Alberto Tordi

Alberto Tordi: il mio “Camerieri” racconta uno spaccato di vita difficile

Incontriamo Alberto Tordi, noto attore, che ha realizzato, recentemente, un corto importante, legato ai tempi di oggi e alle difficoltà che attanagliano molti di noi, specie dopo l’avanzare della pandemia da Covid-19.

Alberto Tordi

Un corto, “Camerieri”, che ci porterà in una realtà difficile e talmente reale da far male e che viene presentata al RIFF (Rome Independent Film Festival). Un contributo, quello di Alberto e di tutti coloro che hanno dato vita a questo lavoro, a cui dobbiamo un grande grazie.

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Alberto Tordi. Come stai?

Abbastanza bene, nel complesso. Osservo ciò che accade intorno a me. Gli anni passano rapidamente e aumentano le consapevolezze e, in qualche modo, anche le paure.

Cosa ti ha spinto ad avvicinarti al mondo dello spettacolo, alla recitazione, in particolar modo?

Mi sono avvicinato alla recitazione all’età di ventisei anni. Avevo voglia di capire come poter dare una forma e una direzione alla mia parte emotiva più profonda. Sotto Consiglio di mia madre, feci un provino alla Scuola Internazionale di Cinema e Teatro di Roma. Fui preso e così cominciò questo meraviglioso lavoro di ricerca, che ancora oggi accompagna il mio vissuto.

Parlaci del corto “Camerieri”. In tempo di crisi, di piena pandemia, ne hai realizzato la sceneggiatura e la produzione e ne sei, tra l’altro, il protagonista..

Il corto prende vita da un’idea di Adriano Giorni, Alberto Tordi, Giovanni Izzo ed Enzo Saponara. Un tema attualissimo, davvero importante, legato al lavoro, ai suoi “stalli”, alle mille difficoltà, crisi e problemi che si sono susseguiti, e ancora si verificano, nell’ultimo anno di pandemia. Un’opera drammatica, che vive nel sociale, e racconta l’urgenza di sopravvivere ai conflitti giornalieri. “Un tema senza tempo, persone stremate, senza lavoro, consumate dalla rabbia. Ma non ci sono buoni e cattivi e la realtà rappresentata nel cortometraggio ha sfumature ben più ampie che faranno sicuramente discutere”

Quanto c’è di te nei personaggi che porti in scena?

I personaggi, se strutturati bene in scrittura, portano a spunti di riflessione interessanti e ti offrono la possibilità di vivere una vita diversa dalla tua. Un modo di parlare differente, di camminare, di emozionarsi. In qualche modo ti rimangono dentro, aiutandoti a conoscere una parte di te forse nascosta.

Un ruolo a cui sei ancora oggi particolarmente legato?

Lo studio di un personaggio mi porta ad approfondire il più possibile le varie sfumature del suo carattere. Nel film di Giovanni Galletta, “Fuori c’è un mondo”, in questo momento su Sky, ho interpretato Daniele, un personaggio che ha diversi passaggi emotivi che vanno dall’amore per la fede, all’elaborazione del lutto, all’innamoramento per una donna. È stato un percorso fortemente coinvolgente.

Alberto Tordi

Chi è Alberto Tordi nel quotidiano?

Sono una persona riflessiva, che ama il rispetto e che odia l’arroganza. Credo di avere il cervello continuamente in movimento. Delle volte, anche troppo!

Quali sono le tue passioni?

Amo comprare DVD di film originali, guardarli e conservarli uno sopra l’altro in modo da formare una colonna di titoli e colori vivaci. Amo il mio cane, il mio gatto e la mia famiglia.

Sappiamo che sei anche un maestro di padel. Come ha avuto vita tutto ciò?

Pratico sport di racchetta da quando ho l’età di otto anni. Sono maestro di tennis, beach tennis e padel.
Quest’ultima disciplina mi ha incuriosito proprio otto anni fa. Uno sport che vidi giocare a Madrid. In Italia si giocava ancora in pochi club, ma capii subito che sarebbe cresciuto a livelli esponenziali.

Quali consapevolezze ha apportato al tuo vissuto la pandemia?

La pandemia mi ha portato a rallentare, riflettere, leggere di più, farmi rendere conto che il genere umano sta distruggendo con operazioni violente, selvagge, con l’unica finalità del denaro, quello di più bello che ci circonda, l’ambiente. Mi commuove vedere immagini di interi sistemi ecologici distrutti da inquinamento di plastiche e quanto altro. Tutto ciò è davvero ingiusto.

Sogni nel cassetto?

Sogno di poter essere libero di scegliere cosa sia giusto o meno per me, ciò che mi rende sereno, soddisfatto, alimentato dall’amore, dalle persone che mi sono vicine e che mi vogliono davvero bene. Sogno, inoltre, di poter avere il piacere di lavorare con Ferzan Ozpetek.

Cosa prevede il tuo futuro artistico?

Con il gruppo di lavoro del corto “Camerieri”, stiamo lavorando all’idea di poter realizzare un film. Mi auguro di avere modo di parlarvene, a breve. Vi ringrazio per questa intervista.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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