Incontriamo l’attore, Matteo Santorum, che ben presto potremo vedere non solo in teatro ma anche nella serie “L’appartamento Sold Out”.
In scena dal 4 al 7 dicembre ne “In casa con Claude 2.0”, previsto al Teatro Belli di Roma, incontriamo l’attore Matteo Santorum voglioso di raccontarci di questa nuova esperienza, della passione che nutre per la recitazione…
Benvenuto sul quotidiano “La Gazzetta dello Spettacolo“, Matteo Santorum. A breve sarai in scena con lo spettacolo, “In casa con Claude 2.0”, ad opera di Giuseppe Bucci. Come stai preparandoti ad affrontare questa esperienza?
«Mi sto preparando osservando e studiando, come possibile. Sono un grande ricercatore, abile nel lasciarmi ispirare e attraversare da istinti, immagini, ricordi e melodie. Tutto questo mi serve per arrivare alla verità del testo, dell’autore, del regista e, soprattutto, del personaggio».
Quale riscontro ti auguri di poter ottenere da parte del pubblico, quale messaggio lanciare all’interno di questa pièce?
«Quale riscontro mi auguro da parte del pubblico? La verità è che cerco di non pormi delle aspettative. Questo perchè spesso le aspettative ci chiudono, ci fanno immaginare confini rigidi, e così rischiamo di perdere la possibilità di essere stupiti, che poi è una delle cose più belle del vivere. Sicuramente, però, questo testo offre molti spunti su cui riflettere, soprattutto in un momento storico così delicato come quello che stiamo attraversando. Viviamo in una società che, da sempre, tende a incasellarci, a cucirci addosso verità che non ci appartengono, senza guardarci davvero e senza ascoltarci. Siamo spesso vittime di pregiudizi e preconcetti che finiscono per modellare la nostra identità più di quanto vorremmo. Ed è proprio qui che sento un forte parallelismo con Yves, il protagonista: ciò che lui fa nasce da una pressione sociale enorme, da un sistema che non si fa scrupoli nel definirti in base a ciò che vede, o crede di vedere, senza concederti il diritto di essere altro. Yves è il risultato di un mondo che non lascia spazio alla propria verità interiore. Ecco, spero che lo spettacolo, attraverso la regia e le nostre interpretazioni, possa ricordarci l’importanza di fare il contrario: di ritrovare la nostra verità, di proteggerla. Perché reprimere ciò che siamo non è una forma d’amore, né verso noi stessi né verso la società in cui viviamo».
Quali sensazioni sono legate alle tavole del palcoscenico?
«La prima volta che ho messo piede su un palcoscenico avrò avuto otto, nove anni. Da allora, ogni volta che tocco quelle tavole, sento qualcosa che somiglia a un richiamo antico: un senso di identità, di appartenenza al mondo. È come se il palco riconoscesse la mia voce prima ancora di parlare, come a ricordarmi chi sono davvero».
Quale ruolo non hai ancora avuto modo di toccare?
«Avendo solo 25 anni credo di avere ancora tantissimi mondi da esplorare, guardare, toccare e fare miei. In particolare, mi auguro di poter di nuovo incrociare un ruolo sfiorato in accademia, quello di Romeo, un personaggio che sento vicino e che continua a chiamarmi».
Cosa aspettarci dai tuoi prossimi progetti, quali anticipazioni a riguardo?
«Posso anticiparvi che il 28 novembre uscirà una serie Rai, “L’appartamento Sold Out”, a cui tengo particolarmente. A breve inizieranno anche le riprese della seconda stagione di Libera, che lo scorso autunno mi ha visto tra i suoi protagonisti. Ci sono altri progetti in arrivo che spero di poterti presto raccontare e, tra questi, mi auguro che “In casa con Claude” possa continuare il suo percorso, raggiungendo altri teatri e altre città d’Italia. È un testo che merita di essere ascoltato e che ha ancora molto da dire».
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