Germano Lanzoni. Foto di Fabrizio Piscopo
Germano Lanzoni. Foto di Fabrizio Piscopo

Germano Lanzoni, il gusto di mettersi sempre in gioco

Fare una chiacchierata con Germano Lanzoni è un po’ come incontrare un amico al bar, con il quale si può parlare di tutto: dalla politica allo spettacolo, dai rapporti personali all’attualità, passando per lo sport e i modi di fare. Insomma, una chiacchierata piacevole sotto molti punti di vista.

Germano Lanzoni ha una carriera lunga ed intensa fatta di spettacolo, ed anche se i più giovani lo vedono come “Il Milanese Imbruttito” grazie ai social, c’è tanto nella sua quotidianità e nella sua storia che lo rende un attore con una personalità poliedrica e interessante.

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Germano Lanzoni. Un essere quasi “mitologico”: metà artista e metà comunicatore! Ma se ti chiedessi, che lavoro fai?

Si… proprio questa domanda… non so quale parte di me dovrebbe risponderti, in realtà potrei dirti che faccio l’Entertainmenter in assoluto, che di volta in volta, cerco di mettere in focus ciò che serve per confrontarmi con chi ho di fronte. Essenzialmente sono un giullare, se dovessi pian piano andare a scavare nei valori nobili della mia vita, ma posso essere definito un cialtrone per quasi tutti quelli che non osservano questi aspetti.

Procediamo per step: Il milanese imbruttito! Quanto hai imbruttito il milanese rispetto alla realtà?

In assoluto credo molto meno di quanto Milano si imbruttisca da sola. Nella realtà dei fatti, c’è molto di me nel senso più tecnico del termine: voce, fisicità, riferimenti che sono di richiamo del mio essere, in quanto spesso penso a mio padre, sorgente vera del personaggio.

C’è poi un buon pizzico di predisposizione all’universo femminile. Nello specifico dell’imbruttimento del personaggio, ovviamente non sono completamente solo: per i testi, c’è un lavoro di collaborazione a più mani. Ci sono Marco, Tommaso e Federico (i fondatori dell’imbruttito) e poi i film-maker.

Quando nasce uno sketch, prima c’è un lavoro di scrittura, e dopo c’è una parte di interpretazione.

Quello che mi semplifica è sicuramente la libertà di improvvisare e dare libera creatività alla scena, ma poi il montaggio decide il risultato complessivo anche dal punto di vista del divertimento.

Io penso che sia un gioco tra l’imbruttito che è in me e gli imbruttiti dell’asset di produzione. Successivamente il ritmo del video deciso al montaggio e regge i fili della storia.

Analizzando le altre tribù della “Giargiania”, tipo un tedesco imbruttito è peggio di un milanese imbruttito?

Secondo me si, perché il tedesco magari non sa divertirsi come un milanese imbruttito. La caratteristica del tedesco imbruttito è che sul lavoro vincerebbe a mani basse (planning preciso e protocolli rigidi che solo tedeschi ed indiani hanno). Noi italiani avendo la creatività dalla nostra, perderemmo un po’ di controllo. Direi che loro magari sono più vestiti da imbruttito iper-controllato ed iper-controllante, mentre noi molto più sciolti.

Germano e il teatro. Sei in scena con “Ci Aggiorniamo”, che approccio ha il tuo spettacolo con il pubblico?

Germano Lanzoni in scena
Germano Lanzoni in scena

Lo spettacolo parte sorprendendo, è sempre stata una caratteristica dei miei spettacoli. Non mi va di mettere in scena uno spettacolo preconfezionato. A me piace sorprendere senza barare. Nella maggior parte del tempo si ride e si ride molto, ma tutto va avanti fino al punto di arrivare ad una riflessione di più ampio respiro.

L’inizio è non convenzionale per un pubblico che mi segue sui social. Il saluto è molto in linea con il personaggio (iconica “figa” come input) e da li nasce la prima riflessione per lo spettatore. Questo è un pretesto per farlo sentire sereno sul biglietto pagato, per dire: “sta tranquillo che si ride”, poi c’è subito l’interazione.

“Ci aggiorniamo” vede la regia di Walter Leonardi e l’accompagnamento musicale di Orazio Attanasio, con il quale siamo ormai da 15 anni compagni di scena.

Provocazioni e cambi di registro ci servono per permettere ai contenuti di mantenere l’attenzione alta. Di solito il primo numero è una riflessione sull’utilizzo del nostro ascolto e ci permette di confrontarci con questa nostra società (in cui ognuno dice la propria e non si sa chi ha ragione o torto). Poi un numero musicale parlato semplice che racchiude il significato dello spettacolo.

Irriverenza e stand up comedy: l’Italia è pronta per questo tipo di comicità?

In realtà è pronta e gli under 30 sono più vicini allo stand up americano grazie alla formazione fatta quotidianamente su YouTube. Io ho avuto la fortuna di vedere e formarmi con i nostri maestri nostrani: Enzo Jannacci e Dario Fo che hanno condiviso la scena nel mio tempo.

Amo definirmi uno stand up music comedian, con l’intento di non fare una one-linear all’americana, perché noi italiani abbiamo una sensibilità diversa. I giovanissimi che vogliono fare questo lavoro in futuro, avranno difficoltà perché il pubblico è abituato a ridere in un certo modo.
Lo stand up non ti da sicurezza come genere, è una forma di comedian molto cittadina, dove la nicchia può essere un numero di sopravvivenza.
Sicuramente i social aiutano per creare network, ma per il grande pubblico è più complicata.

Più vai nell’Italia vera (tipo in paese e non in città) e maggiore difficoltà hai a far capire questa comicità. Personalmente (visto che amo il coinvolgimento della poesia), ci ho messo ben 32 anni per avere un pubblico ed una credibilità. Non avendo fatto TV, la gente va su Netflix e vede stand up e li i social colmano la distanza tra il varietà ed il mondo del club.

Io sono un animale da club e due volte alla settimana mi faccio un allenamento allo Spirit de Milan e alla Trattoria Arlati. In queste situazioni cambia la libertà di gioco, nel club è diverso rispetto al teatro che te la da meno…

A teatro cerco di rompere la quarta parete ma il lavoro va rielaborato ogni volta perché anche da parte del pubblico c’è più rispetto nel teatro. D’altro canto non c’è lo stesso rispetto dell’arte del club dove vivo di improvvisazione. Li provo con tutti i rischi del caso anche delle cose pensate durante un viaggio in macchina.

Quanto sei soddisfatto: come si pongono nei tuoi confronti gli imprenditori delle convention aziendali e come si pongono invece i ragazzi degli istituti scolastici che visiti?

Tantissimo e mentirei dicendo il contrario. Quello che dico a entrambe le tipologie di pubblico è che io non sono qui per dire che “ho del talento”, sono li per ricordare a loro che hanno talento. Non so ancora qual è il livello del mio talento, ma so che devo lavorare ancora tanto.

Steve Martin dice: “L’unica strada del successo è diventare bravo al punto che ti vengono a cercare“. Noi vogliamo essere trovabili.
Imprenditori e ragazzi hanno molto in comune: da un lato una generazione in evoluzione (adolescente) e dall’altro, imprenditori che vivono il cambiamento degli asset di mercato. Essere stato in questi anni nel libero navigare senza avere certezze, ha fatto si che accettassi bene il cambiamento.

La comicità come poche arti è meritocratica e reale e se fai tre battute e non ne entra una, comunque devi portare a termine lo spettacolo. Essere testimoni del raggiungimento per il lavoro che si è fatto.

Ciò che sembra assurdo è che io arrivo dai social, i media più veloci, che ti danno la possibilità di avere milioni di euro da influencer ed io arrivo da quella spinta, ma quando arrivo in convention o negli istituti scolastici, si trovano invece il testimonial dell’opposto.

Ricordo che ad un evento mi sono esibito dopo due mental coach che parlavano di personalità. Io sono andato a raccontare la comicità nella comunicazione. Su 500 ragazzi erano tutti li ad ascoltare, mentre mi raccontavano che i mental coach li avevano già persi (in attenzione) dopo una mezzo’ora.

In questo momento ho una credibilità fuori dal comune perché mi vivono come il loro main streaming. Ciò che dico ha un valore più ampio grazie al personaggio che riconoscono dai social.

Parliamo di sport. Sei speaker ufficiale del Milan dal 2002. Quanto Milan c’è in te?

Anche li è stato un regalo pazzesco perché sono milanista e milanese e vengo dal teatro. Per assurdo percepisco lo stadio come il Globe Theater del terzo millennio. Come per gli spettacoli di Shakespeare, ci andavano tutti per 1.000 motivi diversi e al teatro trovavi tutte le classi sociali e le sfumature delle persone.

Lo stadio è una delle poche attività di intrattenimento che riesce a muovere 80.000 persone (tipo a San Siro). Se pensiamo a quanta gente va allo stadio, si capisce quanta dedizione genera. Io li faccio il prologo, colui che annuncia a tutti l’evento a volte tragico, comico e condiviso come dovrebbe essere in ogni buona drammaturgia.

Cosa c’è nel futuro di Germano Lanzoni?

Germano Lanzoni davanti ad un murales che lo ritrae. Foto da Ufficio Stampa
Germano Lanzoni davanti ad un murales che lo ritrae. Foto da Ufficio Stampa

Nel mio futuro ci sono due bimbe di 12 anni che crescono. Il periodo più bello di un comico è in casa: quando le figlie distruggono l’autorità che ha distrutto la tua fino a quel momento. E’ un’esperienza che non voglio perdermi.

Ho creato poi un team di lavoro con la mia collaboratrice Fania in primis, dove riusciamo a lavorare con prodotti e progressi per sfruttare le prossime opportunità ed essere sempre al passo.

Mi piacerebbe sperimentarmi in un film e coronare questo desiderio attoriale che viene dal mio essere diplomato all’Arsenale. Vorrei riuscire a continuare il lavoro che amo e continuare a fare il Pokemon: ovvero che tu vai in giro e la gente ti cattura… ma senza fare la fine del Tamagochi ormai chiuso in un cassetto!

Su Francesco Russo

Francesco Russo, giornalista e direttore del quotidiano "La Gazzetta dello Spettacolo", comunicatore digitale ed ufficio stampa di eventi e VIP.

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