Federica Fracassi. Foto di Dirk Vogel
Federica Fracassi. Foto di Dirk Vogel

Federica Fracassi: sogno un ruolo importante al cinema!

Dopo un periodo di stop, legato ai teatri e allo spettacolo, incontriamo l’attrice Federica Fracassi. Disponibile, simpatica, spigliata, Federica ci parla dei suoi attuali progetti, delle sue passioni, dei riconoscimenti e del suo amato teatro.

Federica Fracassi. Foto di Dirk Vogel
Federica Fracassi. Foto di Dirk Vogel

Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Federica Fracassi. Come procede il suo vissuto?

Sto abbastanza bene, per fortuna! La pandemia mi ha permesso di continuare a progettare tante cose belle da poter presentare poi in teatro.

La pandemia, inaspettatamente, ha posto uno stop alle nostre vite. Lei ha sempre vissuto di teatro, di adrenalina.. Quali sensazioni sono legate alle tavole del palcoscenico?

Il teatro è la mia casa, la mia vita! Non esistono vacanze, sabato o domenica che possano reggere il confronto. Quel luogo così silenzioso, mi trasporta in una dimensione per me vitale, fondamentale, per cui non posso fare a meno di viverlo. Tre quarti della mia vita li ho passati lì, sul palcoscenico!

Che ricordo ha dei suoi inizi?

Mi sono avvicinata a questo mestiere con grande difficoltà e, al contempo, timidezza. Una timidezza che, ancora oggi, mi tiene compagnia. Ho fondato, negli anni, una compagnia insieme a Renzo Martinelli ed abbiamo anche un piccolo Teatro, chiamato I, a Milano. I miei inizi, quindi, sono stati molto esposti, legati anche alla cura dei testi, il che mi ha permesso anche di prendermi carico di grandi responsabilità.

Quale insegnamento porta con sé, in questo suo percorso artistico?

Ogni lavoro ci insegna qualcosa, inevitabilmente. Questa domanda mi porta, ad ogni modo, a riflettere. Forse, più di tutto, porto con me la relazione con il gruppo di lavoro. Un confronto che, durante la pandemia, è venuto a mancare. Scoprire, dal proprio compagno di palco, una bravura nell’analizzare il testo o altre capacità, è un qualcosa di importante, che ci porta ad incanalare energie, pensieri, sempre nuovi. Allo stesso tempo, mi piace indagare i testi, la drammaturgia contemporanea, farli esplodere, in un fare parallelo, da coautrice, creando così occasioni di approfondimento utili allo stesso spettatore.

Lei è una bravissima attrice di teatro, prestata anche al cinema e alla televisione..

Il teatro è differente dal cinema e dalla televisione. Lo spettacolo dal vivo, inevitabilmente, ti porta ad affrontare molte prove, differentemente dal ciak del cinema. Sino ad ora, vi dirò, mi ritengo fortunatissima perché ho fatto delle cose con tantissimi maestri. Ovvio che, se avessi modo di sviluppare un personaggio per un lungo lasso di tempo, avrei piacere di capire quanto teatro portare con me, su quel set.

Nel suo futuro vi sono alcuni spettacoli teatrali: “Amen”, “La febbre”, “Le Troiane”, “Le sedie”. Può anticiparci qualcosa?

“La febbre”, che sto attualmente provando al Teatro India di Roma, debutterà a Todi e, solo successivamente, a Roma. Sono felice di lavorare con una regista donna, Veronica Cruciani, con cui ho scelto questo testo, proprio durante il lockdown. Vi è poi “Amen”, di Recalcati, mio professore di filosofia del liceo. Accanto a me, Marco Foschi e Danilo Nigrelli. “Le sedie”, posso definirlo uno spettacolo svolta, provato in zona rossa, a Torino. La regia è di Valerio Binasco. “Le Troiane”, invece, è uno spettacolo che ha debuttato tra i due lockdown. Siamo felici di portarlo nuovamente in giro.

Federica Fracassi. Foto di Dirk Vogel
Federica Fracassi. Foto di Dirk Vogel

Tanti spettacoli e, di conseguenza, tanti spunti di riflessione..

Il teatro, a mio avviso, ha il dovere di porre delle domande, seppure con ironia, leggerezza, profondità o tragedia, se vogliamo. Se così non fosse, non avrebbe senso.

A settembre, ad aspettarla, anche alcuni premi: il Premio Hystrio e Le Maschere..

Il 12 settembre, a Milano, avrò modo di ritirare il “Premio Hystrio”, vinto come migliore interprete. Sono felice di questo riconoscimento, legato al mio percorso, ai tanti progetti. Per “Le Maschere”, invece, sono in lizza insieme a Donatella Finocchiaro e Lucia Lavia, per lo spettacolo, “Le sedie”. Sono felice di ciò, perché il tutto è stato inaspettato, davvero piacevole. I premi aiutano a sentire che ci sono persone che stanno seguendo il tuo percorso, dandogli valore.

Vi è un ruolo che non è ancora riuscita a portare in scena?

Adoro Čechov, ma non sono mai riuscita a portare in scena qualcosa di suo. Lascio una porta aperta al contemporaneo, avendo avuto modo di lavorare spesso a quei testi. Ultimamente ho avuto modo di prendere parte ad un podcast per il Corriere della Sera, in cui, Alessandra Sarchi, ha riscritto alcuni monologhi di grandi eroine che muoiono, facendole rivivere. Mi piacciono molto le figure letterarie. Stesso discorso per il cinema. Mi piacerebbe avere l’occasione di poter affrontare un ruolo grande, duraturo.

Cosa sente di consigliare a chi pensa di intraprendere il suo stesso mestiere?

Mi piace incoraggiare chi, a mio parere, sente di avere una grande passione per questo lavoro. Ad un certo punto, però, bisogna essere in grado di capire anche se è il caso di proseguire, o di lasciare questa strada per trovare altro. Parliamo di un lavoro difficile, pieno di dedizione, legato di certo ad una importante vocazione.

Cosa prevede il suo futuro artistico?

Attualmente viviamo un contesto difficile, in cui non vi è alcuna certezza. So di saper fare bene il mio lavoro ed ho intenzione di perseguire questa strada. Sogno sempre, come dicevo poc’anzi, un’esperienza al cinema di grande portata, continuando a lavorare in teatro con persone che stimo, per progetti sempre più belli. Avrei piacere di collaborare, tra l’altro, con persone con cui non ho mai avuto modo di realizzare ancora nulla, per potermi confrontare con nuove idee, nuovi modi di approcciare questo lavoro.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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