Michela Andreozzi

Michela Andreozzi rovescia il mito della perfezione

Michela Andreozzi torna a teatro con “Tutta da aggiustare” toccando temi attuali: dalla “dislessia emotiva” alla cultura woke.

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C’è un filo invisibile che lega pagelle stropicciate, l’ossessione per i finocchi gratinati, e la fatica di sentirsi a proprio agio nella vita adulta. Quel filo è la pressione costante, specialmente sulle donne, a essere sempre “in ordine”, adatte, impeccabili. Michela Andreozzi, attrice, regista e sceneggiatrice dalla cifra stilistica inconfondibile (come dimostrano i suoi film Unicorni e Nove Lune e Mezza), torna sul palco con il nuovo monologo, scritto con Giorgio Scarselli, Tutta da aggiustare, in prima nazionale al Teatro Manzoni di Roma.

Non è solo uno spettacolo, ma un atto di liberazione. Andreozzi, come una bambola a grandezza naturale in scena, incarna il simbolo di quel mondo perfetto e irrealistico dal quale è urgente affrancarsi. Il monologo è un viaggio comico e commovente in una vita mai perfettamente allineata, dove la protagonista convive con le voci interiori della bambina che “non si applicava”, della madre che la voleva “in ordine” e dell’adulta sempre in bilico.

La sindrome dell’«Intelligente, ma non si impegna»

Molti, leggendo la sinossi, si riconosceranno nella protagonista. Quante volte il giudizio esterno ha mascherato una difficoltà reale? Frasi come «È intelligente, ma non si impegna», «Non sta attenta», o «Si distrae con niente» sono, purtroppo, un refrain comune nell’infanzia di chi, magari, nascondeva una dislessia o un ADHD non diagnosticati. Andreozzi, come riportato da Sky TG24 in una recente intervista, ha intercettato un bisogno collettivo: «Ogni volta che parlo di questo aspetto, molta gente mi dice: “Ma non lo sai? Io pure ero dislessica, avevo l’ADHD, però nessuno me l’ha mai detto”».

Il monologo non offre diagnosi definitive, ma una sincera riflessione sui vissuti emotivi legati a un senso di inadeguatezza costante. Studi sulla dislessia e i DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) confermano che la mancata o tardiva diagnosi genera una forte sofferenza emotiva, portando a bassa autostima, frustrazione e, in alcuni casi, a problemi come ansia e depressione in età adulta (fonte: State of Mind, Focus DSA). L’attrice suggerisce una soluzione più umana della mera “riparazione”: l’accettazione. «L’unica chance che abbiamo è accettarci in pezzi, così come siamo. Siamo tutti rotti, e accettarlo permette di amare e rispettare i pezzi degli altri così come sono» dichiara l’artista.

Dal Palco ai Social: Temi Contemporanei Sotto la Lente

Lo spettacolo non si limita al racconto personale, ma si apre a una serie di temi di stringente attualità, affrontati con la leggerezza intelligente che è il marchio di fabbrica di Andreozzi.

L’insidia delle Diagnosi Affrettate sui Social

Uno dei passaggi più importanti riguarda le diagnosi affrettate dei social. Viviamo nell’era in cui piattaforme come TikTok o Instagram sono diventate, per molti, la prima (e a volte unica) fonte di informazione sulla salute mentale. Questo ha portato a una diffusione preoccupante di disinformazione, dove esperienze personali vengono spacciate per fatti scientifici e l’autodiagnosi di disturbi complessi (come ADHD, ansia o depressione) è diventata prassi comune. L’Università Bocconi e l’Istituto A.T. Beck evidenziano come l’uso eccessivo dei social possa contribuire ad aumentare ansia e depressione, anche a causa dei confronti sociali sfavorevoli. Andreozzi porta questo allarme sul palco, sottolineando l’importanza di superare l’etichetta superficiale per arrivare a un’autentica comprensione di sé.

Cultura Woke e Dislessia Emotiva

Altri argomenti affrontati sono la cultura woke e la dislessia emotiva nei rapporti moderni. La prima, spesso dibattuta anche sulle prime pagine dei quotidiani, è un tema complesso, utilizzato nel dibattito pubblico per criticare l’eccessiva attenzione al linguaggio e alle identità di minoranza. Andreozzi, tuttavia, non si schiera in modo didascalico, ma usa la lente dell’ironia per esplorare la fatica di navigare il “labirinto dei pronomi corretti”, come riportato in alcune sinossi dello spettacolo, mettendo in luce l’ossessione per l’«ordine» anche in questo ambito.

La “dislessia emotiva”, sebbene non sia un termine clinico ufficiale nel DSM-5, è entrata nel linguaggio comune per descrivere la difficoltà a comprendere o esprimere le proprie emozioni e quelle altrui, un’eco delle conseguenze psicologiche della disregolazione emotiva o di disturbi dell’attenzione. Lo spettacolo la utilizza per descrivere il disagio nelle relazioni contemporanee, spesso mediate e affrettate.

La Brocca Aggiustata

La sintesi dello spettacolo, forse, è racchiusa in una metafora offerta dalla stessa Andreozzi: «Dura più una brocca rotta aggiustata che una brocca nuova: una volta aggiustata, la brocca funziona».

Tutta da aggiustare è un invito ad abbracciare i propri “pezzi rotti”, a ridere delle proprie inadeguatezze e a ritrovare, fuori dall’algoritmo e dai filtri, la propria autenticità. È un messaggio utile e persuasivo: il coraggio non sta nell’essere perfetti, ma nel salire sul palco della vita e dichiarare, con la propria voce, di essere sbagliati bene. Un’iniezione di fiducia per chiunque si sia mai sentito fuori posto.

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