Eleonora Giovanardi. Foto di Mario Zanaria
Eleonora Giovanardi. Foto di Mario Zanaria

Eleonora Giovanardi: uno spettacolo condito con sagace ironia

Eleonora Giovanardi: uno spettacolo condito con sagace ironia

Il teatro nella vita dell’attrice Eleonora Giovanardi, il suo racconto in attesa di vederla in scena con “L’estinzione della razza umana”.

È di scena “L’estinzione della razza umana”, allo Spazio Diamante di Roma, e l’attrice Eleonora Giovanardi, tra i suoi protagonisti, è pronta a parlarci delle sensazioni vissute e del suo percorso artistico…

Benvenuta su La Gazzetta dello Spettacolo, Eleonora Giovanardi. A brevissimo in scena con “L’estinzione della razza umana”, scritto e diretto da Emanuele Aldrovandi, alla Sala Black dello Spazio Diamante, fino al 26 del mese. Cosa puoi ‘anticiparci’ a riguardo?
Il testo di Emanuele è una macchina perfetta: due coppie, confinate all’interno dei loro appartamenti per una strana pandemia, rivelano, attraverso dialoghi serrati, le reciproche paure, vulnerabilità e frustrazioni. La quarantena che stanno vivendo come una pentola a pressione fa alzare esponenzialmente la temperatura dei dialoghi fino allo scoppio finale. Grazie ad un’intelligente, quanto surreale, trasposizione riconosciamo in queste famiglie le difficoltà che abbiamo vissuto non troppo tempo fa, individuando le debolezze umane e i nervi scoperti che tutti abbiamo e che gestiamo, in base alle situazioni, più o meno bene. La bellezza della scrittura sta proprio nel non abbracciare un solo punto di vista, ma nella capacità di attraversarli dando a tutti dignità e voce. L’estinzione della razza umana è un bell’affresco condito con sagace ironia.

Una scena di L'estinzione della razza umana
Una scena di “L’estinzione della razza umana”

Quanta preparazione c’è dietro ogni spettacolo e quanta emozione accompagna ogni singola serata?
Ogni spettacolo è un mondo a parte. L’Estinzione della razza umana è stato creato durante una residenza di un mese presso la Corte Ospitale di Rubiera, dove gli attori e il drammaturgo/regista hanno lavorato in sinergia alla messinscena. Io invece sono subentrata in un secondo momento, prima del debutto torinese, quindi per quanto mi riguarda il lavoro è stato frenetico e le prime date un vero test per comprendere se e quanto ero riuscita a penetrare nel lavoro. Anche il discorso sull’emozione che accompagna ogni singola serata è molto personale, quindi non posso fare altro che parlare per me. Proprio con l’Estinzione, ormai in tournée da tre anni, ho capito che lo spettacolo è un organismo vivo che ogni sera incontra l’altro personaggio del testo: il pubblico. Lo spettacolo cambia in continuazione e solo accettando il brivido di questo cambiamento si può fare bene il proprio lavoro. Il teatro è uno sport estremo e solo accettando la possibile caduta si può sperare di fare nascere qualcosa di veramente vivo di fronte al pubblico. Per queste ragioni l’emozione per me è sempre enorme e nulla è mai dato per scontato o assodato una volta per tutte.

Quali rituali ti accompagnano, di volta in volta, prima che si apra il sipario?
Ammetto di fare un po’ fatica a rispondere a questa domanda, della serie non sono scaramantica… ma non si sa mai. Ho un sacco di rituali, anche molto ridicoli, e svelarli mi dà la sensazione di depotenziarli. Mi sembra di essere colta in un momento molto intimo e non riesco a condividerli. Ora, non pensate che faccia chissà che, sono quelle cose sciocche che facciamo tutti per darci la carica e concentrarci.

Cosa ti ha portata, anni fa, ad avvicinarti alla recitazione e quanto sei cambiata da quegli inizi?
Premetto che non so ancora se è questo il lavoro che farò da grande. Non ho avuto l’illuminazione un giorno, ma ricordo quando mi è nato il desiderio: avevo quattordici anni, ero seduta su un marciapiede in centro a Reggio Emilia e casualmente qualcuno mi ha passato un volantino di una scuola di teatro. Mi sono detta, perché no. Grazie a quel volantino ho incontrato un gruppo di persone, ora amici, che hanno reso il teatro un vero gioco per tanti anni. Poi la mancanza che provavo alla fine di ogni spettacolo ha fatto il resto per spingermi a continuare negli studi e quindi entrare alla Paolo Grassi. Quanto sono cambiata? Tantissimo! Inevitabile, come persona e come attrice. Non so se si è capito ma odio prendermi sul serio, quindi concludo dicendo che sto iniziando solo ora a capirci qualcosa di questo maledetto e bellissimo mestiere.

Qualche sogno da realizzare ancora chiuso nel cassetto?
Qualche? Il cassetto non si chiude proprio. Sì ho un sacco di cose da fare e da sperimentare. Come dicevo prima ho appena iniziato a capirci qualcosa di questo lavoro, quindi ho un sacco di montagne (personali) ancora da scalare… siamo solo all’inizio. Per quanto riguarda lo svelare i sogni, torniamo al punto tre legato alla scaramanzia.

Anticipazioni legate al futuro artistico?
A febbraio sarò a Roma al teatro Argot per le prove del nuovo spettacolo di Silvio Peroni, “Toccando il vuoto”. In scena con me Lodo Guenzi, Matteo Gatta e Giovanni Anzaldo. A marzo ci aspetta una bella tournée… non vedo l’ora!

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