Breve ma Intenso, di Debora Scalzo
Intervista alla scrittrice Debora Scalzo, definita una delle voci più autentiche e coraggiose del panorama culturale italiano.
Debora Scalzo è una delle voci più autentiche e coraggiose del panorama culturale italiano. Le sue storie attraversano giustizia, dolore, amore e rinascita, portando alla luce ciò che spesso resta nascosto. Con opere come “Paolo Vive”, “Oltre la Divisa” e l’atteso ottavo romanzo “Breve ma Intenso”, in uscita il 6 luglio in tutte le librerie italiane, Scalzo afferma con forza che la cultura può (e deve) cambiare il mondo. In questa intervista per la nostra rubrica Libri e Scrittori, si racconta tra sfide personali, sogni internazionali e progetti che lasciano il segno. Debora Scalzo non scrive solo libri o film. Scrive battiti. Ogni suo progetto è un grido, una carezza, una rivoluzione dolce e feroce insieme. E mentre ci invita a vivere brevemente ma intensamente, ci ricorda che il coraggio non è non avere paura, ma scegliere ogni giorno di attraversarla.
Debora Scalzo, ben ritrovata su La Gazzetta dello Spettacolo. Quando hai capito che la scrittura e il cinema sarebbero stati la tua strada?
Quando ho smesso di avere paura e ho iniziato a sanguinare su carta. Lì ho capito che quello non era un sogno, era un’urgenza. Il mio destino.
Con il docufilm “Paolo Vive”, hai portato la figura del Giudice Borsellino nel mondo. Cosa ha significato per te?
È stato un atto d’amore. Raccontare Paolo è stato come sedermi al suo fianco nel momento più buio, e dirgli: “Non sei solo. Il tuo esempio vive.”
Nei tuoi lavori parli spesso di coraggio. Ma cosa significa, oggi, “essere coraggiosi”?
Essere coraggiosi è scegliere di restare umani, anche quando il mondo ti chiede di diventare freddo. È continuare a credere nella bellezza, anche dopo la ferita.
Il tuo nuovo romanzo “Breve ma Intenso” è definito “una storia forte, per lettori coraggiosi”. Cosa puoi anticiparci?
È una storia che non chiede permesso. Ti entra dentro, ti costringe a guardarti allo specchio. Parla d’amore, di scelte, e di verità che fanno male. Ma che liberano.
Debora, protagonista del romanzo, è forte e vulnerabile. Cosa vedi di te in lei?
Vedo le mie notti insonni, il vuoto dopo il sipario, e il terrore di non essere mai abbastanza. Ho messo tutto quel tremore nelle sue mani, sperando che potesse trasformarlo in coraggio. Ma soprattutto vedo la sua salvezza nel suo lavoro, nella scrittura che per lei come per me è stata terapeutica nei momenti più dolorosi della mia vita. Vedo la forza dietro ai suoi pianti e i suoi sorrisi. Una donna potente che con penna, cinepresa ed emozioni autentiche conquista il mondo, rimanendo sempre se stessa.
Salvatore, protagonista di “Breve ma Intenso”, è un uomo complesso. Hai mai temuto di spingerti troppo oltre nel descriverne la fragilità?
Sì, ho temuto di varcare un confine delicato, perché raccontare la fragilità di un Colonnello significa entrare in un territorio sacro. Ma “Breve ma Intenso” non è solo una storia di dolore, è soprattutto un romanzo di fantasia che vuole svelare l’uomo oltre la corazza, con tutte le sue paure, le sue debolezze, ma anche la sua umanità più profonda. È un omaggio sentito e coraggioso all’Arma dei Carabinieri, a quegli uomini e donne che ogni giorno indossano una divisa fatta di onore, sacrificio e silenziosa dignità. Raccontare Salvatore è stato per me un atto d’amore, per dare voce a chi spesso rimane invisibile dietro la divisa.
Catania è l’urlo del cuore che non vuoi ascoltare. Perché hai scelto questa città come punto di partenza per il romanzo?
Catania è fuoco, verità, bellezza ruvida. Ti graffia l’anima ma poi te la restituisce più viva. È la scintilla che dà vita alla storia, il luogo dove si accendono passioni e segreti. Tra lava e mare, ho sentito il respiro di Salvatore: un uomo forgiato dal fuoco del dovere, ma capace di bruciare per un’emozione proibita.
Parma appare nel romanzo come un fondale silenzioso. Cosa nasconde?
A Parma si nascondono le verità di famiglia: ombre che si allungano, sussurri nel crepuscolo. Un luogo dove il silenzio parla più di mille parole.
Se potessi sussurrare una frase al tuo protagonista Salvatore, cosa gli diresti?
Lascia cadere la tua arma. Prendi la mia mano. E andiamo lontano.
Il film “Oltre la Divisa” sarà girato tra Sicilia, Svizzera e Brasile. Cosa ti ha spinta a raccontare questa storia e quali sfide ti aspetti nella produzione?
“Oltre la Divisa” è un viaggio nelle pieghe più profonde dell’anima di chi indossa una divisa ogni giorno, tra coraggio, dolore e dignità. Girare tra questi luoghi significa unire culture e storie diverse, raccontando un mosaico di verità universali. Le sfide sono immense, ma la passione è il mio motore.
Hai lasciato un lavoro sicuro in banca per seguire la passione per il cinema e la scrittura. Cosa diresti a chi oggi è bloccato dalla paura?
La vera prigione è restare dove non si vibra. Io ho scelto il vuoto e ci ho costruito un universo. E ne è valsa ogni rischio.