Un libro d’esordio per Carlo Morriello, che lo scorso aprile ha messo in libreria “Oltre l’ombra dei colori”: eccolo nei dettagli.
Carlo Morriello, docente di lettere napoletano di nascita e trevigiano di adozione, fa ancora parlare di sé con il romanzo d’esordio “Oltre l’ombra dei colori” uscito lo scorso aprile con la casa editrice Bookabook.
Già autore di racconti in passato, Morriello ha impiegato tre anni nella stesura di questa storia a tema artistico/psicologico ambientata nella Napoli di fine Ottocento e incentrata sulla figura di Michele Castaldo, giovane pittore in cerca di una svolta nella sua carriera la cui identità viene messa in discussione nel corso della narrazione proprio attraverso alcune opere pittoriche che sarà chiamato a realizzare.
L’artista ha da poco perso sua madre quando gli viene affidato un prestigioso incarico: realizzare un affresco nel monastero di Santa Chiara in sole tre settimane. Questa commissione segnerà l’inizio di una serie di eventi inaspettati, tra superstizioni su artisti che hanno perso il senno e intrighi che superano ogni sua immaginazione.
Le sue certezze iniziano a sgretolarsi quando un’ombra del passato riemerge, rivelando una verità sconvolgente. Ad accompagnarlo in questa ricerca ci saranno le persone a lui più care, che sembrano conoscere aspetti della sua vita di cui lui stesso non ha mai sospettato.
Inoltre, un amore del passato, e mai del tutto risolto, riaffiorerà in tutta la sua intensità permettendo al protagonista non solo di riannodare i tanti eventi e dare loro un senso, ma anche di superare quella barriera che separa la vita dalla morte. Ne parliamo meglio con l’autore per la nostra rubrica Libri e Scrittori.
Carlo Morriello, benvenuto sul quotidiano “La Gazzetta dello Spettacolo“. Michele, il protagonista, è un pittore in cerca di affermazione, ma anche di sé stesso. Dove pensi che si collochi il confine tra tale ricerca come sano processo di identità e tra quella che deve appagare, invece, un ego smisurato?
«Ringrazio innanzitutto La Gazzetta dello Spettacolo. È per me un onore essere qui oggi e avere la possibilità di parlare del mio romanzo Oltre l’ombra dei colori. Il protagonista, Michele, è un modesto pittore ventisettenne, in cerca di una svolta professionale in grado di cambiargli la vita. Egli ha con sé non solo i grandi sogni dei giovani, ma anche il desiderio di lottare per realizzarli e non arrendersi alle prime difficoltà. Nutre inoltre la speranza che – lavorando sodo e con dedizione – il suo futuro non potrà che essere migliore. Vuole sostanzialmente costruire la propria identità umana e professionale e vedersi così riconosciuto dagli altri. Il suo lavoro insomma è lo scopo della sua vita e dà significato a quest’ultima. Non credo quindi che il mio personaggio sia mosso dal desiderio di affermare, e in modo compiaciuto, il suo ego smisurato. Credo piuttosto che sia mosso da un naturale senso di libertà e autentica espressione di sé. E per raggiungere tutto ciò è disposto a sacrificarsi, a mettersi in gioco, a lavorare senza risparmiarsi. Di converso è anche vero che dietro ogni artista si cela forse una sottile punta di autocompiacimento e di affermazione dell’ego. Probabilmente queste dimensioni vanno di pari passo con l’esprimere la propria interiorità, il proprio Io e dar vita alla propria arte. E se per un momento vogliamo considerare le cose da questo punto di vista, sì, forse anche il nostro Michele “subisce” il fascino del suo ego».
Hai mai immaginato i tuoi personaggi calati nel 2025 anziché a fine Ottocento? Come sarebbero?
«Collocare i miei personaggi nel 2025? Certo, ho provato a immaginarli e mi sono banalmente chiesto se lo stesso protagonista sarebbe stato un pittore o, non so, un programmatore di software ad esempio, e magari, piuttosto di realizzare un affresco nel monastero di Santa Chiara in sole tre settimane, una software house gli avesse commissionato una app da realizzare in pochissimo tempo. In verità, però, collocarli nel 2025, ai miei stessi occhi i miei personaggi perderebbero gran parte di quel loro fascino che mi ha ispirato e accompagnato nel corso della stesura. Il loro carattere, la loro personalità, le loro stesse ombre sono in un certo senso figlie del delicato periodo storico che vivono e attraversano. Lo stesso periodo storico mi ha poi ispirato molto nel delineare la loro delicata e complessa psicologia. C’è tuttavia da sottolineare anche che i miei personaggi vivono e affrontano valori e temi universali, i cui interrogativi appartengono credo a ogni epoca, come – ad esempio – la ricerca di sé e della propria identità, il rapporto dell’uomo di fronte alla religione, al mistero, alla morte».
Ci sono dei messaggi chiave nel libro che potrebbero essere educativi per la crescita dei tuoi studenti?
«Michele, pur di fronte alle difficoltà che si presentano nel prosieguo della vicenda, non smette mai di porsi interrogativi e domande. Il suo desiderio di conoscere oltre le apparenze rappresenta ciò che ciascuno di noi dovrebbe fare ed essere: cercare un senso alla propria vita, cercarne la verità, senza mai smettere di credere nell’amore e nella speranza. Michele insomma compie un viaggio alla riscoperta di sé stesso e delle proprie radici, così da trovare un senso nuovo alla sua vita. Noi non solo lo accompagniamo, ma dovremmo anche compiere qualcosa di analogo. Ecco, questo è il messaggio che vorrei trasmettere ai miei studenti: non smettere mai di cercare il senso e lo scopo della propria vita».
Parliamo di Napoli: ti manca? Hai mai pensato di tornarci un domani definitivamente?
«Nonostante io ci torni periodicamente, Napoli mi manca, e tanto. Vivo in Veneto da oltre 30 anni e mi trovo bene, ma non ho mai tagliato quel cordone che mi lega alla mia città, alla sua vivacità unica, al suo calore e alla sua gente. Non c’è angolo di Napoli che non mi parli di memoria, affetto, ricordi; non c’è angolo di Napoli che non abbia significato per me. Tornare a Napoli un domani? In verità ci penso tutti i giorni. Vedremo…».
Una lunga stesura la tua… che sensazione hai provato alla parola “Fine”?
«La sensazione è stata piacevole e indescrivibile. Avevo, insieme con i miei personaggi, vissuto un periodo storico affascinane e problematico e avevo vissuto i loro pensieri, le loro paure, le loro aspettative. I miei personaggi sono stati non solo dei veri e propri compagni di viaggio, ma anche degli “amici” che mi hanno insegnato tanto. La loro “frequentazione” è stata per me un momento di crescita, di lavoro interiore, di maturazione. Direi anche di compagnia. E alla fine, pur con la soddisfazione di aver compiuto il mio lavoro, ho anche sentito una vaga nostalgia per quel mondo, per quei personaggi che non mi avrebbero accompagnato più nella mia quotidianità. Ecco, ho avvertito anche una sensazione simile a quella che proviamo quando ci tocca salutare una persona cara che non incontreremo più per molto tempo».
Un’ultima curiosità: da chi vorresti ricevere una recensione o un consiglio letterario?
«Mi piacerebbe poter incontrare tanti uomini e donne del passato e parlare con loro, riceverne consigli e suggerimenti. Uno su tutti? Difficile dirlo, forse Dostoevskij. I suoi romanzi sono stati per me significativi e formativi su più fronti».
Oltre l’ombra dei colori, di Carlo Morriello è tra i più letti di Amazon oggi
La Gazzetta dello Spettacolo Il quotidiano dello ShowBiz


