Silvio Orlando ne Il mercante di Venezia

Il mercante di Venezia, recensione

orlandoIo sono un ebreo. Non ha occhi un ebreo? Non ha mani, un ebreo, organi, membra, sensi, affetti, passione? Non è nutrito dallo stesso cibo, ferito dalle stesse armi, assoggettato alle stesse malattie, curato dagli stessi rimedi, riscaldato e raffreddato dallo stesso inverno e dalla stessa estate, come lo è un cristiano? Se ci pungete, non sanguiniamo? Se ci fate il solletico, non ridiamo? Se ci avvelenate, non moriamo?
Cosi Parla Shilock, l`ebreo del “Mercante di Venezia”rappresentato al Teatro Bellini.
Usura, amori, inganni, vendette, il condimento preferito dall`umano dell`epoca, ma che riflette, spesso il nostro presente: Bassanio chiede un prestito all’amico Antonio per conquistare la ricca Porzia. Antonio concede il suo aiuto, ma, vista la propria indisponibilità, si rivolge a sua volta all’ebreo Shilock e si fa garante. Il prestito viene concesso, purchè la somma venga restituita entro tre mesi, pena una libbra di carne di Antonio stesso.
Scontro etico, sociale e culturale. Conflitto fra amicizia e amore. Potere del denaro. Lealtà e giustizia. Shakespeare sempre attuale, fornendoci materia per riflettere su di noi e sul nostro presente.
Venezia all`epoca è un mercato frenetico dove mercanti di ogni tipo approfittano, comprando e vendendo, calpestando tutto e tutti. Due universi destinati ad incontrarsi: uno maschile, indaffarato a costruire un impero finanziario, e uno femminile, tutto volto al desiderio di inventare alternative di piacere al mondo del dovere.

 

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