, un programma ricco di comicità e riflessioni, in cui gli ascoltatori sono una parte molto attiva.
In questa stagione teatrale, ritorna in scena con “La fine del mondo” per la SBAM Produzioni, che ha tutte le caratteristiche di uno spettacolo che offrirà serate indimenticabili, tra risate, emozioni e riflessioni, di cui consigliamo la visione. Il prossimo appuntamento con Andrea Perroni è per domenica 2 Novembre al Teatro Puccini di Firenze.
Benvenuto ad Andrea Perroni sul quotidiano” La Gazzetta dello Spettacolo”. Stai portando in scena uno spettacolo dal titolo La Fine del Mondo. Perché questo titolo e a cosa assiste il pubblico durante il tuo spettacolo?
«Inizialmente, quando scrivevamo lo spettacolo, non avevamo un titolo preciso, era molto aperto, per il fatto che in esso ci sono molte tematiche trattate, che rimandano a quello che sta succedendo quotidianamente nel nostro pianeta. Questi temi vengono comunque trattati anche in maniera dissacrante, illuminante nei confronti del pubblico. Quindi la parola La fine del mondo, la si può intendere in una duplice accezione, cioè può essere sia positiva che negativa . Della serie «Ho visto uno spettacolo che è la fine del mondo»; oppure «Ho visto uno spettacolo in cui si parla della fine del mondo».
Il tuo spettacolo parte da un concetto scientifico, secondo cui il cervello per i successivi 15 minuti, continua a funzionare. Tutto questo per sottolineare che l’umanità sta vivendo questi ultimi 15 minuti. Puoi spiegare quello che vuoi trasmettere?
«In realtà sono un appassionato lettore di riviste scientifiche e ho letto questo articolo, che pur non essendo ancora una verità assoluta, molti studi stanno portando a questa considerazione, secondo cui una volta che l’essere umano esala il suo ultimo respiro ed emette il suo ultimo battito, il cervello è in grado di percepire per quei quindici minuti o giù di lì, tutto quello che sta succedendo intorno. Chiaramente senza possibilità di reazione. Ed è quello fondamentalmente, che secondo me fa l’umanità, cioè si trova a galleggiare in questa situazione, in cui tutti siamo spettatori di un totale declino e non riusciamo a prendere l’iniziativa, ma ci limitiamo a parlarne».
Alla luce di ciò che porti in scena, dalla schiavitù per la tecnologia, al rimpianto per gli anni ‘90; dalla fuga dei cervelli, alla difesa di pizza e panorami mozzafiato e dal fatto che in teoria si vuole salvare il pianeta ma si fa tutt’altro. Tu cosa pensi possa sopravvivere a tutto questo? Personalmente hai qualche rimpianto?
«Io credo che la Terra continuerà a sopravvivere e vivrà ancora tanti altri, rispetto a quello che è il nostro ciclo vitale. I rimpianti non amo averli, perché penso che essi generino soltanto sofferenza e malinconia. Quindi secondo me, una persona deve vivere la vita continuando a fare la sua parte, se ci riesce. Diciamo che anche quest’altro argomento lo tratto in maniera comica, perché il discorso del rimpianto del passato appartiene a quella generazione dei Boomer. Quelli della mia generazione, della generazione X e la generazione dei Millennial sono meno nostalgici per non parlare della generazione Z, che te lo dico a fare, non ci pensano proprio. Esso è qualcosa che appartiene alla generazione adulta che, fa un rimando a quelli che erano i loro tempi, che sarà stato pure vero, ma è altrettanto vero che ai loro tempi c’era un benessere economico che oggi non c’è. Un ragazzo che cresce in questa prospettiva e in questo mondo qui, non è certamente paragonabile ad un giovane degli anni Settanta e Ottanta».
Tu che sei conosciuto anche per la tua verve ironica. Pensi che sia ancora valida l’espressione secondo cui “La risata è certezza, speranza e salvezza dell’umanità” utile ad esorcizzare il futuro?
«Secondo me sì, lo è sempre stato. Anche perché i comici, in passato, hanno avuto modo di far cascare Re e di cambiare il destino di popoli e Nazioni. Basti pensare che gli antichi romani, quando c’era un dilagare di satira e comicità ad un certo punto temevano i teatri, come posti in cui potessero essere messe in atto cospirazioni contro gli Imperatori. Quindi la forza della risata è incredibilmente smisurata e inclassificabile. È fondamentalmente un’arma, ma un’arma buona, perché il sorriso é quello che lenisce le ferite dell’anima».
Tu sei attore, conduttore ma anche un intrattenitore pungente ed ironico. C’è un programma o un progetto che vorresti realizzare?
«Il miglior programma che posso immaginare di fare è quello che sto facendo attualmente e che è il mio spazio che ho in Radio dalle 16:30 alle 17:30, A qualcuno piace Radio due, insieme a Diletta Parlangeli. È il programma che in questo momento mi permette di sperimentare e giocare con quello che mi piace fare di più. Poi non potevo augurarmi di meglio, cioè stare accanto alla compagnia con cui sto facendo questo viaggio. Quando riesci a trovare compagni di viaggio così sintonizzati con te e con delle grandissime capacità non solo di conduzione, ma anche umane, diventa tutto più facile. Per ora il miglior programma è quello che sto facendo in questo momento. Poi come si dice, aspetto con grande pazienza il momento in cui mettere in piedi qualcosa di più grande. Ma in questo momento sono molto felice, anche perché adesso partirà un film con la direzione di Fausto Brizzi, il 17 ottobre inizieranno le riprese e sarò insieme a Frank Matano. Sono davvero molto contento».
Quali tra i tanti maestri che hai conosciuto o amato, quali ti senti di definire “Il Maestro” che ha contribuito al tuo modo di essere artista?
«Io mi sono sempre messo dalla parte dell’ammirazione; poi conoscendo vari artisti giganti, posso dire che per tanti essere chiamati “ maestro” é stata un’incombenza, un peso. Io conosco tante menti geniali in questo paese, da Dario Fo, a Renzo Arbore e anche Jannacci. Ci sono stati grandissimi che sono stati fonte di ispirazione per tantissimi performer e comici. Lo stesso Gigi Proietti. Però se dovessi dirti, se ho un maestro, un maestro non c’è l’ho. Nel senso che il percorso me lo sono sempre un po’ scritto da solo, cercando di essere un grande ammiratore e un attento osservatore di quello che era poi il percorso, che ha portato al successo e alla valorizzazione degli artisti del calibro di quelli citati».
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