Ancora una volta in scena ne “L’illusione coniugale”, Attilio Fontana e Rosita Celentano, amici da sempre, pronti a raccontarsi…
Ancora insieme ne “L’illusione coniugale”, di Eric Assous con la regia di Stefano Artissunch, Attilio Fontana e Rosita Celentano, amici da anni e colleghi, divenuti poi ‘famiglia’, per scelta, felici di parlarci dei loro trascorsi, di questa esperienza teatrale che si rinnova…
Benvenuti su La Gazzetta dello Spettacolo, Attilio Fontana e Rosita Celentano. Attualmente siete nuovamente in scena ne “L’illusione coniugale”, una scelta dovuta ad anni di studio, da parte di Rosita. Cosa vi regala, ancora oggi, questa pièce?
Rosita: «Da quando ci conosciamo questo spettacolo ci ha regalato un’amicizia che va oltre. Siamo famiglia, anche se Attilio una famiglia reale ce l’ha, mentre io mi sono aggregata alla sua (ride). A livello umano, invece, posso dirti che queste connessioni per me nella vita sono fondamentali perché sono solita vivere per gli amici, che sono realmente la mia famiglia, ed adoro sceglierli con cura, cosa che faccio anche a livello professionale. Mi piace divertirmi, far ridere e così, dopo aver letto il testo nel 2015, ho pensato di unire le forze, proprio con Attilio, per poi trovare una produzione. La gente si diverte, ragionando con noi sul tradimento, senza buttarsi però giù. Certo, i tradimenti fanno paura, ti destabilizzano, ma se guardiamo a ciò che potrebbe capitare nella vita di ognuno di noi, è comunque tra le cose piu soft, al di là della paura stessa, del poterlo ricevere, un tradimento. Nel nostro testo c’è tanta ironia, dunque, tanta verità, un pizzico di cinismo, e se c’è da farsi una risata, per me vale quasi tutto».
Un ridere comune, dunque…
Rosita: «Esattamente! Il pubblico esce dalla sala divertito e spesso si interroga su quanto possa essere o meno peggio che sia l’uomo a tradire oppure la donna. A mio avviso, non c’è un peggiore o meno, non c’è un valido motivo, semplicemente può far paura il rischio, la complicità che si crea con l’altro. Tra l’altro, ti dirò, essendo stata spesso tradita, posso dirti che non c’è una sola responsabilità. Magari non è sempre un cinquanta e cinquanta ma nessuno dei due ne è comunque totalmente esente. La relazione va protetta, stimolata, e le difficoltà nella vita rappresentano un’opportunità di crescita».

Quali sensazioni sono legate alle tavole del palcoscenico?
Rosita: «Sono abbastanza una mosca bianca. Devo mangiare almeno due ore prima di andare in scena, e perché non posso lavorare a stomaco vuoto e perché non posso mangiare troppo tardi altrimenti non dormo (ride). Due situazioni che mi rendono abbastanza diversa da un mondo che viaggia con dei ritmi differenti. Per quanto riguarda il ‘panico da palcoscenico’, non avverto alcuna paura. Mi guardano come una pazza, pensando sia impossibile, ma in realtà è così. Ho molta emozione, felicità nel lavorare, ma nessun timore ad accompagnarmi. Forse è dovuto al carattere, al non avere paura di sbagliare, perché faccio sempre del mio meglio e, se sbaglierò, ok, capita a tutti, ma non mi destabilizza, non mi tira giù. Tanto, forse, è dovuto anche al fatto che sono cresciuta giocando sotto ai banchi della sala di incisione, sui set televisivi, difatti i nostri primi giochi erano scrivere soggetti per farci, poi, dei film. Andavo spesso al montaggio con mio padre, mi sentivo sempre a casa, senza paura alcuna del giudizio».
Qualcosa di positivo, dalla tua…
Rosita: «Non lo so! (Ride) Proprio ieri raccontavo che, grazie al cielo, mia madre e mio padre non ci hanno mai dato una pacca dicendoci di buttarci, di andare allo sbaraglio. Anzi, mio padre mi invogliava a prepararmi sempre, a migliorarmi. Forse è per questo che non ho paura delle critiche, legate anche a chi te ne rivolge una. Se a farmi presente un ‘suggerimento’ è una persona che ha una certa professionalità, comprendo, apprezzo, in caso contrario, non vivo il tutto con timore».
Quali maggiori consapevolezze ti ha regalato questo percorso artistico?
Rosita: «Amo potermi calare in personaggi distanti da me per poterne conoscere le sfumature emotive o psicologiche. Adoro potermi destreggiare in una giungla in cui devi riconoscere chi ti fa un complimento per mero interesse, chi per puro piacere. Vivo una vita semplice, di condivisione con gli amici, organizzando serate in cui coinvolgo persone di tutte le età, divertendoci come pazzi, buttandoci anche torte in faccia, per citarti un ricordo. Gli insegnamenti più grandi li comprendo con loro, nella vita di tutti i giorni, nel confronto con gli altri, nelle difficoltà. I miei amici sono da sempre le mie boe di salvataggio, così come i miei cani, da cui ho imparato la pazienza, il poter amare incondizionatamente senza giudizio, in una meravigliosa condivisione non verbale».
In quanto a te, Attilio, come procede questa bellissima vita in tournée?
Attilio: «Non si molla! È bella perché incontri il pubblico, conosci posti nuovi, con una compagnia bellissima, grazie a Rosita, che fa diventare tutto una magnifica scorrazzata tra amici. È stancante, certo, macini chilometri, visto che vivo quattro spettacoli diversi quest’anno, ma va bene così, con questi ritmi alti…».
Dal 2015 in giro con questo spettacolo e, chiederei anche a te, cosa sta regalandoti?
Attilio: «Tre tipi di qualità! Una qualità che ti consente di sentirti nell’acquario nel quale vuoi stare, perché lo spettacolo piace. Poi c’è l’aspetto progressione, perché siamo famiglia, ci si difende e vuole bene, poi c’è l’aspetto legato all’attuale, a qualcosa di divertente che, a suo modo, porta a riflettere. Rosita ha avuto questo intuito, creando una buona alchimia tra tutti noi, parlando al pubblico in maniera vivida, diretta, con una forte empatia dal vivo».
Un rapporto, quello che c’è tra voi, colleghi e amici da tempo, che un domani potrebbe portarvi a perseguire un nuovo progetto?
«Essendo due acquariacci, siamo sempre in pieno fermento creativo, pronti a scambiarci molecole, a guardare in avanti per proggettare altro, senza dimenticare il qui ed ora in maniera felice, armonica… Cosa che mi piace molto!».
A tal proposito, cosa ti ricorda “Benedetti e Clandestini”?
Attilio: «Con quella canzone, intanto, ho vinto una scommessa. Rosita al tempo mi disse che non avrebbe mai cantato, e invece… ha una musicalità pazzesca, e lo stesso vale in teatro, perché ha un bellissimo timbro vocale, quindi ho ritenuto utile stuzzicarla più che mai, con questo brano…».
Rosita: «L’ho fatto soltanto per te».!
Attilio: «Sono felice di quel brano perché è molto intelligente, ironico, e sono contento di aver impresso sulla pellicola musicale questo progetto. Andava fatto, specie per il connubio che si ha con una persona».
Una tematica importante, tra l’altro, necessaria come non mai, di questi tempi…
Attilio: «Esatto! Quando ci siamo confrontati volevo che Rosita inserisse anche il suo punto di vista nella canzone, dal momento in cui si batte spesso per la causa. L’ha arricchita ancor più, l’ha fatta anche sua».
Nel tuo percorso anche “Sulle orme di Marco Polo – Pippo non lo sa”, il corto in cui compare anche tuo figlio, Blu?
Attilio: «Sono contento che Blu abbia assaggiato questo tipo di esperienza, seguito anche da una bravissima coach. Il ruolo, d’altronde, è stato scritto per lui ed era giusto che ne facesse parte. Ne è stato protagonista, ed ha rappresentato una vera sorpresa, senza velleità attoriali, senza alcuna pressione psicologica».
Cosa aspettarci dal tuo futuro artistico?
«Se hai un bravo indovino a cui chiedere presentamelo pure perché mi piacerebbe saperlo! (Ride) Continuo con questa ricerca di me, in questa nevrosi creativa, provando ad individuare progetti in cui c’è una forte empatia umana e artistica. Cerco di non vendere bugie! Sperimento con persone che hanno il mio stesso tipo di alfabeto, senza seguire per forza ambizioni numeriche, anche se è quella che spesso fa andare avanti molte cose. Sono sempre più un artigiano o, se vogliamo, un produttore di vino. Non sarà il Tavernello, ma chi sceglie quella bottiglia deve sapere che il suo sapore è buono».
E chissà che non ci sia modo di ritrovarvi presto insieme, per una nuova intervista?
«Si, certamente! Navighiamo a vista».
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