Marco Lugli per Martiri delle Sabbie

Martiri delle sabbie, di Marco Lugli

Un libro da leggere per andare a “scontrarsi con il pensiero dominante”. Ecco Martiri delle sabbie, di Marco Lugli.

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Con “Martiri delle sabbie” (Indomitus Publishing, luglio 2025), Marco Lugli firma il settimo capitolo della fortunata serie gialla dedicata al commissario Luigi Gelsomino, un personaggio che negli anni è diventato un vero e proprio cult per gli amanti del noir italiano. Fotografo e scrittore emiliano trapiantato in Salento, Lugli intreccia nelle sue pagine mistero, denuncia sociale e introspezione, raccontando un Sud magnetico e contraddittorio dove la bellezza convive con l’abuso, e le battaglie più nobili possono degenerare in fanatismo. In questa conversazione per la nostra rubrica Libri e Scrittori, l’autore ci parla di sé, del suo personaggio e delle ombre contemporanee che attraversano “Martiri delle sabbie”.

Marco Lugli, benvenuto sul quotidiano “La Gazzetta dello Spettacolo”. Gelsomino è un commissario segnato dal disincanto e da un profondo senso etico, anche quando lo porta a scontrarsi con il pensiero dominante. In che misura ti rispecchi in lui e dove invece vi allontanate?
«Sono molto felice che tu mi faccia questa domanda. Il senso civico e il rispetto dell’altro, inteso come rispetto delle libertà, della proprietà privata e del tempo – ossia le entità che io credo esprimano la vera ricchezza di una persona – sono alla base del mio pensiero “politico ed etico” e sono tra le poche caratteristiche che ho voluto riproporre nel personaggio di Gelsomino. Il pensiero dominante non è una cosa che guardo con favore perché le sue origini sono spesso oscure, innescate da interessi che non coincidono con il messaggio ufficiale e perché ritengo che il pensiero dominante faccia breccia non solo su chi condivide l’ideale di quel messaggio, ma anche su coloro che non sono attrezzati per un pensiero critico. Gelsomino, come il sottoscritto, rifiuta il fatto che un qualunque messaggio positivo – sia esso riferito alla pace, ai diritti delle persone o all’ambiente – possa essere veicolato da chi, per trasmetterlo, esercita qualche tipo di violenza fisica, estetica o verbale. Più l’attenzione mediatica è focalizzata su un’istanza che contiene un messaggio positivo e più coloro che si fanno portavoce di quell’istanza dovrebbero comportarsi come modelli di altrettanta positività in termini di pace, rispetto dei diritti e – nel caso del romanzo – dell’ambiente. Io e Gelsomino ci allontaniamo nel modo in cui affrontiamo la nostra vita privata. Lui, ad esempio, è simile al me ventenne nella sua ricerca di una serenità sentimentale: incapace di trovare la combinazione che apre la cassaforte dell’universo femminile. Tra lui e l’amore c’è una membrana osmotica: si innamora di tutte le donne che conosce, senza riuscire a far sì che una di loro si innamori di lui. Inoltre è molto più pigro di me: io adoro fare fatica anche nel tempo libero, lui si sacrifica al sudore solo se esso può portare alla soluzione di un’indagine».

Vivi e lavori in Salento da anni. In “Martiri delle sabbie” quella terra è protagonista tanto quanto i personaggi, tra luce e degrado, bellezza e ferite. Quanto c’è della tua esperienza personale in questa ambientazione così viva e contraddittoria?
«Osservo il basso Salento da oltre un decennio e ancora stento a comprendere il motivo delle contraddizioni che lo caratterizzano. Meraviglia e degrado convivono in un modo che non dovrebbe essere così simbiotico come invece è. Si tratta chiaramente di responsabilità di uomini che hanno fatto del raggiungere il necessario col minimo sforzo possibile, la loro filosofia di vita. Quando vedo discariche abusive, una inesistente estetica urbanistica e poco rispetto delle regole, penso che una terra così bella meriterebbe più iniziativa e meno rassegnazione, più attenzione e meno egoismo. Di indole non sono portato per le grandi iniziative popolari, ma per agire in modo corretto nel mio piccolo. Non sono credente, ma il precetto del “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” porterebbe grandi benefici sia qui in Salento come un po’ ovunque».

Nel romanzo metti in scena un ecologismo che si spinge oltre il limite, fino al fanatismo. Da dove nasce questa riflessione e quanto pensi che, oggi, la “causa giusta” rischi di trasformarsi in un nuovo dogma?
«Sono molto spaventato dai proclami allarmistici perché, come dicevo prima, possono far breccia su un pubblico fragile. Il romanzo è provocatoriamente preceduto da una citazione di Greta Thumberg che spinge le persone a comportarsi col pianeta come se esso fosse la propria casa in fiamme. Lo trovo un approccio profondamente sbagliato. Quando la casa è in fiamme, le persone si gettano dalla finestra e muoiono. Non è l’allarmismo che aiuta a trovare soluzioni, ma la scienza e – di nuovo – il senso civico. Starei anche molto attento a prendere per oro colato le parole di persone che sono modelli inaffidabili. La Thumberg, ad esempio, dopo anni di lotta ai combustibili fossili e subito dopo aver sperimentato lo spegnimento di alcuni riflettori che la tenevano sempre al centro delle cronache, non ha esitato a provare a raggiungere Gaza su una barca dotata di motore a combustione. Sono comportamenti che gettano dubbi e discredito su coloro che li attuano e che finiscono per indebolire quanto di buono c’è nel messaggio originale».

La tua formazione di fotografo emerge nella scrittura: le scene hanno un’impronta visiva fortissima, quasi cinematografica. Ti capita di “vedere” le storie prima di scriverle, come se le stessi inquadrando attraverso l’obiettivo?
«Forse più che l’essere un fotografo, ossia qualcuno che ferma l’attimo – mi aiuta il fatto di essere appassionato di cinema, dove lo spettro degli stimoli è molto ampio e dinamico. Immagino ogni scena come se fosse proiettata sullo schermo. Ci sono i protagonisti che dialogano, ma anche un contorno ambientale ed emotivo che dà spessore al momento».

Un’ultima curiosità… “Martiri delle sabbie” è il settimo romanzo con Gelsomino. Dopo così tante indagini, il personaggio ti appartiene ormai in modo totale o riesce ancora a sorprenderti, magari portandoti in direzioni che non avevi previsto?
«Che un personaggio vada da qualche parte in modo autonomo è una favola che certi autori raccontano per darsi un tono. Il personaggio si muove nella direzione che l’autore gli indica, non potrebbe essere altrimenti. Spesso va, però, dove l’autore non ha il coraggio di andare. Ho deciso spesso di far violare alcune regole a Gelsomino, come se per lui ci fossero alcuni limiti superabili pur di raggiungere la verità. Forse l’ho fatto perché volevo capire come mi sarei comportato io in un certo frangente. O forse, più probabilmente, perché so che sarei troppo vigliacco per sopportare le conseguenze di certe azioni, pur ritenendole buone, e mi accontento di godere in modo indiretto del coraggio e della determinazione di un mio personaggio».

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