Ilaria Congiu: tra mare e informazione con “Breath”

Ilaria Congiu: tra mare e informazione con “Breath”

Regista di un documentario che ci accompagna nel mondo del mare e quello dell’informazione, incontriamo Ilaria Congiu.

La passione per la natura, per il mare, ha portato Ilaria Congiu, con il suo documentario “Breath“, a porsi non poche domande sul mondo e sul ruolo della propria famiglia nel depauperamento degli oceani. Una storia bella e particolare, a partire dall’essere nata in Senegal, dove suo padre dirige un’azienda di esportazione di pesce congelato, all’avere il mare come amico, per poi rendersi conto che le acque che amava sono sempre più silenziose, prive di vita…

L’intervista a Ilaria Congiu

Ilaria Congiu durante le riprese di Breath

Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Ilaria Congiu. Raccontaci di come ha preso forma il tuo documentario, “Breath”?
Sono state tante le cose che mi hanno portata a a realizzare questo film, “Breath”. Tra le prime, il fatto di essere nata in Africa con il mio papà impegnato nel settore della pesca. Ho visto un tipo di mare, un tipo di pesce e mano a mano crescendo queste cose sono radicalmente cambiate. Mio padre mi ha sempre educata ad avere un occhio di riguardo nei confronti dell’ambiente, qualcosa che mi ha formata a dovere ma, la scintilla più forte, si è verificata quando, come inviata Rai a Bordeaux, mi sono resa conto di una situazione mediterranea completamento ignota. Qualcosa di viscerale che mi ha portata a scrivere questo film, creando una mia strada, durata quattro anni… Non è soltanto l’inquinamento il problema, il cambiamento climatico, bensì l’interazione tra le due. Ho, quindi, voluto affrontare il tutto usando l’amore, la poesia, la bellezza, l’amore vero e forte per il mare.

Lanciare messaggi positivi, puliti, che possano arrivare a tutti… 
Esattamente ciò che ci ha guidato per tutti questi anni.

Cosa ti ha toccato di più in questa forte situazione?
Le ripercussioni sugli esseri umani, in prima battuta. Li adoro tutti, che siano acquatici o terrestri, e porto ancora con me le parole dei pescatori, la sofferenza che ancora hanno, la costrizione nel dover fare delle cose illegali o comunque non bellissime. Questa cosa mi ha toccato nel profondo, così come l’obbligo a farlo perché hanno comunque una famiglia alle spalle. Vengono definiti assassini ma non è così. La seconda, riguarda l’accesso al cibo. Il pesce locale costa troppo, non ci si può permettere ciò che pagherebbe un americano o comunque un europeo, dunque viene esportato del pesce congelato che non vale nulla e questa cosa mi ferisce non poco. Ciò che voglio trasmettere è che crescendo è interessante scoprire l’uomo o la donna dietro il genitore. Cosa non da poco…

Come ha avuto inizio questa tua passione, professione?
Totalmente per caso! Mio papà ha sempre utilizzato l’AI 8 e, sin da piccola, avevo una telecamera sempre puntata addosso. Mia madre, invece, ha per hobby la fotografia, cose che non potevano passare di certo inosservate nella mia vita, così come il giornalismo, in cui sono laureata. Ho poi preso parte ad un corso, a diciotto anni, a Parigi, con una documentarista, e non ho mai mollato. Amo il confronto, la ricerca, il poter dare sfogo a qualcosa di molto artistico, una grande esperienza sul campo, un caso del tutto fortuito nella mia vita.

Quali altre tematiche vorresti poter toccare?
Sto lavorando ad un nuovo tema sociale, qualcosa che tratta il femminismo, il confronto tra generazioni, così come quello familiare che continua ad intrigarmi molto. Vediamo dove mi porterà…

Chi è Ilaria e quali consapevolezze caratterizzano il tuo vissuto?
Credo sia una persona diversa di giorno in giorno e ciò grazie anche alla vita che faccio ed anche ai confronti continui che ho. Potrei definirmi un camaleonte, ecco. Se di consapevolezze si parla, invece, credo sia fondamentale rendersi conto che non si arriva mai a ‘sapere’ e che siamo tutti contraddittori ma va bene così. È bello avere degli ideali, dei sogni, ma al contempo è difficile essere sempre sul pezzo.

Che periodo stai vivendo?
Vivo di una insoddisfazione eterna! (Ride) Faccio un passo ma poi penso subito al successivo. Vivo un momento strano, anche perché ha il suo effetto vedere le locandine di “Breath” al Barberini, così come in altri cinema. Un sogno che si realizza ma al contempo mi fa strano, così come l’attenzione che ha ottenuto il progetto e la mia figura. Si è passato dal fare le interviste ad essere intervistata, qualcosa di nuovo.

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