Rosario Trezza

Intervista a Rosario Trezza del Centro Studi delle Arti

A tu per tu con Rosario Trezza

Incontriamo Rosario Trezza, il giovanissimo Direttore Artistico e fondatore del Centro Studi delle Arti in cui sono ospitati i più grandi artisti dello Spettacolo italiano e non solo.

Da dove nasce questa idea? Questa passione?

Da piccolo, quando ammiravo voci, luci, maschere e suoni ogni qual volta assistevo ad una rappresentazione di arte scenica; che sia essa stata danza, evento canoro o rappresentazione teatrale. Forse in quest’ultima ipotesi sono rimasto affascinato dall’immensità del nostro Eduardo De Filippo (ancora oggi ho la pelle d’oca ogni volta vedo i suoi capolavori) e successivamente dall’irresistibile fascino dell’opera musicale italiana e, anche, di quella oltre oceano (il musical per eccellenza). Iniziai fondando una compagnia di teatro amatoriale per divertirmi un po’, non solo per il piacere di dare libero sfogo ad anni ed anni di prove fittizie fatte tra la stanza da letto e il piatto della doccia, con la bottiglietta dello shampoo come statuetta oscar da ricevere innanzi allo specchio, ma anche per provare il piacere di essere io, almeno per una volta, a trovarmi di fronte alla “quarta parete” (il pubblico) e ricevere, casomai, degli applausi. Da lì, poi, l’innamorarmi del musical, di Notre Dame de Paris, in primis, e la fortuna, perché solo così posso chiamarla, di riuscire a contattare un paio dei personaggi del cast principale (Vittorio Matteucci e Graziano Galatone per la precisione) sperando di poter effettuare un’intervista telefonica in viva voce con i ragazzi della mia compagnia prima del debutto del nostro Notre Dame amatoriale. Beh … il sogno divenne realtà, l’intervista si fece, poi da lì (inutile approfondire, dovrei scriverne un libro) la fortuna (come su detto) mi ha permesso di “vivere” questi attori, anche, sotto il profilo umano e fare in modo che nel corso degli anni la “A” di attori si sia trasformata in “A” di amici ed oggi, grazie a loro, ho potuto dare vita a questo Centro Studi delle Arti, nato non solo per portare cultura scenica in giro, ma per regalare un sogno ai tanti giovani che vorrebbero, ma non possono. E mi fermo qui, altrimenti, davvero dovrei scriverne un libro.

Rosario TrezzaCome sopra citato molti sono gli Artisti che hanno partecipato ai seminari tenuti nel Centro Studi delle Arti…nomi famosi e di impatto… Potrebbe dire senza dubbio che si è realizzato uno dei suoi obiettivi?

Direi che si sia realizzato un sogno, gli obiettivi hanno mire più concrete, a volte si tramutano in ossessioni. Il mio era un sogno e tale deve rimanere. Voglio continuare a sognare e credere che tutto questo sia una favola, così se dovesse finire, invece che la delusione di un obiettivo fallito, rimarrà la gioia di un sogno giunto al termine, ma con la consapevolezza di averlo vissuto e l’onore di poterlo raccontare ai posteri.

 Quanto conta l’umiltà in un personaggio pubblico?

L’umiltà conta in ogni soggetto, che sia esso pubblico o quant’altro. Tra colleghi, casomai, un po’ di spocchia non guasta. Fatto a livelli professionistici questo mondo non manca, come gli altri, di piaghe come l’arrivismo, la presunzione, la competizione artistica. Troppa umiltà ti fa fuori dai giochi, resta a te scegliere se essere ricordato come il grande artista o come il grande uomo. In quest’ultima analisi, però, difficilmente ti godi il meritato elogio, perché nella maggior parte dei casi ti viene tributato post mortem. Con i fan, gli ammiratori, i seguaci, i giovani, invece, il discorso è diverso. L’umiltà è la benzina del proprio motore artistico. La gente ti apprezza per quello che sei, poi per quello che fai. C’è differenza tra essere autoritari (imponendo con intransigente fermezza la propria volontà) e autorevoli (godere di stima e credito, ispirare riverente fiducia). Un po’ come la grossa differenza che c’è tra essere un boss ed essere un leader. Io preferisco sempre un leader autorevole.

Artisticamente c’è un’esperienza che le è rimasta particolarmente a cuore?

Mia, personale, ed inserita in questo contesto, forse, di poco conto, ma per me importante. Alla fine di una mia rappresentazione amatoriale, con la mia compagnia e per la precisione una riproposizione e arrangiamento di Notre dame de Paris (di cui ero Quasimodo e regista); sui saluti, al mio ingresso, ho ricevuto un’inaspettata standing ovation.

Lei è giovanissimo ma ricopre un ruolo di responsabilità ottenuto con tenacia e passione ma ha incontrato ostacoli sul suo cammino?

La vita, innanzitutto, è fatta di ostacoli. Gli ostacoli esistono per essere superati, altrimenti diventano limiti. Una vita senza ostacoli è come un mare senza onde; bellissimo, ma triste. Le onde servono a farti provare l’ebbrezza di essere “cavalcate” e la gioia di poterlo raccontare poi. La vita è come un viaggio, con una partenza e un arrivo uguale per tutti. Il percorso fa la differenza. Per viaggiare bene non bisogna augurarsi di non trovare avversità, ma di viaggiare in compagnia di copiloti all’altezza. Nella vita i copiloti sono la famiglia, gli affetti più cari, il tuo partner. Se scegli bene quelli non c’è percorso che abbia ostacoli più grandi della voglia e la forza di volerli e poterli superare insieme.

La soddisfazione più grande ricevuta?

Qui dovrei uscire “fuori traccia” come facevo spesso e volentieri a scuola, odiavo la “simmetria” dell’insegnamento. Le soddisfazioni più grandi, quelle vere, me l’hanno regalate altre esperienze. L’Abruzzo, il giorno del terremoto, quando accorsi con il Nucleo di Protezione Civile dell’Associazione Nazionale Carabinieri a portare soccorso. Le lacrime e gli abbracci delle persone anziane che vedevano in me la loro salvezza. L’aver salvato dalla strada il mio familiare domestico (cagnolino), Gigi e vedere nei suoi occhi la riconoscenza. Il fare del bene a chi mi sta vicino, anche a mio discapito. Per me queste sono soddisfazioni. Il resto come detto prima sono solo esperienza. Le soddisfazioni sono ben altre. Lavorare dignitosamente, onorare il proprio partner, crescere bene i propri figli, queste sono soddisfazioni, il resto è … palcoscenico.

Cosa si sente di consigliare a coloro che inseguono un sogno?

Di non farlo diventare ossessione, di non scavalcare i propri simili, di accettare i propri limiti, di curarlo giorno dopo giorno, come se fosse una piantina da innaffiare con costanza e della quale prendersi cura. Inseguire il proprio sogno, però, senza mai e dico mai, togliere i piedi da terra! Bisogna sempre avere un piano “b”, la vita prima o poi ti chiede di pagare il conto e non accetta sogni rincorsi, ma solide realtà. Bisogna fare molta attenzione, il confine è sottile tra sognare e ostinarsi. L’ostinazione porta alla solitudine, alla pazzia. Bisogna saper capire quando è il momento di fare un passo indietro per non rischiare di perdere la cognizione della realtà. Questa si chiama: maturità. Parlatene, parlatene sempre dei vostri sogni, l’esperienza di chi prima di voi e di chi vi sta a fianco, potrebbe risparmiarvi fastidiose ripercussioni. E poi come si dice: un sogno sognato da solo resta un sogno; un sogno sognato in due può essere il primo passo verso la realtà.

Come si vede da “grande”?

A mangiare pizza, ma quella buona, con la mia compagna e i miei amici più cari, in casa a giocare a carte o con qualche consolle. Purtroppo io e le pantofole viviamo in simbiosi, se non avessi scelto questa strada, forse, sarei andato a vivere in un convento. Detto ciò … io non voglio diventare grande, ho, ancora, troppi ovetti Kinder da mangiare e sorprese di supereroi da collezionare e … scusate se è poco.

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