Il delitto del Dodicesimo Arcano, di Silvia Alonso
Incontriamo la scrittrice Silvia Alonso, tornata in libreria il 12 Maggio con il suo “Il delitto del Dodicesimo Arcano”.
La scrittrice Silvia Alonso è tornata in libreria con il noir Il delitto del Dodicesimo Arcano, pubblicato da Narrazioni Clandestine – Gruppo Santelli e con la prefazione a cura dello scrittore e coach di scrittura, nonché editor, Diego Di Dio. Un legame misterioso unisce alcuni locali a luci rosse di Milano agli eleganti Casinò della Costa Azzurra, tra gioco d’azzardo, suites di lusso, Formula Uno e bellissime escort. Filo invisibile è la ricerca di emozioni forti di cui una ristretta cerchia di uomini non riesce a fare a meno, ignari del legame sotteso col mondo esoterico e le sue pratiche oscure. Ne parliamo con l’autrice per la nostra rubrica “Libri e scrittori”.
Ben ritrovata, Silvia Alonso, su La Gazzetta dello Spettacolo. In questo tuo romanzo il confine tra sacro e profano, eros e morte, potere e debolezza si fa sottile e sfumato. Chi è Maddalena Santacroce?
Una donna libera, che si muove disinvolta tra più ruoli, come oggi noi donne e ragazze di nuova generazione siamo costrette a fare, “arrangiandoci” con più lavori, inventandoci nuovi mestieri. Come professoressa precaria di lettere, Maddalena arrotonda in un night e saltuariamente legge anche le carte a Brera. Il nome in particolare, volevo che comunicasse ai lettori. È in parte la chiave del romanzo, che mette in discussione la religione cattolica tradizionale per arrivare alla ricerca di una nuova spiritualità.
La sua doppia vita, divisa tra l’ambiente accademico e il mondo notturno della pole dance e della lettura dei Tarocchi, riflette o alimenta l’esplorazione delle “ombre” che si celano dietro il velo di una realtà ordinaria?
Sicuramente è una doppia vita ispirata al gioco di maschere a cui tutto il romanzo rimanda. Chi siamo noi dietro alla maschera – si domandava Shakespeare? In altre parole: quanto la nostra ombra ci possiede, nel momento in cui non siamo disposti a esplorarla?
Cosa simboleggia la carta dell’Appeso?
È un arcano maggiore dei tarocchi, che sta a significare che c’è sempre un secondo modo (e un terzo, un quarto e così via) di vedere le cose. Non esiste una realtà ufficiale, se non una proiezione di quello che abbiamo dentro, come spiegano anche gli Specchi Esseni. Per lo stesso evento esterno ci sono sempre più spiegazioni che coesistono. In altre parole: a volte la realtà la si vede meglio capovolgendo il proprio punto di vista “upside down”. Solo così ci si metterà in discussione in un’ottica evolutiva. Adoro questa carta, calzante sia per il significato intrinseco che per la pertinenza con la mia storia che parla di atleti e funamboli!
Le protagoniste femminili del libro – le Regine della notte – sono dominatrici forti, consapevoli, ribaltano stereotipi e dinamiche di potere. Quanto c’è di rivendicazione o riflessione al femminile nella costruzione di questi personaggi?
Molto. Credo che da questo punto di vista sia un romanzo “catartico”: finalmente sono le donne a dominare. Non lo fanno di certo eticamente, direi piuttosto “al di là del bene e del male”, ma è già una svolta. Donne consapevoli del proprio fascino che giocano con le debolezze maschili, pagate per farlo. In un certo senso ho scritto un romanzo criminale al femminile. E mi ha dato una grande soddisfazione.
In chiusura, hai un passato da avvocato, oggi sei anche consulente legale, ma nel tempo libero ti dedichi a scrittura, divulgazione e persino la danza. Come convivono queste anime in te? E in che modo influenzano il tuo modo di scrivere?
In realtà è la scrittura che occupa la maggior parte del mio tempo, per scelta. Sicuramente la danza è la mia terapia energetica, la ricarica da cui attingo per nutrire il mio femminile. Un femminile che emerge in maniera molto forte nei miei romanzi. La divulgazione mi piace nel momento in cui entro a contatto col mio pubblico. È importante capire chi ci legge, entrare nel mondo dei nostri lettori per un confronto ma anche per trarre nuove ispirazioni.