Angiola Baggi: sin da bambina tra doppiaggio e recitazione

Angiola Baggi: sin da bambina tra doppiaggio e recitazione

Intervista ad Angiola Baggi, doppiatrice di esperienza, che ci racconta il suo prossimo spettacolo “Regine di cartone” in scena a Roma.

Doppiatrice e attrice da sempre apprezzata, con una carriera alle spalle ricca di belle ed importanti esperienze, Angiola Baggi. Potremo presto applaudirla in “Regine di cartone”, in scena dal 7 novembre al Teatro Marconi di Roma, un testo che ama molto, un gruppo di lavoro ben coeso, una nuova e formativa esperienza.

Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Angiola Baggi. Presto potremo applaudirti ne “Regine di cartone”, ad opera di Marina Pizzi, in scena dal 7 al 17 novembre al Teatro Marconi di Roma. Uno spettacolo che parla di emarginazione e al contempo di riscatto, di tre donne senzatetto. Cosa puoi anticiparci, nei limiti del possibile?
Parliamo di una storia di emarginazione e riscatto legata ad una mera espressione della società di oggi. Tre donne caratterizzate da un passato differente in cui affondano le radici del presente. Il tutto prenderà una strada inattesa, in una situazione molto interessante dal punto di vista del testo, ma non vi dirò altro per non spoilerare nulla… Il bellissimo testo di Marina Pizzi, e la regia di Silvio Giordani, ci aiutano a ‘rubare’ da tutte le parole le possibilità espressive che possiamo trovare. Da tantissime piccole cose si ha così modo di allargare il nostro orizzonte interpretativo. Uno spettacolo che non è soltanto comico e drammatico, bensì caratterizzato da moltissime sfaccettature che ci rendono davvero felici e speriamo possa essere così anche per il pubblico.

Il teatro è da sempre casa, qualcosa di irrinunciabile. Quali sensazioni sono legate all’odore delle tavole del palcoscenico, al brusio prima dell’inizio di uno spettacolo e quali rituali ti accompagnano?
Si parla spesso di odore ma, personalmente, sento molto più forte il suono, qualcosa di particolare quando ci cammini sopra. Parlo di quel legno che tende a dare una sonorità del tutto diversa. È ciò che mi viene in mente, così come la polvere, ma la sensazione più forte resta il suono, senza alcun dubbio. Il brusio ritengo sia, invece, un momento magico, indimenticabile, sospeso. Non sei più tu e, al contempo, non sei nemmeno il personaggio. Il personaggio sta per prendere il sopravvento ma lo spettacolo non è ancora cominciato, è buio, ti muovi piano, non fai rumore, proprio su quell’amato legno, e resti così sospeso in una zona senza alcun limite di tempo, quasi fuori dal mondo. Una sensazione bellissima!

Cosa contribuì, a suo tempo, a far sì che ti avvicinassi a questo mestiere, così come al doppiaggio?
Non saprei dirti, sai? Ho cominciato a muovere i primi passi in questo mestiere da piccola e per puro caso. Presi parte a dei provini, insieme a delle amichette, cominciando a vivere un mondo sospeso, al buio… il doppiaggio. Ho appreso tanto da questo mestiere, così come dal teatro che è arrivato poco dopo, ‘rubando’ tanto agli altri, ai più bravi. Ciò non vuole ovviamente dire che le scuole non siano importanti…

Cosa ti ha regalato il doppiaggio, in particolar modo?
Come dicevo poc’anzi, prima della televisione, degli sceneggiati più importanti, c’è stato il doppiaggio. Provenivo dalla televisione, ero vista ‘male’ nel mio muovermi nell’ambito teatrale, ma mi ha comunque regalato tanto. Il doppiaggio richiede una dote particolare, qualcosa di davvero raro: l’elasticità mentale. La mattina sei una suora, al pomeriggio una prostituta, al terzo turno serale sei un capo di stato. Mi ha donato, inoltre, la possibilità di prestare la voce a donne importanti, molto abili nel cinema, come Kathy Bates e Susan Sarandon. Quando sei ‘dinanzi’ a questa attrici apprendi tante cose, ti vengono fuori tante idee, così come la capacità di svilupparle. Certo, non bisogna impigrirsi sul doppiaggio, bensì è necessario vivere entrambe gli ambiti affinché ci si possa arricchire.

Angiola Baggi

Cosa senti di consigliare alle nuove ‘leve’ del doppiaggio e della recitazione?

È fondamentale associare al doppiaggio la recitazione, qualcosa di imprescindibile, a mio parere. In molti pensano che il doppiaggio sia facile perché la strada è stata tracciata da un altro attore ma non è così. Occorre seguire delle giuste scuole, al di là dell’eventuale crisi che possa colpire il nostro settore. Al momento non sappiamo cosa ne sarà del mondo. Cambierà? Noi ci saremo comunque dentro, in qualche modo.

Quali consapevolezze hai raggiunto con il passare del tempo e cosa è mancato, a tuo avviso, a questo percorso artistico?
Mi è mancata la ‘comunità’, la possibilità di vivere questo percorso insieme agli altri. Mi è mancata una rete di informazioni, sostegno, confronto e, ancor più fondamentale, il crescere insieme a chi perseguiva questo mestiere.

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