Selvaggia Lucarelli conduce Manuale per uomini e donne. Foto da Ufficio Stampa
Selvaggia Lucarelli conduce Manuale per uomini e donne. Foto da Ufficio Stampa

Manuale per uomini e donne, ecco la Lucarelli

Selvaggia Lucarelli alla conduzione del format Manuale per uomini e donne

Abituati a leggerla sui social e vederla in TV sempre pronta a mettere i puntini sulle “i”, ecco che oggi vi raccontiamo di una Selvaggia Lucarelli pronta alla sua avventura con l’amore e con Manuale per uomini e donne.

Selvaggia Lucarelli conduce Manuale per uomini e donne. Foto da Ufficio Stampa
Selvaggia Lucarelli conduce Manuale per uomini e donne. Foto da Ufficio Stampa

Su Studio Universal di Mediaset Premium, infatti, nel mese dedicato agli innamorati, Selvaggia Lucarelli presenta in prima TV un viaggio attraverso le declinazioni del rapporto complicato e controverso tra uomini e donne, legato ad una rassegna di 4 celebri film.

Si parte con Tootsie di Sydney Pollack con Dustin Hoffman e Jeesivca Lange e a seguire Qualcosa di cui… sparlare di Lasse Hallstrom con Julia Roberts e Dennis Quaid; Come farsi lasciare in 10 giorni di Donald Petrie con Kate Hudson e Matthew McConaughey e The English Teacher di Craig Zisk con Julienne Moore e Lily Collins.

L’appuntamento da non perdere con Manuale per uomini e donne è quindi a partire dal 7 Febbraio, ogni mercoledì alle 21.15, intanto vi lasciamo un estratto del “Manuale di Selvaggia”:

Tootsie

“Benvenuti, sono Selvaggia Lucarelli e questa sera vi introdurrò al “Manuale per uomini e donne”.Tranquilli, …non si tratta di un libretto di istruzioni su come diventare tronisti.

Non sono qui, nella veste di esperta di TV e di costume, neppure in quella di scrittrice: “Manuale per uomini e donne” non è un ciclo di letture sull’amor cortese ma una rassegna dedicata a quattro film che esplorano, in modi molto differenti, il complesso rapporto tra l’universo maschile e quello femminile. E quando dico “complesso”, la mia mente corre veloce all’affaire Dante-Beatrice più che ai Bosoni di Higgs. Perché, va da sé che è più intuitivo spiegare come una particella riesca ad attrarre la materia piuttosto che l’attrazione tra uomini e donne, così tragicamente diversi tra loro.
È proprio questa diversità che la rassegna “Manuale per uomini e donne”, vuole indagare col piglio inquisitorio di Sandy in cerca degli indizi sui tradimenti di Michael, protagonista di “Tootsie”, il primo dei 4 film in agenda, diretto da Sydney Pollack ed interpretato, nel 1982, da Dustin Hoffman e Jessica Lange.

All’epoca, la locandina del film recitava: “Cosa viene fuori unendo un attore povero ed irrimediabilmente etero ad uno scintillante vestito rosso di paillettes?” (“What do you get when you cross hopelessly straight, starving actor with a dynamite red sequined dress?”) che a sentirlo, sembra quasi l’intro di un film sull’ascesa di Platinette nei salotti buoni del Maurizio Costanzo Show.

E, invece, tratta di Dustin Hoffman nei panni di Michael Dorsey, talentuoso e disoccupato attore di Broadway che, finalmente, riesce a raggiungere il successo professionale travestendosi da donna per recitare in un serial medico piuttosto pruriginoso in cui le infermiere sono il mero oggetto del desiderio dei medici.

Sul set, si innamorerà di Julie, una sua collega attrice interpretata da Jessica Lange. Nonostante le sei candidature agli Oscar, sarà soltanto lei a conquistare la statuetta come miglior attrice non protagonista. Attualmente la Lange gode, grazie alla sua partecipazione ad una serie tv cult, di una considerevole fama presso il pubblico dei giovanissimi. Un po’ come Gianni Morandi, ma senza aver avuto bisogno di incidere un singolo con Rovazzi, per sua fortuna. A proposito di featuring: Andy Warhol appare nel film in un piccolo cameo con Dustin Hoffman.

“Tootsie” tratta molteplici tematiche: dal maschilismo alla definizione del ruolo della donna passando per l’amicizia tra i due sessi. Michael, infatti, è un uomo sessista che, però, sotto le mentite spoglie di Dorothy, insegna a Julie cosa sia l’emancipazione in un interessante rovesciamento delle parti, come se un leghista si occupasse del rilancio della mozzarella di Battipaglia. Indossando il guardaroba di Dorothy che, a guardarlo oggi, sembra a metà tra un hippie e la Merkel, Michael entra in contatto con l’universo femminile capendo che, in fondo, sedere vicino al telefono in attesa di un produttore o aspettare la chiamata di un fidanzato non è poi così diverso. Insomma, il protagonista per tutto il film è costretto a truccarsi come la Marini, a camminare sui tacchi, a indossare collant graduati, a mettere ciglia finte, occhiali con montature improbabili e perfino abiti di cotone quadretti o pastello da direttrice del coro parrocchiale. E’ solo attraverso questo faticosissimo travestimento che riuscirà a comprendere le difficoltà nell’essere una donna. A trasformarsi in una creatura più sensibile. A captare i desideri femminili, insomma a innamorarsi e a diventare un uomo pieno di grazia, di empatia e anche di tenerezza.

A questo punto, parlo per me: se trascorrere un mese con una drag queen che mi ruba l’ombretto glitterato dal beauty case e poi improvvisamente si toglie la parrucca per dirmi “ok, sono un uomo e ti amo perché finalmente ho capito come mai quando hai i capelli crespi sei più intrattabile del chihuahua del vicino di pianerottolo”, ecco, se questo davvero è il dazio che io devo pagare, beh, io ci sto.

Qualcosa di cui sparlare

Benvenuti, sono Selvaggia Lucarelli e questa sera vi introdurrò al nuovo appuntamento della rassegna “Manuale per uomini e donne”, un viaggio attraverso le declinazioni del rapporto complicato e controverso tra uomini e donne.

Perché la vita di coppia è fatta di frasi sussurrate all’orecchio l’uno dell’altra come teneri amanti o come due che cospirano per le nomination in un reality.

Perché stare insieme è frutto di compromessi e di ultime possibilità irripetibili, di chi non sa proprio mettere fine alla sua storia o di quei tipi alla Giorgio Mastrota quelli che tanto, dopo un mese di ultime possibilità, poi alla fine te ne danno altre dieci.

Anche Grace, interpretata da Julia Roberts, non sa se porre fine al proprio matrimonio dopo aver scoperto i tradimenti di suo marito Eddie, interpretato da Dennis Quaid.

Grace è la classica donna sposata che crede di avere una vita perfetta fatta di piccole cose: l’amore per suo marito e sua figlia, la gestione della scuderia di famiglia e le riunioni con le altre mogli della piccola cittadina in cui vive. Scoperto il tradimento del marito, si accorge, però, di aver scambiato la routine per felicità non sapendo più cosa fare della propria vita: chiudere col passato e ricominciare oppure ricucire la sua crisi personale e matrimoniale?

Questa è la tematica principale su cui è costruita la commedia, datata 1995, “Qualcosa di cui sparlare” per la regia di Lasse Hallstrom che dirige un cast notevole con Robert Duvall e Genna Rowlands nel ruolo dei genitori di Grace e Kyra Sedgwick, candidata ai Golden Globes come migliore attrice non protagonista nel ruolo di sua sorella.

Qualcosa di cui sparlare è il primo film in cui Julia Roberts è costretta, da copione, a sfoggiare qualcosa di più evidente, di più ingombrante, di più smagliante del suo celebre sorriso: un bel paio di corna.

E questo, devo ammettere, mi ha regalato subito una sensazione di grande empatia nei confronti di Grace. E non solo perché è tradita per una sciacquetta qualunque, ma perché Grace, appartiene ad una specifica categoria di donne (tradite) a cui naturalmente appartengo anche io: quelle che di fronte al tradimento non hanno alcuna intenzione di “fare le superiori”, di dimostrare una qualche nobiltà d’animo, una superiorità morale o anche un accenno di elegante accettazione. No, Grace, è una di noi. E’ inelegante, fa le sceneggiate per strada, urla, starnazza, colpevolizza, accusa e non si preoccupa affatto di preservare la sua dignità. In compenso è circondata da una serie di personaggi che la invitano a tenersi le corna e pure a lucidarle come l’argenteria e per le più svariate ragioni: la madre, per esempio, le dice “Sono cose che capitano” come se lui non l’avesse tradita con un’altra, no, come se lui avesse messo gli avanzi del kebab nel secco anziché nell’umido.

Il padre poi addirittura la invita a ingoiare il rospo per questioni di affari, roba per cui io, al posto di Grace, avrei chiesto il divorzio non solo da mio marito, ma anche da mio padre. Alla fine, Grace, anche supportata dalla sorella, si trova a riaffermare la sua identità partendo da una decisione importante. Una decisione con cui potrebbe rivendicare finalmente la sua indipendenza: utilizzare il suo cognome da sposata o quello da nubile per firmare il suo libro di ricette? Ecco, naturalmente non vi spoilero il finale, ma sappiate che se io dovessi scegliere tra il mio cognome e quello da sposata, per firmare il mio libro di cucina, sceglierei senza ombra di dubbio quello da sposata. Naturalmente, solo se fosse GOSLING.

Come farsi lasciare in 10 giorni

Benvenuti, sono Selvaggia Lucarelli e questa sera vi introdurrò al “Manuale per uomini e donne”.

Una premessa è, però, d’obbligo: questo Manuale, mi spiace dirvelo, non è una guida rapida alla comprensione dell’altro sesso. Cari uomini, nessuno vi spiegherà mai come funziona la testa di una donna e care donne, purtroppo, nessuno vi dirà perché il genere maschile non sappia, ancora dopo tutti questi anni, quale sia ‘il solito posto’ dei calzini. Pensate, piuttosto, al “Manuale per uomini e donne” come una sorta di grimorio, una rassegna di film, in cui sono rappresentate le diverse sfumature del rapporto tra uomo e donna da cui trarre spunti di riflessione.

Dare spunti di riflessione sulle relazioni, è anche il compito che Andie Anderson, giornalista di costume interpretata da Kate Hudson, si vede assegnare nel film del 2003 “Come farsi lasciare in 10 giorni” diretto da Donald Petrie e con co-protagonista Matthew McConaughey.

Andie, infatti, dovrà trovare un uomo, farlo innamorare e commettere i tipici errori per essere lasciata in 10 giorni raccontando, poi, la sua esperienza in un articolo.

Vittima dell’esperimento è Benjamin Barry, interpretato da Matthew McConaughey che, però, non ha alcuna intenzione né di mollare Andie avendo scommesso con il suo capo di far innamorare una donna in 10 giorni, né di girare più di un paio di scene vestito sapendo che, di lì a 10 anni, per vincere un Oscar, avrebbe dovuto rinunciare al suo fisico statuario.

Negli USA, il film ha dato origine anche a un gioco da tavola molto venduto basato su quiz in cui scegliere tra affari e sentimenti, perdendo o conquistando un lui o una lei.

Da un film sulle dinamiche di coppia, più che un gioco a quiz, ci si aspetterebbe una versione rivista e corretta di Cluedo perché “un morto”, da una parte o dall’altra, ci scappa sempre. Ora, so che questo film appartiene al filone “commedie romantiche” ma direi che è anche una pellicola maschile, perché io invece lo inserirei a pieno titolo in quello “fantascienza”.
Diciamolo: che una donna decida coscientemente e scientificamente di farsi lasciare da Matthew McConaughey, E’ pura insindacabile fantascienza.

Comunque ho fatto finta di credere per tutto il film che davvero Kate Hudson ci esca solo per opportunismo ed è stata dura. E’ stato ancora più duro però, credere che Ben sia riuscito a sopportare per 10 giorni, sebbene per una scommessa anche lui, tutte le peggiori caratteristiche femminili concentrate in una donna sola. Neppure io racchiudo in un colpo solo tutti i difetti di Andie, per dire.

Qualche esempio? Andie pesa 45 chili con le estension bagnate e si sente grassa, una donna rivolge la parola a Ben e “tu ci stai provando con lei!”, chiama sua suocera prima che lui gliela presenti, immagina già il volto dei loro figli quando loro due non sono arrivati neppure al petting e così via, in un crescendo di paranoie e ansiogene aspettative femminili che fanno sembrare la Glenn Close di Attrazione fatale una donna da sposare. D’altro canto, anche Ben non è esattamente il miglior prototipo maschile in circolazione: seduttore compulsivo, sbruffone e con una compagnia di amici con cui il discorso più evoluto affrontato è “Stasera il poker a casa tua?”, ha l’unico pregio di farsi perdonare tutto in almeno due scene topiche del film: quelle in cui si sfila la camicia.

The English Teacher

Selvaggia: “Riflettevo su quanto sarebbe bello poter avere un manuale, in carta e inchiostro, su cui prendere appunti sull’altro sesso.

Mi rendo conto, ovviamente, che gli appunti su certe relazioni, scritti nero su bianco, più che a un manuale darebbero vita ad un fascicolo da consegnare a qualche bravo PM.

Sarebbe bello, però, raccogliere dati sull’altro sesso: magari anche solo catalogare nel manuale gli status di Facebook del nostro lui/lei come monito. Pensate a quelle che postano le foto dei loro outfit nei camerini o agli uomini che augurano il buongiorno alla timeline con caffè, cornetto e gattini. O meglio ancora: inserire nel manuale un giudizio sintetico sull’altro con tanto di voto finale.
Senza scadere in modalità ‘agendina del calciatore’ eh. Quello che ho in mente, è più simile ai voti che le maestre ci davano sulla pagella finale.

Un po’ come fa la professoressa di liceo Linda Sinclar, interpretata da Julianne Moore nel film del 2013 “The English teacher” per la regia di Craig Zisk, famoso per aver diretto episodi di serie tv cult come Scrubs, Streghe, Alias e Nip/Tuck.
Linda, 45enne insegnante di inglese in una scuola di provincia, passa la sua vita immersa nei grandi classici della letteratura e perciò, capite da voi, per una come lei passare da Ulisse agli uomini d’oggi che ti danno il buongiornissimo su WhatsApp non deve essere proprio una passeggiata.

E così tra un compito in classe e una rilettura dei monologhi interiori di Molly Bloom, Linda esce, senza successo, con gli uomini in cerca della sua amina gemella valutandoli come farebbe con un tema dei suoi studenti: giudizio sintetico e voto.

La sua vita ordinaria viene, però, sconvolta da Jason Sherwood, interpretato da Michael -Angarano, suo ex studente tornato a casa dopo aver tentato, fallendo, la carriera di drammaturgo a New York. In lui, Linda vede il cuore puro di Oliver Twist, il genio di Ibsen ma, purtroppo per lei, non la paraculagine di Mattia Pascal. E così, si ritrova a finanziare l’opera di Jason per rappresentarla nel teatro scolastico finendo invischiata in una relazione sentimentale col ragazzo, stravolgendo la sua vita che, fino a poco prima, era stata semplice ed ordinaria come una camicetta di Lorena Bianchetti.

“The English teacher” merita di essere visto perché ha da insegnare ad entrambi i sessi.

Spesso, dicono che noi donne parliamo troppo e che non abbiamo il dono della sintesi. È ora di imparare da Linda: donne, non servono dieci appuntamenti per capire che lui non fa per voi, fermatevi alla prima volta che vi risponde con una emoticon. E voi, uomini, imparate che in un appuntamento, fin dai primi istanti, siete giudicati come foste in un talent show: da un momento all’altro possiamo buzzarvi e dire “per me è no”.

Su Redazione

Redazione Giornalistica

Lascia un commento