Al Teatro Trianon di Napoli andrà in scena “Strativari” la musica classica incontra l’underground, gli archi si fondono con gli strumenti riciclati.
Si tratta di un’esperienza musicale e un viaggio dell’anima, dal passato all’attualità e viceversa in un viaggio verticale che racconta Napoli dalle mille facce.
L’appuntamento è per il 21, 22 e 23 gennaio con Capone & BungtBangt, Solis String Quartet e Cristina Donadio.
Concepito come una suite, lo spettacolo musicale e teatrale si compone di otto movimenti con un Prologo e un Epilogo. Otto ritratti emotivi che toccano altrettanti affetti – il ricordo, la passione, il gioco, lo scontro, la fatica, la denuncia, il desiderio, la devozione – esplorati dal punto di vista dei napoletani.

Il progetto nasce dall’incontro di due realtà musicali apparentemente molto distanti tra loro ma unite dalla matrice mediterranea.
Tra strumenti con storie e tradizioni profondamente diverse (dal violino alla buatteria, dalla scopa elettrica al violoncello, dalla viola allo scatolophon) Capone&BungBangt e Solis string quartet hanno deciso di condividere il palcoscenico in uno spettacolo scritto da Stefano Valanzuolo e diretto da Raffaele Di Florio.
Il titolo, attraverso un gioco di parole, evoca il nome del celebre liutaio e rimanda agli “strati” “vari” che compongono l’immagine di Napoli caratterizzata da una pluralità di linguaggi, stili, corpi e anime che, forse, non ha uguali altrove.
Cristina Donadio, Capone&BungtBangt e Solis string quartet saranno i protagonisti di Strativari, suite in otto movimenti.
Capone&BungtBangt: Maurizio Capone, voce, scopa elettrica, percussaglie – Alessandro Paradiso, basso da ponte, scatolophon, buatteria – Vincenzo Falco, percussaglie, tubolophon – Salvatore Zannella, buatteria, percussaglie.
Solis string quartet: Vincenzo Di Donna, violino – Luigi De Maio, violino – Gerardo Morrone, viola – Antonio Di Francia, violoncello, arrangiamenti.
Disegno luci Francesco Adinolfi. Suono Giuseppe Polito – Massimo Curcio. Progetto scenico e regia Raffaele Di Florio. Soggetto e testo originale Stefano Valanzuolo.