La scrittrice Carla Magnani nasce in Toscana, ma da molti anni risiede in Lombardia dove ha esercitato la professione di docente di lettere in istituti superiori e scuole medie della provincia di Milano e di Brescia.
La sua produzione letteraria, se si esclude un periodo giovanile in cui si è dedicata alla poesia, vincendo anche dei concorsi, ha visto la nascita del suo primo romanzo “Acuto”, solo nel 2015, per poi proseguire nel 2019 con l’uscita del secondo dal titolo “L’ombra del vero”, edito da Le Mezzelane.
Benvenuta Carla Magnani. Come spiega una così lunga astinenza dalla scrittura?
L’unica spiegazione la trovo nel detto: ogni cosa a suo tempo. Questo vale anche per la scrittura. Non ci si può imporre di scrivere a comando, o almeno, non se si punta a un risultato che possa essere definito accettabile. Io, per molti anni, non ho sentito l’esigenza di farlo. Ho continuato a leggere, per lavoro e per diletto, ma ho evitato la scrittura anche quando una storia si faceva avanti nella mia mente. Per mancanza di tempo? Anche. Ma soprattutto perché non mi sentivo pronta a metterla su carta, pur nella convinzione che un giorno l’avrei fatto. Cosa che è avvenuta con “Acuto”.
Ci parli del suo secondo romanzo: “L’ombra del vero”. Qual è il motivo che l’ha spinta a scriverlo e c’è una correlazione con il primo?
Il legame con l’altro romanzo consiste nel riprendere un tema comune a tutti noi e già affrontato in “Acuto”: quello della paura. Se nel primo la protagonista delega gli altri a compiere le scelte più importanti da affrontare nella vita, perché non si sente pronta a compierle, in questo ultimo Anastasia, per tutti donna vincente e invidiabile, non regge il ruolo che un mondo distratto le ha affidato ed esaspera la sua inadeguatezza nei confronti della stessa esistenza tanto da temerne gli inevitabili sviluppi e decidere di porvi fine. Non le resta che la morte come unica via di fuga, come liberazione.
Se normalmente è la morte a farci paura, qui si inverte l’ordine e diventa la vita il pericolo estremo, ma qualcosa non va nel verso giusto. Questa volta Anastasia deve scontrarsi con il Caso, l’imprevedibile che la costringerà in coma in un letto d’ospedale.
Una situazione spiazzante per lei, donna abituata a volere tutto sotto controllo. In sala di rianimazione si troverà, a insaputa degli altri, capace di ascoltare e pensare. Le visite dei familiari, amici e personale ospedaliero diventeranno delle vere confessioni e la realtà assumerà aspetti fino ad allora sconosciuti. Per tutti è più facile aprirsi e svelare ciò che si nasconde anche a noi stessi quando si crede di non essere uditi.
La protagonista si trova così a trascorrere la maggior parte delle ore sola con se stessa e riprende un gioco che faceva da bambina con i coetanei. Un esercizio per mantenere attiva la mente o con qualche altra finalità?
Anastasia ha ora il tempo necessario per dedicarsi a se stessa, che troppo a lungo aveva trascurato. Il gioco infantile a cui si affida è quello della libera associazione tra lettere dell’alfabeto e parole evocative. Non solo quindi un esercizio per la mente, ma la creazione di una sorta di dizionario, dall’A alla Z, dei sentimenti e delle cose notevoli della vita. Seppure nella totale immobilità, quello da lei compiuto diventa un viaggio nel proprio Io che la porterà lontano.
Una storia, questa, scritta in prima persona e che non può essere affidata a dialoghi, bensì a flussi di coscienza. Tutto ciò ha rappresentato delle difficoltà nella stesura?
Ogni volta amo misurarmi con me stessa e vedere fin dove sono capace di arrivare. Narrare in prima persona permette di far sentire il lettore più vicino al personaggio, ma limitare i dialoghi e puntare su riflessioni, flussi di coscienza, appunto, mi ha messo alla prova. Devi riuscire a non annoiare, a mantenere viva la storia, a essere credibile, sempre e comunque.
Si ritiene soddisfatta del risultato ottenuto?
Nel complesso lo sono. A testimonianza ho i riscontri positivi degli addetti ai lavori e dei lettori che, avendo letto entrambi i miei romanzi, riscontrano in quest’ultimo una evoluzione, una crescita che mi fa ben sperare per mie opere future.
Quindi dobbiamo credere che la sua produzione narrativa non si interrompa, ma prosegua nel tempo.
Ritengo che sia difficile interrompere il rapporto che si crea con la scrittura, almeno che non intervengano fattori che ti costringano. Al momento il mio terzo romanzo è in attesa di editing e sto già lavorando al quarto. Io non scrivo per me stessa, almeno non solo, ma cerco una condivisione con gli altri perché credo che la funzione essenziale della scrittura e della lettura sia una specie di ponte verso il mondo e mi auguro di poter continuare nel tempo.