Opera di Periferia

Opera di Periferia: un Musical per accendere coscienze

Il musical di Peppe Lanzetta, “Opera di Periferia”, con Ivan Granatino e le Ebbanesis al Teatro Augusteo di Napoli. Scopriiamo di più!

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A distanza di anni dal suo debutto, l’opera musical “Opera di Periferia” di Peppe Lanzetta torna a calcare un palcoscenico importante, quello del Teatro Augusteo di Napoli, da venerdì 7 a domenica 16 novembre 2025. Un ritorno non casuale, ma necessario, che ripropone con forza il tema del malessere giovanile e sociale radicato nei quartieri dimenticati, un tema che, come dimostrano le cronache più recenti, è tutt’altro che risolto.

Lo spettacolo, definito a ragione un’«Opera musical dal grande impatto emozionale», si avvale di un cast eterogeneo e potente, sintesi perfetta tra teatro d’autore e nuove sonorità urbane. Accanto al drammaturgo e attore Peppe Lanzetta, brillano il rapper Ivan Granatino, l’attrice Maria Rosaria Virgili, il duo musicale Ebbanesis e il musicista e cantautore Maurizio Capone con i suoi Bungtbangt.

La Forza del Cast: Tra Rap, World Music e Teatro Crudo

L’attrattiva di questo allestimento, con la regia e le scene curate da Bruno Garofalo, risiede proprio nel sapiente mix di linguaggi artistici.

  • Ivan Granatino, rapper di spicco della scena napoletana, incarna l’energia e la frustrazione dei giovani di strada, prestando la sua voce – e la sua forte presenza scenica – alla denuncia sociale. La sua partecipazione segna un ponte fondamentale tra la drammaturgia classica e la cultura hip-hop, la vera «musica di grande contemporaneità» citata dal regista, che accomuna la protesta giovanile globalizzata.
  • Le Ebbanesis (al secolo Viviana Caldarelli e Serena De Siena) portano sul palco la loro inconfondibile interpretazione, in bilico tra tradizione e modernità, mentre Maurizio Capone & Bungtbangt garantiscono un supporto musicale vibrante e ritmico, utilizzando strumenti realizzati con materiali di riciclo, un dettaglio che amplifica il tema della marginalità e della creatività che nasce dal nulla.

Il testo di Lanzetta, che vide la luce per la prima volta nel 2009, anticipando molti dei conflitti sociali esplosi nelle periferie del mondo, mantiene una sua cruda attualità.

«Opera di periferia è stata scritta e portata in scena da Peppe Lanzetta nel 2009, in un momento storico che precedeva i malesseri delle periferie del mondo, sfociate in rivolte, manifestazioni, avvenimenti cruenti. Un linguaggio crudo, realistico, che riusciva a rendere concretamente il malessere di generazioni» – Bruno Garofalo, Nota di Regia.

Le Vele di Secondigliano come Specchio del Mondo

L’ambientazione dell’opera, le celebri Vele di Secondigliano a Napoli, non è una scelta pittoresca ma un dato di fatto sociale. Queste strutture, nate con l’intento di essere un’utopia abitativa, si sono presto tramutate in simboli di «ghettizzazione» e «deportazione a cielo aperto».

Garofalo nel suo commento estende il significato di questa periferia specifica, accostandola a realtà ben più distanti e globali, trasformando l’opera in un vero e proprio manifesto contro l’emarginazione. La Napoli di Lanzetta, quindi, non è un caso isolato, ma un esempio che trova eco in contesti come il Bronx americano o le Banlieue francesi. L’artista sceglie di «ambientare il malessere giovanile e sociale, alimentato da carenze globali».

Un Messaggio che Non Accetta Indifferenza

L’obiettivo dello spettacolo è scuotere le coscienze. L’opera è una «lente di ingrandimento sul malessere giovanile» che non si limita alla denuncia, ma suggerisce anche un «spiraglio di speranza» nella possibilità di ribellione e riscatto.

Le recensioni storiche e le recenti note stampa suggeriscono uno spettacolo che non lascia indifferenti. Non c’è spazio per cliché sulla “napoletanità” folcloristica; qui si parla di violenza, degrado e, soprattutto, di un’energia giovanile compressa che cerca disperatamente una via d’uscita.

L’uso di coreografie (curate da Orazio Caiti) che, secondo il regista, ricordano il «Caos di Guernica di P. Picasso e la Vucciria di R. Guttuso», suggerisce una rappresentazione teatrale che ambisce a una dimensione di tragedia globale, trasformando il dramma locale in un’immagine universale di conflitto e desiderio di cambiamento.

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