Non solo Loris Batacchi, di Andrea Roncato
Non solo Loris Batacchi, di Andrea Roncato

Andrea Roncato: ridere è la medicina giusta

Non solo Loris Batacchi è il libro che vede protagonista l’attore Andrea Roncato, amatissimo dai molti.

Aneddoti dal set, personaggi e quanto altro in questa lunga intervista, ad opera di Antonio Santoriello. Un modo per poter conoscere ciò che risiede dietro la macchina da presa, con un artista che ha fatto la storia della nostra televisione e del cinema italiano. Un uomo che ancora oggi crede che far ridere sia la giusta medicina contro ogni male.

Ben ritrovato su La Gazzetta dello Spettacolo, Andrea Roncato. Come stai?

Benissimo, grazie!!

“Non solo Loris Batacchi”, la lunga intervista che ripercorre buona parte del tuo vissuto, tra aneddoti e ricordi dal set. Cosa puoi dirci a riguardo?

Si è trattato di un divertentissimo viaggio a ritroso nel mio vissuto, realizzato da un giornalista molto preparato, con cui ho trascorso alcuni giorni a stretto contatto. Sono tanti i fan che mi chiedono di raccontare loro degli aneddoti del mio vissuto. Con questo libro mi auguro di aver appagato buona parte delle loro curiosità.

Il libro è disponibile di seguito:

C’è qualcosa di importante che ti sei pentito di non aver detto in questo tuo secondo libro?

Il libro è davvero ricco di particolari, di informazioni, di tanto lavoro. Ho preferito, ovviamente, tralasciare la mia sfera privata, così come i rapporti vissuti con alcuni colleghi/e, soffermandomi su quelli che sono stati i miei personaggi, sfatando il mito del mio essere un playboy. C’è stato un precedente libro, in passato, in cui ho avuto modo di parlare in maniera approfondita dei miei amori, della mia famiglia, dei miei bassi e dei miei momenti felici. In questa occasione, invece, ho voluto parlare dei miei mille personaggi, spiegando loro quanto io sia diverso da Loris Batacchi e da tutti gli altri “volti” portati in scena.

Oltre Loris Batacchi, quale altro personaggio ti è rimasto nel cuore e, a tuo modo, vorresti poter riportare in vita, oggi?

Loris Batacchi era una caricatura, “Don Tonino”, invece, era un personaggio vero, da cui credo abbia preso spunto lo stesso “Don Matteo“. Come il mio personaggio, anche Terence Hill ha portato in scena un prete voglioso di verità, di venire a capo di casi legati ad omicidi e quanto altro. Sono figlio di un sacrestano e, nel girare appunto “Don Tonino”, a suo tempo, mi è sembrato di rivivere la mia infanzia, quando i miei giochi erano fra i banchi della sacrestia o sparsi in chiesa. Mi è sembrato di tornare indietro nel tempo e di sentire nuovamente l’odore dell’incenso, delle tuniche dei preti. Sarebbe bello poter portare di nuovo in televisione con quel personaggio che magari, nel frattempo, avrà avuto una carica più alta, e potrebbe benissimo riprendere il suo percorso, voglioso di nuove avventure, nuove scoperte.

Andrea Roncato
Andrea Roncato

Hai regalato, ed ancora oggi è così, momenti importanti al pubblico misti a tanta allegria. Quanto pensi sia importante poter far ridere, ancora oggi?

Credo che far ridere sia da sempre una medicina giusta, bellissima, qualcosa di cui abbiamo realmente bisogno, oggi. Ridere fa davvero bene alla vita. La forza di andare avanti, nonostante tutto, si riconduce a tutto ciò, al sorriso, al combattere ogni ingiustizia della vita, con semplicità.

Sei un bolognese trapiantato a Roma. Senti mai la necessità di ritrovare le tue origini, il tuo vissuto di un tempo?

Credo che ognuno di noi viva in continua apnea, nell’attesa di tornare a respirare la propria aria di casa, le proprie radici. Sono metà veneto, da parte di padre, e metà bolognese. Il mio cognome, Roncato, è difatti un cognome veneto, padovano. Roma, ovviamente, mi è comoda, lavorativamente parlando, ma è noto che nel mio cuore vi sia la mia Bologna. Amo i suoi portici, la sua atmosfera, la sua allegria, i negozi belli che ha, gli aperitivi nei bar giusti con le cose giuste da mangiare e tanto altro. Quando sono giù di morale, o comunque malinconico, la sogno spesso, immaginando di essere sulla San Luca, una bellissima collina di Bologna. Vivo in una bellissima città, ma come Bologna nessuna, almeno per me.

Gli animali sono parte integrante del tuo vissuto ed è così da anni, fortunatamente. Quanto amore nutri nei loro riguardi?

Gli animali rappresentano una grande forza. Mi sono ritrovato da solo, nel giro di pochi anni, dopo aver perso i miei genitori, da figlio unico. Gli animali, a loro modo, mi hanno riempito la vita dandomi affetto, amore. Sapere che c’è qualcuno che ti vuole bene ti rende capace di mettere in piedi la tua fortuna. Quando ho avuto dispiaceri, o semplicemente dei problemi, ho sempre fatto affidamento su di loro. Sanno volerti bene su ogni cosa, che tu sia ricco, povero, basso, vecchio o giovane.

Chi è oggi Andrea Roncato?

Sono una persona normale, legato al proprio lavoro, che porta avanti con la passione di sempre. Amo mia moglie, la mia famiglia, i miei animali, i miei amici. Per amici intendo tutti coloro che fanno parte del mio reale vissuto, che siano attori, politici o persone che affrontano giornalmente lavori umili, ma comunque importanti. Questo per dire che, posso uscire con una persona nota ma, il giorno dopo, posso benissimo uscire con il fruttivendolo di fiducia, semplicemente perché sono il primo ad affrontare uno stile di vita normalissimo. Spesso si pensa che gli attori vivano una vita agiata, a prescindere, invece no. Ho una casa, un auto normalissima, non ho case al mare o in montagna. Da sempre, dai miei inizi nello spettacolo, ho sempre pensato che la felicità derivasse dal rendere felici anche le persone che abbiamo intorno. Ricordo che, se entravo in un negozio insieme al mio autista per comprare un maglione, dovevo comprarlo anche a lui per sentirmi davvero appagato, sereno. Non si può essere felici di una cosa che hai solo tu, bensì essere felici di qualcosa che si può condividere con un’altra persona.

Andrea Roncato c’è qualcosa che non è ancora riuscito a dire, che riguardi il tuo percorso artistico o semplicemente il tuo vissuto?

Ho sempre voluto fare l’attore, realizzando, all’inizio, film comici. Nel tempo ho poi avuto modo di realizzare altro, diversamente dal comico. Ho avuto modo di diversificare quindi il mio percorso artistico, regalandomi la possibilità di svestire i panni del solito ruolo simpatico, rischiando di scindere nel ripetitivo, perché vicino a me stesso, alla mia persona. Ricordo che lavorare con Pupi Avati mi diede modo di imparare a recitare con il cuore, rivivendo la mia vita, affidandola al personaggio a cui ho prestato volto e voce. Quando utilizzi ciò che hai nel profondo del tuo cuore, inevitabilmente, tiri fuori un pezzo del tuo vissuto. Con Avati, appunto, mi sono reso conto di aver portato in scena, per alcuni istanti, la morte di mio padre. Erano tutti in lacrime sul set e in quel frangente, lo ricordo bene, mio padre non era con me, ma viveva dentro di me. Una sensazione fortissima, utilissima, tangibile.

Il tuo personale concetto di felicità o, se vuoi, serenità?

Credo che serenità e felicità siano la stessa cosa. Come dicevo prima, non vivo di grandi cose, di grandi numeri. Preferisco cibarmi di un vissuto normale, affine al mio attuale modo di essere, senza circondarmi di tanto, quel tanto che porta a pensare di essere insicuri.

Che ricordo hai degli indimenticati Sandra Mondaini e Raimondo Vianello?

Sono stati personaggi importanti, di cui abbiamo visto la luce, la loro immensa grandezza, dovendogli poi dire addio, purtroppo. Due grandi artisti che non ritorneranno più, ma resteranno per sempre nella nostra memoria. Ricordo che io e Gigi realizzavamo le nostre serate in giro per l’Italia, anni addietro, finché non incontrammo Sandra, insieme a Bibi Ballandi, che ci volle con lei in uno spettacolo teatrale. Stava cercando, in quel periodo, delle spalle che la affiancassero in giro per lo stivale. Convention, piazze e quanto altro diventarono il nostro palcoscenico, caratterizzato da noi tre soltanto. Ci portò, successivamente, nel suo show “Io e la befana”, dando così il via alla nostra carriera televisiva e cinematografica. Dormivamo a casa loro, mangiavamo insieme a Milano, eravamo davvero in confidenza con Sandra e Raimondo. Anni dopo, nel 1997, mi chiamarono per la seconda stagione di “Cascina Vianello”, in cui interpretavo il maresciallo che aiutava Raimondo a risolvere i casi. Ad essere invaghita di quel mio personaggio, Giorgia Trasselli, la nota tata di Casa Vianello. L’ho risentita, negli ultimi tempi, per fornire una prefazione al suo libro, “Scusi, lei fa teatro?”. Sono stata felice di ritrovarla, di poter rivivere quel pezzo importante della mia carriera. Di Raimondo ricordo l’allegria, il saper prendere in giro tutti, con eleganza, con tatto. Attori che davvero faticheremo a ritrovare, così come Monica Vitti o la stessa Raffaella Carrà. Non rinascerà una nuova Raffaella, una figura così importante, unica, immensa.

Come hai accolto, lo scorso luglio, la notizia della scomparsa di Raffaella Carrà?

La Carrà non è mai stata un personaggio qualunque. Raffaella Carrà era lo spettacolo. Quando manca una persona del genere, inevitabilmente, ti ritrovi spaesato, quasi orfano e, soprattutto, incredulo.

Andrea Roncato cosa puoi anticiparci sul tuo futuro artistico?

Lo scorso anno ho preso parte al film “SelfieMania”, della regista Elisabetta Pellini. Il cinque maggio, invece, uscirà un nuovo film, realizzato insieme a Lino Banfi ed altri attori, per la regia di Chiara Sani, “Vecchie canaglie”. Non ultimo, potrete vedere anche “Evelyne tra le nuvole”, per la regia di Anna Di Francisca.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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