Officine Buone di Ugo Vivone. Special Stage con Frey. Foto da Ufficio Stampa
Officine Buone di Ugo Vivone. Special Stage con Frey. Foto da Ufficio Stampa

Incontriamo Ugo Vivone per Officine Buone

“Involontario” è la serie realizzata da Officine Buone e Fondazione Cariplo, interamente girata nell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.Officine Buone è la onlus fondata a Milano da Ugo Vivone, ingegnere calabrese con il pallino per la musica. Il loro motto è #donailtuotalento, noi de La Gazzetta dello Spettacolo abbiamo incontrato il fondatore.

Officine Buone di Ugo Vivone. Special Stage con Frey. Foto da Ufficio Stampa
Officine Buone di Ugo Vivone. Special Stage con Frey. Foto da Ufficio Stampa

Come nasce “InVolontario”?

InVolontario nasce dalla voglia di raccontare il volontariato in maniera nuova e farlo diventare una cosa di tendenza. Fare volontariato è figo e volevamo raccontarlo ai giovani con un linguaggio sexy e capace di attrarli davvero.

Qual è il messaggio che volete dare con questa serie?

Il messaggio principale è proprio “il volontariato è una roba figa”, aiutare gli altri significa soprattutto aiutare sé stessi e ci fa diventare persone migliori. E poi ci piaceva comunicare che il talento può essere davvero il motore della comunità e quindi i giovani (che non hanno esperienza, professionalità e risorse economiche) possono diventare protagonisti della comunità solo se si valorizza il loro talento.

La serie è stata girata all’interno di un ospedale, quali sono state le reazioni dei pazienti e dei medici che assistevano alle riprese?

Tutta l’attività di Officine Buone contribuisce all’umanizzazione delle cure e degli ospedali, così anche la realizzazione di un set in un vero ospedale ha contribuito a questo scopo. Molti pazienti ci hanno chiesto la possibilità di fare da comparse ed è stata una sorpresa straordinaria. Tutto il set è stato vissuto da pazienti e medici come una festa e non come un intralcio alle importanti attività di cura.

Tantissimi i premi vinti al Roma Web Fest, vi aspettavate questo successo?

Non ci aspettavamo il successo in termini di visualizzazioni e premi, ma eravamo convinti che l’idea fosse buona e per questo motivo ci abbiamo messo un impegno che va oltre il normale lavoro. In questa serie c’è proprio l’anima di molti protagonisti e pensiamo che questo sia arrivato allo spettatore.

Parliamo di Officine Buone, come nasce la vostra associazione?

Officine Buone ha una storia molto lunga e nasce dall’esigenza che molti giovani hanno di trovare un palco su cui esibirsi e mostrare il proprio talento. 10 anni fa fui invitato a suonare un’ora in un reparto dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e durante l’esibizione si avvicinarono spontaneamente decine di pazienti e i loro parenti. Al termine dell’esibizione mi chiesero: “quando torni?”. Capii in quel momento che dovevo impegnarmi per organizzare qualcosa che rendesse estesa a tanti ospedali e a tanti giovani questa possibilità di accedere a un palco speciale. Officine Buone porta un’ora di svago e distrazione a chi si trova in ospedale grazie al talento di tanti giovani, ma l’operazione più grande e importante che fa è quella nei confronti dei giovani stessi. Grazie alla passione per la musica, o per la cucina, il teatro e le arti in genere, si fa la prima esperienza di volontariato della propria vita e questo offre una importante opportunità di crescita professionale e, soprattutto, umana.

Tanti i progetti realizzati da Officine Buone per i giovani, c’è un messaggio che vorreste dare ai ragazzi con il vostro operato?

Il messaggio è semplice, oltre che immediatamente riscontrabile con la pratica: aiutando gli altri si aiuta soprattutto sé stessi. I giovani, che spesso troviamo sui social a lamentarsi e a chiedere aiuto alle istituzioni, alla politica e alle generazioni precedenti, possono iniziare ad aiutare gli altri utilizzando la propria energia e il proprio talento. Con questa operazione aiuteranno sé stessi e la società li vedrà, finalmente, come protagonisti.

Quali sono i vostri prossimi progetti?

Stiamo lavorando alla seconda stagione di “Involontario”, che sarà più grande e importante grazie ai successi raccolti dalla prima edizione. E poi stiamo lavorando a fare crescere il nostro secondo format Special Cook, che si affianca in maniera sempre più importante a Special Stage.

Con Special Stage facciamo suonare centinaia di giovani negli ospedali italiani, con Special Cook portiamo giovani chef di talento a cucinare in reparto e questo genera bellissime “conseguenze. I pazienti possono godere di una sorpresa buona ed essere educati a una buona alimentazione quando tornano a casa dopo la degenza, i giovani chef imparano a cucinare meglio grazie al confronto con i nutrizionisti degli ospedali e, in futuro, potremo riuscire a migliorare i menu degli ospedali che saranno firmati dagli chef. E’ un’operazione ambiziosa che suona come una rivoluzione e infatti, per una realtà giovane come la nostra, realizzare una vera rivoluzione del volontariato che parte dai giovani è proprio la nostra missione.

Su Maria Rita Marigliani

Giornalista Pubblicista, Ufficio Stampa e Social Media Manager. La comunicazione rappresenta, da sempre, un’opportunità di evoluzione e crescita necessaria per me e per la conoscenza degli altri.

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