Balu. Foto di Alberto Raia
Balu. Foto di Alberto Raia

Balu: io uso la Lingua Napoletana

Incontriamo Balu, giovanissimo rapper napoletano con un nome d’arte che fa riferimento al famoso orso “Baloo” del cartone Disney: Il libro della giungla.

Balu. Foto di Alberto Raia
Balu. Foto di Alberto Raia

Tra le sue certezze, c’è il fatto che non si rispecchia nella figura del rapper di strada, e per questo abbiamo deciso di farci raccontare qualcosa in più della sua musica.

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo. Chi è Balu? Da dove comincia il tuo rapporto con il mondo della musica?

Balu non è altro che Ugo Pollio, un ragazzo normale con un sogno nel cassetto, quello di farsi notare nel mondo della musica.
Il rapporto con la musica inizia verso i 10/11 anni, inizialmente facevo parodie per gioco con i miei amici, poi mi sono avvicinato al rap dopo aver scoperto Clementino e altri artisti/gruppi come i Cosang i Club Dogo. Ho pubblicato i miei primi testi anche con il nome di “Double Up”. Mi sono preso una lunga pausa e sono tornato in scena con il nome “Balu” nel febbraio 2019.

Qual è il tuo rapporto con il mondo dello Spettacolo?

Non sono Ancora nessuno per essere a stretto contatto con il mondo dello spettacolo, però a poco a poco mi sto facendo sentire per far capire che ci sono anch’io. Prima o poi arriverà anche il mio momento, ne sono sicuro e sarà grazie alla mia musica, perchè è ciò che riesco a trasmettere e perchè credo moltissimo in quello che faccio. In questo periodo ho avuto modo comunque di farmi notare da qualcuno e ricevere complimenti da chi fa questo da molto più tempo di me ed è un vero onore.

Il dialetto napoletano per esprimerti in musica. Ci racconti questa scelta?

Scusate se mi permetto, io non uso il dialetto, ma uso la “Lingua Napoletana”. Il napoletano è una vera e propria lingua e ci tengo molto a precisarlo. Ho scelto di scrivere il pezzo in napoletano poiché il napoletano stesso già è poesia così com’è e riesco ad esprimermi al 100%.

E invece la musica che ascolti di solito?

Non ho un genere musicale preferito a parte il rap che ascolto con più frequenza. Cerco di ascoltare un po’ di tutto, secondo me non è tanto il genere ma è ciò che la musica riesce a trasmettere. Io cerco sempre di captare le emozioni racchiuse in una canzone positive o negative che siano, l’Importante è ricevere un qualcosa.

Cosa pensi del mondo della musica rap, e da cosa si differenzia il tuo rap da quello “di strada”?

Il mondo del rap è pieno di sfumature, molto ricco e molto vario. Nel tempo si è evoluto tantissimo, prima c’era più ricerca nel fare rime complesse, nello scrivere qualcosa di concreto, ora si pensa molto di più al sound e all’apparire. Certamente non tutti hanno questa ideologia. Ce ne sono parecchi che spaccano. Io cerco di distinguermi abbattendo lo stereotipo di rapper da strada, non tanto per una scelta strategica , ma perché è un modo che non mi appartiene. Io esprimo me stesso e chi sono io, non altro.

Cosa ci racconti dei tuoi nuovi progetti professionali e di Ancora?

Progetti in corso ce ne sono tanti e sto cercando di cucirli al meglio delle mie capacità per potervi regalare nuovi pezzi. “Ancora” è un pezzo che mi rappresenta tantissimo, parlo di me in prima persona, quello che racconto è successo realmente. Oltre alla scrittura del testo, “Ancora” è stato un pezzo che mi ha permesso di esprimere al meglio lo stile che più mi rappresenta.

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