Alessio Vagaggini - La patria di Itzurza

La patria di Itzurza, di Alessio Vagaggini

Classe 1991 e di origini aretine, Alessio Vagaggini ha vissuto tra Italia, Belgio e Spagna, occupandosi di progetti e affari europei, senza mai tralasciare l’amore per la letteratura.

Alessio Vagaggini - La patria di Itzurza

Con Chance edizioni, per la collana Scrittura Spontanea, è uscito in libreria con il romanzo La patria di Itzurza.

Alessio Vagaggini, ti diamo il benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo. In che periodo storico ci porti e quale spaccato di Paese di fai conoscere?

Il romanzo narra le vicissitudini di quattro donne nella Spagna degli anni 80. Le vicende si alternano fra la prima parte concentrata sul Paese Basco, mentre la seconda si alterna fra Madrid e la costiera Valenciana. Rispettivamente, la prima parte si intitola “La Guerriera” ed è incentrata sulla figura di Itzurza, giovane basca arruolata tra le fila di ETA per perseguire il suo sogno dell’indipendenza del paese basco. Questa fase si sofferma sull’interiorità della protagonista, mettendone a nudo l’animo ed i dubbi che accompagnano le sue scelte. La seconda parte è “La Famiglia”; qui la narrazione si frammenta, e ad essere descritte sono le storie di Maria, la madre, Elena e Clara, le due sorelle, di cui si raccontano le vicissitudini in una Spagna che deve fare i conti con la modernità e lo spettro del Franchismo che è ancora vivo e vegeto nella società.

Ritengo che serva una certa abilità da parte di un autore per amalgamare la Storia con la s maiuscola con quella con la s minuscola. Qui la vita di quattro donne come si intreccia alle vicende del Paese?

Ho voluto creare un intreccio narrativo fra un paese, la Spagna, che ha da sempre al suo interno una serie di conflitti irrisolti, vedasi il rapporto ancora difficoltoso con il passato franchista e la tensione perenne con le varie comunità che reclamano indipendenza. Lo sfondo di questo paese, che rincorre la chimera dell’unità senza mai raggiungerla, rappresenta il palcoscenico per queste quattro figure femminili a loro volta caratterizzate da una serie di conflitti che ne condizionano le esistenze. Il paese e le interiorità particolari si guardano allo specchio e riflettono su scale diverse lo stesso tipo di tensione verso un tempo (che sia un passato o un futuro) che rincorrono e non riescono ad accettare, mentre il loro presente sfugge loro di mano. La storia con la S maiuscola tende infatti a “deviare” le esistenze delle singole protagoniste, rendendole schiave di alcuni oggetti del desiderio (l’indipendenza, la lotta politica, il successo) che alla fine si rivelano per il loro volto illusorio e le allontanano inesorabilmente dal loro equilibrio interiore. Solo guardandosi dentro (dentro se stesse e dentro l’animo altrui) i personaggi riusciranno a riprendere in mano le loro esistenze e accorgersi che la loro condizione umana, per raggiungere qualsiasi tipo di facilità, deve fare i conti prima di tutto con la propria interiorità ed abbandonare tutte le fonti di squilibrio e insoddisfazione.

Qual è il rapporto tra Itzurza e la patria?

La Patria è un concetto che ha una funzione bivalente nell’economia del romanzo. Da un lato, la Patria è quella nel senso più tradizionale del termine, ovvero quell’insieme di elementi culturali, geografici e linguistici che caratterizzano un popolo. Dall’altro, la Patria è anche la meta interiore di Itzurza, il suo completamento, in un certo senso la ricerca della sua identità. Itzurza ha un legame viscerale con la sua Patria, ovvero il Paese Basco, e nella sua testa i due elementi sono perfettamente sovrapponibili: di fatto la sua terra è un tutt’uno con la sua identità, ed i due elementi sono coincidenti. Sarà il progredire nel suo cammino, le sue esperienze di vita estreme che le faranno aprire gli occhi sulla vera differenza fra i due concetti, e come la seconda “Patria”, ovvero la ricerca del suo mondo interiore, sia l’unico mezzo che può condurla alla felicità.  

Sono personaggi interamente inventati o ti sei ispirato a qualcuno?

Diciamo che i personaggi riassumono una serie di vizi e virtù che ho incontrato in molte individualità conosciute lungo il mio cammino. A dire il vero, i personaggi sono tutte figure che ho conosciuto nella vita, che magari ho visto per qualche secondo, ma che per un motivo o per un altro mi hanno colpito. Alcuni, come Itzurza, sono legati estremamente alla realtà concreta: la protagonista del romanzo infatti l’ho proprio vista con i miei occhi! Era una ragazza di fronte a un bar nel centro di Pamplona, agitava le mani e parlava di politica in modo insistente, e non potei non notare i suoi tatuaggi ed il suo abbigliamento alternativo. Di colpo nacque la scintilla: presi un taccuino e iniziai a scrivere al suo interno tutto ciò che mi aveva colpito di quella ragazza così particolare, e mano a mano è nata questa terrorista di ETA che lotta per i suoi ideali ma che tralascia la sua femminilità.

In queste pagine, la figura maschile come viene vista?

Le figure maschili giocano tutte un ruolo di comprimarie, poiché hanno un peso specifico relativo nelle vicende. Basti pensare a Ricardo, attorno alla cui vicenda ruota tutta la trama del romanzo. Allo stesso modo, tutti i personaggi maschili hanno dei ruoli di “azione” chiave: Miguel che di fatto è il vero formatore di Itzurza, Munain e Matias, i cui rapporti con i rispettivi partner ne segnano le esistenze, Carlos, ex-marito di Maria, il cui atteggiamento irresponsabile avrà a sua volta un impatto su tutta la famiglia. Ciononostante, di tutti questi personaggi se ne mettono in risalto le vicende esterne, il “come” il loro agire riesca a condizionare il mondo esterno. I personaggi maschili (eccezion fatta per la crisi “almodovariana” di Matias) agiscono tutti in modo più lineare, e poco spazio è lasciato alla loro voce interiore, mentre per i personaggi femminili entrambe le dimensioni vengono scandagliate e messe in risalto agli occhi del lettore.

Senti mai il desiderio di scrivere una nuova opera in cui intrecciare ancora vissuto personale e vicende storiche ma ambientati in un’altra epoca e con un altro Paese a fare da sfondo?

Sì, senza dubbio! Conoscere un luogo, assaporarne la cultura, impararne la lingua e scoprirne i lati più affascinanti è imprescindibile per il mio modo di scrivere. Legare gli aspetti culturali e politici di un contesto e far muovere su questo sfondo vicende di personaggi mi serve per riprodurre le infinite potenzialità che ha l’animo umano di esprimersi, e le direzioni che di volta in volta può prendere.

Sicuramente ci saranno altre storie in Spagna, e sto lavorando in questo momento ad una ambientata in Catalogna, ma non escludo di mettere in luce altri contesti e relative esistenze.

Per quanto concerne l’epoca, avendo una formazione che guarda molto all’Europa del ’900 ed essendo ferrato nella storia dell’Unione Europea e delle vicende storiche e politiche che l’hanno attraversata, non penso che potrei uscire da questi confini geografici. Ma mai dire mai…

Infine, se diventasse un film, chi interpreterebbe i vari ruoli?

Parto da un personaggio a cui mi sono ispirato davvero mentre scrivevo la storia: Clara sarebbe senza dubbio interpretata da Miriam Leone. La ragazza di Catania è un’attrice che, oltre ad essere bellissima e struggente, riesce a far trasparire quel senso di incompiutezza che ben si sposerebbe con la mia protagonista. Itzurza potrebbe essere Virginia Raffaele, che è molto brava nei suoi ruoli più comici, ma l’ho sempre vista adatta anche per un personaggio drammatico ed ambivalente come quello della ragazza basca. Maria sarebbe interpretata alla perfezione da Penelope Cruz, sono convinto che riprodurrebbe sapientemente tutte le sfaccettature di una donna così sicura di sé ma al contempo così fragile nelle sue convinzioni. Elena, dovendo trovare un profilo semplice e conciliante, la vedrei molto bene nelle vesti di Alessandra Mastronardi.

Su Francesca Ghezzani

Giornalista, addetto stampa, autrice e conduttrice di programmi televisivi e radiofonici. In passato ha collaborato con istituti in qualità di docente di comunicazione ed eventi.

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