“Involontario” è la serie realizzata da Officine Buone e Fondazione Cariplo, interamente girata nell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.Officine Buone è la onlus fondata a Milano da Ugo Vivone, ingegnere calabrese con il pallino per la musica. Il loro motto è #donailtuotalento, noi de La Gazzetta dello Spettacolo abbiamo incontrato il fondatore.
Come nasce “InVolontario”?
InVolontario nasce dalla voglia di raccontare il volontariato in maniera nuova e farlo diventare una cosa di tendenza. Fare volontariato è figo e volevamo raccontarlo ai giovani con un linguaggio sexy e capace di attrarli davvero.
Qual è il messaggio che volete dare con questa serie?
Il messaggio principale è proprio “il volontariato è una roba figa”, aiutare gli altri significa soprattutto aiutare sé stessi e ci fa diventare persone migliori. E poi ci piaceva comunicare che il talento può essere davvero il motore della comunità e quindi i giovani (che non hanno esperienza, professionalità e risorse economiche) possono diventare protagonisti della comunità solo se si valorizza il loro talento.
La serie è stata girata all’interno di un ospedale, quali sono state le reazioni dei pazienti e dei medici che assistevano alle riprese?
Tutta l’attività di Officine Buone contribuisce all’umanizzazione delle cure e degli ospedali, così anche la realizzazione di un set in un vero ospedale ha contribuito a questo scopo. Molti pazienti ci hanno chiesto la possibilità di fare da comparse ed è stata una sorpresa straordinaria. Tutto il set è stato vissuto da pazienti e medici come una festa e non come un intralcio alle importanti attività di cura.
Tantissimi i premi vinti al Roma Web Fest, vi aspettavate questo successo?
Non ci aspettavamo il successo in termini di visualizzazioni e premi, ma eravamo convinti che l’idea fosse buona e per questo motivo ci abbiamo messo un impegno che va oltre il normale lavoro. In questa serie c’è proprio l’anima di molti protagonisti e pensiamo che questo sia arrivato allo spettatore.
Parliamo di Officine Buone, come nasce la vostra associazione?
Officine Buone ha una storia molto lunga e nasce dall’esigenza che molti giovani hanno di trovare un palco su cui esibirsi e mostrare il proprio talento. 10 anni fa fui invitato a suonare un’ora in un reparto dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e durante l’esibizione si avvicinarono spontaneamente decine di pazienti e i loro parenti. Al termine dell’esibizione mi chiesero: “quando torni?”. Capii in quel momento che dovevo impegnarmi per organizzare qualcosa che rendesse estesa a tanti ospedali e a tanti giovani questa possibilità di accedere a un palco speciale. Officine Buone porta un’ora di svago e distrazione a chi si trova in ospedale grazie al talento di tanti giovani, ma l’operazione più grande e importante che fa è quella nei confronti dei giovani stessi. Grazie alla passione per la musica, o per la cucina, il teatro e le arti in genere, si fa la prima esperienza di volontariato della propria vita e questo offre una importante opportunità di crescita professionale e, soprattutto, umana.
Tanti i progetti realizzati da Officine Buone per i giovani, c’è un messaggio che vorreste dare ai ragazzi con il vostro operato?
Il messaggio è semplice, oltre che immediatamente riscontrabile con la pratica: aiutando gli altri si aiuta soprattutto sé stessi. I giovani, che spesso troviamo sui social a lamentarsi e a chiedere aiuto alle istituzioni, alla politica e alle generazioni precedenti, possono iniziare ad aiutare gli altri utilizzando la propria energia e il proprio talento. Con questa operazione aiuteranno sé stessi e la società li vedrà, finalmente, come protagonisti.
Quali sono i vostri prossimi progetti?
Stiamo lavorando alla seconda stagione di “Involontario”, che sarà più grande e importante grazie ai successi raccolti dalla prima edizione. E poi stiamo lavorando a fare crescere il nostro secondo format Special Cook, che si affianca in maniera sempre più importante a Special Stage.
Con Special Stage facciamo suonare centinaia di giovani negli ospedali italiani, con Special Cook portiamo giovani chef di talento a cucinare in reparto e questo genera bellissime “conseguenze. I pazienti possono godere di una sorpresa buona ed essere educati a una buona alimentazione quando tornano a casa dopo la degenza, i giovani chef imparano a cucinare meglio grazie al confronto con i nutrizionisti degli ospedali e, in futuro, potremo riuscire a migliorare i menu degli ospedali che saranno firmati dagli chef. E’ un’operazione ambiziosa che suona come una rivoluzione e infatti, per una realtà giovane come la nostra, realizzare una vera rivoluzione del volontariato che parte dai giovani è proprio la nostra missione.