In teatro con “Molto rumore per nulla”, dal prossimo 3 novembre in quel di Bagnacavallo, l’attore Marco Quaglia, ci racconta di sé, del suo futuro artistico, delle sensazioni che gli regala, di volta in volta, l’amato palcoscenico…
Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Marco Quaglia. Hai da poco debuttato ne “Molto rumore per nulla”, ad opera di William Shakespeare, al Teatro Romano di Verona. Quali sensazioni a riguardo e cosa ti ha regalato il pubblico durante queste prime serate?
Sì, è stato un debutto bellissimo. Ogni spazio ha una sua energia e salire su quel palco temevo sarebbe stato dispersivo ma, al contrario, pur contenendo più di 1500 spettatori, è un teatro accogliente in cui senti la vicinanza di tutti i presenti. In “Molto rumore per nulla” sono Don John, il bastardo, un personaggio sviluppato in maniera preziosa da parte della regista Veronica Cruciani, con una chiave di immagine diversa. Mi ha detto: sei un Riccardo III catapultato in una commedia con tutto il disagio che questo comporta. Possiamo dire, quindi, che seguivo un codice diverso dagli altri ma questo mi ha permesso anche di divertirmi partendo dalla fragilità di quest’uomo per arrivare a una malvagità sopra le righe. Con l’occhio attento di Veronica, che per fortuna era lì ad arginarmi. La forza di questo spettacolo è anche nella fortuna di avere un gruppo di colleghi meravigliosi e talentuosissimi. Il pubblico ha davvero gioito con noi.
Prove estenuanti, orari poco chiari ma, come sempre, la voglia di essere sul palcoscenico è più forte di tutto e accompagna da tempo il tuo vissuto. Cosa ti regala il teatro e quanto ancora c’è da realizzare?
Quando voglio essere sentimentale dico che il teatro è la mia casa, il luogo dove riesco finalmente a respirare. Può essere una vita difficile, è vero, ma è l’unica cosa che per ora voglio fare. La bellezza dell’attore risiede nel fatto che più passano gli anni e più senti che tutto ciò che cercavi durante il periodo di studio trova una strada, e questo qualcosa diventa poi organico. D’altro canto, forse non sono ancora riuscito ad avere una continuità in uno spazio che diventa il luogo dove creare nuove produzioni con un gruppo. Sono sempre stato un po’ spirito libero e legarmi ad una sola realtà è sempre stato difficile. Ci sono, però, artisti con cui ho lavorato ed ho molta voglia di continuare a condividere dei percorsi insieme a tutti loro.
C’è stato un tempo in cui eri spesso presente nelle case degli italiani con una nota serie, “Incantesimo”. Che ricordo hai di quella esperienza, della notorietà che ti ha regalato?
La televisione è stata una palestra incredibile! Dovrebbero farla tutti i ragazzi appena usciti dalle accademie. Capire come funziona il set, soprattutto i tempi che sono diversissimi dal teatro, è stato molto prezioso per quando poi mi sono trovato su un set cinematografico. Non ho avuto un rapporto bellissimo con la notorietà che è arrivata dal giorno alla notte. Ero molto timido e invece di godermi il momento ero abbastanza stressato.
Tanto è cambiato da quelli che sono stati i tuoi inizi. È cambiata la televisione, è cambiato lo spettacolo in sé. Che ricordo hai di quegli inizi, del Marco ragazzo?
Diciamo pure che oggi gli attori sono facilitati nel passaggio dalla televisione, al cinema e successivamente al teatro. Vent’anni fa era più settoriale e la cosa cominciò a spaventarmi. D’impulso lasciai un contratto per andare a fare il cameriere a New York, con lo scontento della mia agente dell’epoca, per usare un eufemismo. Tra una cosa e l’altra rimasi un paio d’anni e feci anche due spettacoli off-off Broadway. Ho interpretato il ruolo di Bartleby in “Bartleby Lo Scrivano”, dal racconto di Melville, accanto al grande Gerry Bamman. Un’esperienza tra le più speciali, tutt’oggi.
Chi è Marco Quaglia nel quotidiano, al di là del suo amato mestiere?
Nella vita di tutti i giorni, in generale, cerco la calma, visto che il lavoro mi porta a viaggiare e a una quotidianità instabile. E poi ci sono i miei animali, i libri, quei pochi e cari amici.
Quali progetti puoi anticiparci Marco Quaglia?
Tra poco uscirà una nuova serie Netflix dal titolo “Adorazione”. Interpreto il papà di una ragazza che sarà assassinata, per la regia di Stefano Mordini, quello de “La Scuola Cattolica”. Ho appena finito di girare, tra l’altro, una serie sui Santi prodotta da Martin Scorsese, in Marocco. Sarò parte della puntata su San Sebastiano.