Flavio Gismondi

Flavio Gismondi: vivo nel presente, raccogliendo ciò che semino

Giovanissimo, Flavio Gismondi, ha da poco ottenuto il Premio Massimini, alcuni giorni fa. Romano, con una lunga carriera nel musical, approda ad Un Posto al Sole, nel 2011, nei panni di Gianluca Palladini, figlio dell’aristocratico Alberto.

Flavio Gismondi

Lo incontriamo per parlavi dei suoi lavori, sogni e progetti futuri…

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, a Flavio Gismondi. Come stai?

Emozionato. Tante sono le cose successe nell’ultimo periodo. La ripartenza, la bellezza di vedere un pubblico in sala, l’emozione di condividere il palco con dei colleghi meravigliosi, l’ebrezza di far vivere un personaggio in scena dopo due anni davvero molto complicati. Emozionato nel vedere che, nonostante le difficoltà, con le persone giuste che ti sostengono, è possibile ricostruirsi e andare avanti.

Come hai trascorso il periodo legato al lockdown, alla pandemia da Covid-19?

Per diversi mesi l’ho vissuto a Città del Messico. Sono rimasto “intrappolato”, per così dire, in quella meravigliosa città, in cui mi ero recato per lavoro, proprio dopo il mio rientro dall’Olanda. Purtroppo lo Stato Italiano nel momento di difficoltà non ci ha sostenuti e il biglietto del ritorno caro ci è costato, a tutti. Alla fine, rientrato con un volo di fortuna, ho investito su me stesso. Ho meditato, ho studiato, mi sono diplomato come interprete simultaneo Spagnolo-Italiano, mi sono dedicato ad alcuni progetti discografici fornendo assistenza come arrangiatore, ho scritto. Ho fatto quello che ho potuto fare e che ho dovuto fare per mantenermi a galla e in salute. Mi sono dato una routine infallibile da seguire per riattivare, quello che chiamo, un “processo di ricostruzione” e farmi trovare pronto nel momento della ripartenza. Fortuna vuole che questo mestiere ti insegni l’importanza della disciplina, valore al quale mi sono fortemente aggrappato per non perdere la testa. 

Cosa ti ha spinto ad intraprendere la strada della recitazione?

L’urgenza di “dire qualcosa” e di farlo attraverso i personaggi che interpreto. È un mestiere che si è letteralmente insinuato nella mia vita come se fosse una necessità e, al tempo stesso, con grande naturalezza. Ho studiato, ho approfondito, continuo a studiare ed approfondire scoprendo ogni giorno elementi nuovi. È uno di quei mestieri che migliorano man mano che l’età avanza. 

Hai da poco ricevuto il Premio Massimini 2021. Quali sensazioni sono legate a questo riconoscimento?

Gratitudine e Rispetto. Sono grato al Rossetti di Trieste, a Stefano Curti e all’Associazione Internazionale dell’Operetta che mi hanno ritenuto all’altezza di un premio così importante. Sono grato, allo stesso tempo, alla Compagnia dell’Alba, guidata da Fabrizio Angelini e Gabriele De Guglielmo. Provo profondo rispetto per il Premio Massimini. È un onore e una grossa responsabilità per l’importanza che ha nel nostro settore e per il momento storico.  

Dal musical alla televisione. Che ricordi hai di quelle prime esperienze e dell’approdo, successivo, ad “Un Posto al Sole”?

Ricordo quanto fossi impacciato, i registi che mi dicevano “è bravo ma non si applica”, esattamente come a scuola. Dovevo imparare in fretta, essere pronto, scattante ed essere perfettamente equilibrato, ragion per cui non mi sono sempre goduto a pieno quelle prime esperienze. Durante il lockdown ho avuto modo di rivedere alcune delle prime puntate che ho registrato per Un Posto al Sole, puntate mandate in onda durante il fermo totale su RaiTre. Me le sono godute, mi sono rilassato e me le sono viste con un occhio completamente diverso. Tante cose le apprezzi col tempo. 

Flavio Gismondi

Il musical che vorresti portare in scena?

Uno? Posso dirne solo uno? Ce ne sarebbero così tanti. Vorrei portare in scena qualcosa scritto da me o comunque qualcosa che sia inedito. È importante coltivare la creatività e darle il giusto spazio in questo mercato. Essere schiavi degli stessi titoli solo per convenienza non fa bene a nessuno, almeno non al settore. 

Con quali artisti/registi avresti piacere di collaborare?

Faccio una premessa. In questo mestiere tanto fanno i colleghi/registi con i quali collabori. Si impara soprattutto facendo e guardando. Gli altri devono essere bravi e bisogna avere l’umiltà di aprire orecchie ed occhi per poter “rubare” il più possibile. Scelgo e nomino persone che nel mio percorso so che potrebbero darmi, insegnarmi, tanto. Penso a Massimo Ranieri, penso a Giancarlo Sepe, a Saverio Marconi, a Özpetek e tanti altri. Punto in alto, la qualità prima di tutto. 

Chi è Flavio Gismondi nella vita di tutti i giorni?

Un tipo piuttosto anonimo che va in giro dicendo che non ha niente da fare quando fa talmente tante cose che non riesce nemmeno a respirare. Un tipo che studia, un ragazzo che ama la vita e quello che può dare. Un lottatore instancabile. Una persona estremamente normale che parla bene e ha un discreto timbro vocale. Passeggio, mi alleno, studio, lavoro e coltivo i miei hobby. Ho casa da mantenere, una famiglia che non ha niente a che fare con questo settore e che mi riporta sempre alla quotidiana vita di città. Sono Toro, difficilmente costruisco castelli in aria. Sono sempre in moto e sempre disposto al cambiamento. 

Come ti vedi tra dieci anni?

In movimento ed in continuo cambiamento. Ma è davvero difficile capire e immaginare un futuro perché di base sono una persona estremamente concentrata sul presente. Non vivo nel passato e non vivo con l’ansia del futuro. Raccoglierò il buono che sto seminando oggi. Sicuramente avrò dieci anni di più e sarò anche più saggio. 

Cosa prevede il futuro artistico di Flavio Gismondi?

Continuo a scrivere e a mandare avanti parallelamente alla mia carriera teatrale, quella cine-televisiva. Ci sono tantissimi progetti in vista perché fortunatamente ho avuto la pazienza di apprendere che non bisogna aspettare una fantomatica “chiamata”, ma che bisogna alzare il telefono e muovere l’universo se necessario. E soprattutto farlo in prima persona. Grazie per la vostra attenzione. 

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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