Ginevra Colonna: amo lasciarmi sorprendere
A tu per tu con l’attrice Ginevra Colonna, con la quale facciamo una passeggiata nella sua carriera e nel suo futuro.
Incontriamo l’attrice Ginevra Colonna con cui si è creato un piacevolissimo momento legato a ricordi di occasioni lavorative vissute, senza dimenticare il futuro, i prossimi progetti. Ritroveremo, difatti, presto Ginevra per approfondire la conoscenza di alcune nuove situazioni lavorative e, intanto, vi lasciamo a questa nostra piacevole intervista…
Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Ginevra Colonna. Come stai?
Sto bene, grazie! Sono nel pieno della realizzazione di alcuni progetti e ne sono davvero felice.
Il tuo curriculum è ricco di esperienze, di incontri importanti, legati maggiormente alla recitazione. Che ricordo hai di quei primi passi mossi nel settore e quali consapevolezze hai raggiunto con il passare del tempo?
Tutto è cominciato a Firenze! Ho iniziato lavorando come modella, finché a scuola mi sono ritrovata a prendere parte a Macbeth. La recitazione mi affascinava e iniziai a prendere contatti a Roma. Incontrai Cristina Caremoli, storica agente cinematografica, la quale mi accolse nel vero senso della parola e mi procurò il primo ruolo al cinema con “Quattro figli unici”, un film di Fulvio Wetzl. Un’occasione ricca, bellissima ed emozionante. Nel giro di qualche anno è arrivato il trasferimento a Roma, il lavoro con registi importanti: Muccino, Calligari, Virzì e molti altri. Mi parlavi di consapevolezza… credo che si acquisisca con il tempo, crescendo, ed oggi è di certo maggiore rispetto agli inizi.

Cosa ti è maggiormente rimasto nel cuore, quale ruolo o esperienza?
Un ruolo, su tutti, “Suor Sorriso” diretto dal regista americano Roger Deutsch. Una storia vera, cantata anche da Orietta Berti in “Dominique”. Crisi mistiche, familiari, di dipendenze, di cui sono stata interprete. Un personaggio estremamente intenso. Pensa che a distanza di vent’anni, qualche giorno fa, ho incontrato il regista, ed è stato emozionante ritrovarsi.
C’è qualcosa che, diversamente, non sei ancora riuscita a realizzare?
Nulla, al momento! Solitamente preferisco lasciarmi sorprendere, continuare a fare ciò che mi piace, impegnarmi e concentrarmi. Come attrice posso dirti che è bello sentirsi contattare da un regista che vuole te per un suo progetto. Coltivare la fantasia altrui, farne parte.
Cosa ti ha portato la recitazione, quali soddisfazioni?
La cosa che più mi da soddisfazione è lavorare più volte con uno stesso regista. Mi è capitato con Gabriele Muccino, che mi scelse per “Ecco fatto” e poi per le pubblicità Nescafè Red Cup. È successo anche con Antonello Grimaldi, con cui ho girato “Un delitto impossibile” e “Distretto di Polizia”. Il sodalizio più importante, sia dal punto di vista professionale che personale, è stato quello con Maurizio Ponzi, con cui ho girato la seconda e terza stagione de “Il bello delle donne”, “E poi c’è Filippo” e “A luci spente” ed a cui sono molto affezionata. Un paio di anni fa ho girato “Enea” di Pietro Castellitto.
Storie belle, forti, che sanno di vita, quelle che abbiamo ritrovato ne “Il bello delle donne” e in tanti altri progetti…
Esattamente! Storie ricche, forti, con cast altrettanto forti. Ne “Il bello delle donne” ho lavorato accanto a Stefania Sandrelli, Giuliana De Sio, Lunetta Savino, Maria Grazia Cucinotta, Nancy Brilli, Caterina Vertova, Patricia Millardet e molte altre. Ricordo con molto affetto Virna Lisi, che mi aveva preso sotto la sua ala. Mi diceva “a scrocchiazeppi vie qua, che stai a saltà come un picchio” e mi faceva sedere accanto a lei. Altro mito assoluto, Anita Ekberg che sul set mi portava la marmellata di kiwi. Non mi piaceva, ma qualsiasi cosa provenisse da lei era oro per me. Un’artista che, a mio avviso, meriterebbe un ricordo ancora più forte. Sul set de “L’odore della notte”, condividevo il camerino con Little Tony. Insomma, tante belle esperienze!
Quali differenze noti oggi nel fare televisione e/o cinema?
Non so se sia cambiato, sai? È sempre il solito casino! Come mi ha insegnato Maurizio Ponzi, “il set lo fa il regista”. Quando hai a che fare con un direttore sicuro di sé, con una produzione armoniosa, il set diventa un luogo da favola. Viceversa, possono intervenire incomprensioni, ma fa tutto parte dello spettacolo.
Come gestisci il rapporto con il pubblico, con chi ti segue?
Devo confessare che un po’ mi imbarazza. Mi piace il mio lavoro, lo faccio con passione e lo ritengo terminato quando esco dal set. Provo sempre timidezza quando vengo riconosciuta e mi spiace perché non voglio sembrare antipatica e così mi imbarazzo ancora di più. Insomma dovrei lavorare sulla disinvoltura!
Chi è oggi Ginevra, quali cambiamenti sono ormai parte di te?
Sento di essere una persona serena. Discuto solo se ho voglia di fare la pace e per il resto va bene così. Sono consapevole di poter raggiungere con le mie forze determinati obiettivi e quelli perseguo. Sono una persona molto riservata e ho sempre in testa il motto di mia nonna Caterina, “o solitudine, in te beatitudine”, ma questo non vuol dire che io sia sola. Leggo tantissimo, ho buoni amici e mi piace costruire le cose, infatti il mio sogno è avere un’attrezzeria dove baloccarmi quanto voglio.
Parliamo dei progetti futuri, di ciò a cui potremo assistere?
Ultimamente ho partecipato a progetti molto interessanti, uno di Claudio Sestieri in “La fabbrica di Salomé” in cui ho dato voce a Maud Allan, la prima Salomè, una donna complessa ed affascinante. “Solo l’amore conta – Pier Paolo Pasolini”, di Mauro Conciatori in cui recito un estratto di “Affabulazione” e con cui Gorizia, capitale europea della cultura 2025, celebra il Maestro. Altro progetto segreto su cui vi è totale riservatezza, è il primo lungometraggio di Raffael Fiano. Ho inoltre avuto modo di partecipare a due cortometraggi di registe esordienti: Giorgia Corradetti con “Dahlia” e Vittoria Florio con “Eva”, che seguiranno percorsi festivalieri.
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