Super Size Me

Super Size Me, la recensione

Il documentario, si sa, è un genere cinematografico e televisivo il cui referente primario è la Realtà. Parliamo oggi di Super Size Me. Ciò che lo caratterizza, distinguendolo dal cinema di finzione, è la natura dei suoi protagonisti e dei fatti raccontati. I personaggi che lo spettatore guarda non sono degli attori, e gli eventi che si susseguono avvengono a prescindere dalla presenza della macchina da presa.

Super Size Me

“La vita colta in flagrante”: con questa espressione – utilizzata da Cesare Zavattini per descrivere la sua concezione di cinema – si è soliti descrivere anche la cinematografia documentaria. Ma il documentario non è mera osservazione della realtà. Ciò che ci viene mostrato è sempre il risultato di un intervento soggettivo, di uno sguardo capace di selezionare sprazzi di vita reale e ricostruirli sotto forma di racconto audiovisivo. Inoltre, anche nel macro genere Documentario – così come in quello di finzione – è possibile distinguere diversi sotto generi, diverse modalità di rappresentazione della realtà.

Una di queste è la modalità performativa. Super Size Me, film del 2004, è riconducibile a quel genere di documentario in cui la figura del regista è in primo piano. Il regista statunitense Morgan Spurlock decide di monitorare gli effetti che un’alimentazione interamente costituita da pasti da fastfood può generare. Per un intero mese, tre volte al giorno, si ciba nella famosissima catena McDonald’s registrando un netto aumento del peso e improvvisi cambiamenti d’umore. Sebbene il suo sia stato un esperimento estremo, Spurlock è riuscito a dimostrare la complicità delle catene di fastfood nel diffondere l’obesità e cattive abitudini alimentari negli Stati Uniti. Non a caso, la stessa McDonald’s ha deciso – dopo l’uscita del film – di eliminare il menu Super Size.

Super Size Me appartiene a quella modalità documentaristica in cui il regista è il protagonista assoluto del film. Così come Michael Moore (regista di Sicko e Fahrenheit 9/11), Spurlock assume un comportamento provocatorio, accusatorio e monopolizza la scena. Il suo obiettivo è quello di produrre un cambiamento nella realtà. Questa è la forza del documentario: la capacità di raccontare e allo stesso tempo sfidare la dimensione reale.

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