Eleonora Ivone: ecco la sottile trama del Destino

Eleonora Ivone con il marito Angelo Longoni

Eleonora Ivone: ecco la sottile trama del Destino

Parliamo di destino, di recitazione, di cinema e teatro in questa intervista all’attrice e regista Eleonora Ivone.

Esistono storie che in molti casi si rincorrono, fanno giri improbabili e si ritrovano, sotto la sottile trama del Destino; allo stesso modo, esistono persone che, senza alcun particolare legame si attraggono, percorrendo la linea sottile del Destino; questa premessa, per accogliere l’intervista all’attrice e (come gioco del destino) anche regista, Eleonora Ivone.

Attraverso lei, percorreremo per grandi linee il ritratto di Angelo Longoni (suo marito) regista, scrittore e drammaturgo che, ha lasciato le scene della vita, troppo presto e con una eredità artistica tanto grande. Affinché su persone come Angelo, instancabile drammaturgo, uomo, marito e padre meticoloso, non scenda l’oblio. Perché, come si dice, si esce di scena solo quando non si è più ricordati.

Benvenuta Eleonora Ivone sul quotidiano “La Gazzetta dello Spettacolo”. L’ultimo romanzo di Angelo, Destino pubblicato postumo, narra le vite di tre personaggi diversi per percorso di vita, ma che il destino stranamente li unirà. Ce ne vorresti parlare?
In realtà queste tre vite non hanno nulla in comune, solo il caso e il destino, farà sì che una valigetta piena di soldi, venga in contatto con due dei tre protagonisti. Così queste tre vite, per caso, si incontrano e danno vita a cose impensabili. Perché come Angelo amava dire, di questa storia: “In poco tempo tutti sono impegnati in una fuga e in un inseguimento”,  che può essere o fuga o inseguimento,  da una parte e dall’altra, in base all’ottica con cui la si osserva. Una fuga che diventa la metafora di: paura, sopravvivenza, riscoperta, innamoramento e anche il fatto che nella fuga questi due personaggi, si ritrovano e si studiano. Quindi c’è un discorso che si può fare, partendo dal presupposto che questi non hanno niente in comune, tre vite con dolori diversi, ma che il destino sparigliando le carte,  li obbliga a comportarsi in un determinato modo.

Cos’è davvero il Destino? Che peso dava Angelo a questo concetto?
Ma guarda, in realtà la risposta è tra le righe di questo romanzo. Leggendolo, lo si capirà. Angela, devi sapere che non c’è mai una pagina di questo romanzo che non sia intrisa della consapevolezza in Angelo, di quella terribile malattia. Infatti il personaggio di Franco, è in assoluto il protagonista che gli corrisponde, ed è anche commovente ripercorrere, da una parte per me che lo conosco, l’iter psicologico che  ha fatto Angelo scrittore e Franco personaggio, nell’assimilare e poi nell’elaborare il lutto al quale il destino l’ha messo  di fronte.  Cioè l’elaborazione di un lutto che era la consapevolezza di una malattia dalla quale non si può fuggire. Però il gioco del destino, in lui ha fatto sì che una persona che è ai margini della società, nel caso specifico di Franco ( un uomo che ha il lavoro in crisi) in realtà il destino gli regali l’opportunità di cambiare la propria vita.

Quindi c’è come una sorta di destino vissuto come Deus ex machina, che permette ad uno dei tre protagonisti, in qualche modo, di poter cambiare le sorti del proprio destino, in modo casuale. Per quel che riguarda Angelo, noi abbiamo cercato in tutti i modi, soprattutto lui, di cambiare quotidianamente il destino. Questa è la cosa alla quale ci siamo attaccati di più. Nella possibilità di cambiarlo giornalmente, dando un verso agli accadimenti che, in un qualche modo, si potessero trasformare a suo favore. In tutto questo era intrinseca la consapevolezza, da parte di Angelo, di avere una malattia incurabile. Nel senso che sapevamo che prima o poi, la malattia avrebbe avuto il sopravvento, come purtroppo è stato.

Quando Angelo ha pensato alla stesura di questo romanzo?
Guarda, c’è un percorso che ha fatto questo romanzo. Che nasce da una straordinaria consapevolezza,  dalla quale e alla quale io sono giunta ad un certo punto della nostra vita professionale. Questa complicità lavorativa si era venuta a creare tra noi due nei decenni e che, alla fine, negli ultimi otto anni ha avuto un sopravvento pazzesco. Nel fatto che nessuna delle scritture, che lui era in grado di creare, sia nella drammaturgia, nella  cinematografia che televisiva, siano state  mai scollate l’una dall’altra. Questo romanzo trae ispirazione da un testo teatrale che io avevo tanto amato e che è il primo testo teatrale che lui aveva scritto. Uno spettacolo bellissimo che mi ha fatto capire chi veramente fosse Angelo scrittore. Un lavoro interpretato da Amanda Sandrelli e Blas Roca Rey, dal titolo Bruciati. Diciamo, quindi,  che l’incipit di questo testo teatrale è la matrice iniziale del romanzo.  Uno spettacolo che vide il suo debutto nell’agosto del 1993 a Taormina; che andò benissimo e che raccolse delle ottime  recensioni. L’aneddoto buffo, legato a quel debutto, fu che mia madre all’epoca non mi fece andare, perché ero troppo giovane e poi  disse che Angelo ed io ci conoscevamo da poco tempo. Tornando a noi, la matrice drammaturgia di Angelo è fortissima, lui anche nei momenti di crisi professionale,  l’ho sempre invitato a tornare al Teatro, che ha rappresentato la sua origine artistica e professionale.

Per il Teatro, Angelo possedeva una scrittura estremamente cinematografica e questo per lui era una forza. Tutto quello che lui scriveva per il teatro, aveva sempre due piani di lettura: quello prettamente teatrale, in cui tu vedevi l’impianto del teatro, con le sue unità di spazio, luogo e tempo, entro le quali si sviluppa il teatro in modo classico, ma nello stesso tempo i suoi testi avevano una visionarietà che ti proietta nel  cinema. Per cui, la sua scrittura era completa solo quando lui la vedeva realizzarsi. Poi Angelo, nella regia aveva un grande rigore. Quando metteva in scena le sue opere, non aveva paura di fare tagli e neppure dei consigli, di  plasmare le sue opere minuziosamente o anche di ridiscutere le battute. Lui era un regista estremamente aperto. Mentre metteva in scena un’opera teatrale, era solito dire sempre “ Facciamola… vediamo come viene”. Aveva un livello di creatività pazzesco, per cui era sempre pronto a mettere in scena ciò che creava.

Pertanto sono sempre stata convinta che proprio la sua fonte principale fosse il teatro in modo indiscutibile. Lui era nato per il teatro. Dopodiché la sua immensa curiosità e capacità di spaziare nelle scritture che lui amava, lo rendevano un conoscitore delle cose, che approfondiva e  si informava  tantissimo. Non si soffermava mai alla prima notizia, ma studiava e approfondiva, senza fermarsi al primo intoppo. Lo ha sempre fatto, anche quando abbiamo realizzato Chi e io, l’ultimo testo teatrale.

Anche questo romanzo che è l’ultimo purtroppo, mostra la sua vitalità, quella tipica del ventenne. È sicuramente Angelo era destinato al percorso che ha realizzato. Ecco vedi, la parola destino ritorna perché su questo titolo ci siamo soffermati tantissimo. I suoi titoli erano secchi e precisi. Era il suo stile e la  sua modalità. Non c’era dubbio circa l’argomento e lui portava lo spettatore nell’argomento che trattava, già attraverso il titolo.

Il concetto che mi è piaciuto tanto, sulla quarta di copertina è la frase che a grandi linee sostiene che: “Il mondo è pieno di gente in salute, ma che muore prima di un malato, che non avrebbe una chance di sopravvivenza. Quanto possa durare la vita,  dipende da una distrazione, da un piede messo  in fallo. Non è sempre la gravità di una malattia a uccidere, ma il Destino.” Quanta verità in questo concetto secondo Eleonora Ivone?
Esatto! L’essenza del romanzo sta proprio in questo concetto. La vita di una persona può cambiare,  anche se non è condannato a morte. Puoi morire improvvisamente per un caso fortuito. Per cui non c’entra nulla la malattia, basta un imprevisto e in un attimo ti ritrovi la vita sparigliata da una casualità. In questa frase c’è l’essenza del romanzo.

Pensi, come è avvenuto per altre opere di Angelo, che anche Destino possa avere una trasposizione cinematografica?
Allora, al testo teatrale Bruciati  a cui  Destino  si rifà, dovrei metterci mano per attualizzarlo. Cosa che non escludo, perché è un testo che amo e mi piacerebbe rifare. Però con due giovani attori, di grande successo. Sarebbe bello metterlo in scena, questo sicuramente. Di sicuro sarà quello che farò, ma ci vorrà pazienza, perché nei nostri progetti c’è quello di realizzare  L’amore migliora la vita. Ricordo che anche per questo titolo (L’amore cambia la vita), quando lessi il testo, iniziammo a fare le solite riflessioni sui personaggi e come migliorarli e poi abbiamo pensato a come intitolarlo. Fino a quando non gli ho fatto notare il paradosso che c’era all’interno del romanzo, così gli proposi  L’amore migliora la vita. A lui è piaciuto e siccome Angelo è sempre stato meraviglioso, questa collaborazione, che mi ha sempre concesso e con la quale abbiamo trovato delle nostre linee, mi ha anche permesso di imparare quotidianamente.

Ma adesso che non c’è più , non ti nascondo che talvolta mi dico che non gli ho “rubato” abbastanza . È stato qui con me, per trent’anni e forse non gli ho fatto abbastanza domande. Ma subito dopo mi dico che non è vero perché abbiamo vissuto insieme e tutto quello che ci potevamo e dovevamo dire abbiamo avuto la fortuna di dircelo. Grazie al nostro lavoro abbiamo condiviso gioie e dolori, stando sempre insieme, costruendo la quotidianità, con dei ritmi  e prospettive diversi l’uno dall’altra. Però, per tornare a ciò che mi hai chiesto, sicuramente esiste già la sceneggiatura e con un po’ di calma ( dopo L’amore migliora la vita) si potrà pensare a realizzarlo.

Forse sarò inopportuna, ma se tu potessi far tornare Angelo in vita, cosa gli chiederesti che non hai fatto?

Pensa lui, poco prima di andarsene, mi disse che non lasciava nulla di scritto, nel senso qualcosa per quando non ci sarebbe stato più. In realtà mi ha lasciato tantissimo. Un romanzo da gestire, un film da finire, un altro film meraviglioso, che è  Modigliani il principe, una sceneggiatura meravigliosa da portare avanti. Io con Angelo ci ho parlato tanto, lui era una persona profonda, quindi non ti saprei dire cosa in particolare, perché sono tante le cose che vorrei potergli dire. Sicuramente la cosa che vorrei di più è poterlo abbracciare. Per quel che mi riguarda a conclusione di questa intervista, ritengo che c’è stato un piacevole scambio di chiacchiere, tra Eleonora e me, anche per il fatto che, come ci siamo dette, il  fascino della lettura risiede nel potere delle parole.

E come disse Franca Valeri: “Mi piace il teatro, bella copia della vita”.

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