Elena Bresciani sarà Madame de Croissy

Elena Bresciani. Foto Collettivo Margot

Elena Bresciani sarà Madame de Croissy

Incontriamo Elena Bresciani, cantante, autrice di saggi e curatrice di rubriche radiofoniche e scritte sul panorama musicale.

Elena Bresciani, intellettuale eclettica, cantante lirica di fama internazionale, vocal coach, direttore di coro, mentore e acquerellista, esperta di voci femminili che segue in tutta Italia, autrice di saggi e curatrice di rubriche radiofoniche e scritte sul panorama musicale.

Elena Bresciani è l’unica docente di canto al mondo ad applicare le frequenze in hz di antiche campane tibetane alle armoniche delle voci per ampliare il timbro e l’estensione nella tecnica vocale e, da sempre ricercatrice delle connessioni fra Canto e Spiritualità.

Ad aspettarla un’estate colma di studio e di impegni in programma. Ne parliamo con lei.

Elena Bresciani, ben ritrovata su La Gazzetta dello Spettacolo. Hai dichiarato, in una recente intervista, che ti attendono mesi di preparazione ed esibizioni. È proprio vero che non si finisce mai di imparare, neanche quando si insegna agli altri…
Lo studio è la base del mio lavoro. Per insegnare bene, devo essere all’altezza del compito, che considero una sorta di “missione”. Studiare è una forma di devozione verso il Canto. Questa disciplina mi ha insegnato l’etica del lavoro, la coerenza, il rispetto del compositore e dei colleghi, degli allievi e delle famiglie che mi danno fiducia; farmi trovare “impreparata o non all’altezza” sarebbe imbarazzante per me. Se nel tempo cementi un cognome professionalmente riconosciuto, raddoppia la responsabilità. Quando sto studiando un ruolo nuovo, come in questi giorni, conto le pagine (lo facevo anche per gli esami universitari), mi creo una tabella di marcia e se non rispetto le scadenze che mi sono imposta per lo studio, mi sento terribilmente in colpa con me stessa. Insegnando anche ad altre voci, le loro scadenze professionali si intrecciano con le mie, quindi, prima studio la loro musica e poi la mia, anche di notte, se serve.

Tra i vari repertori in preparazione canterai a fine agosto Parafrasi del Christus di Donizetti. In quale contesto ti esibirai?
È musica sacra. L’obiettivo è la commemorazione di Sant’Alessandro, patrono della città di Bergamo. La Signora Denia Mazzola Gavazzeni, che mi ha invitata a cantare con Lei questo capolavoro, mi ha detto che si terrà in Città Alta, presto sarà annunciato il tutto ufficialmente. La Signora Mazzola Gavazzeni mi conferì – diversi anni or sono – la medaglia d’onore intitolata al Maestro Gavazzeni e quindi, ogni volta che mi invita a cantare con Lei, vado per rispetto, è una grande Artista e ho imparato molto dell’arte del canto eseguendo con Lei capolavori come Norma, Gioconda, Stabat Mater di Pergolesi e molto altro. Parafrasi del Christus è una composizione sacra sublime del Maestro Donizetti. La struttura prevede due duetti e due arie affidate alla voce del soprano e del mezzosoprano, la “fuga” finale è veramente difficile. La scrittura per la mia voce è contraltile, molto grave, questo mi costringe a lavorare in modo serrato sui passaggi di registro fra il petto ed il misto della voce per mantenere eleganza, ci sono anche molte agilità da risolvere e fiati lunghi. Sto lavorandoci da due mesi e, adesso, sta diventando pian piano più fluida. Mi registro sempre in prova, per migliorare. 

Inoltre, Elena Bresciani sarà Madame de Croissy a settembre nei Dialogues des carmélites di Poulenc, un ruolo scomodo… Come si costruisce e ci si prepara per interpretarlo al meglio? Inoltre, che tipo di scrittura musicale presenta?
Musica difficilissima, non atonale, ma neppure completamente tonale; le intonazioni sono complesse, le ritmiche inusuali assecondano il testo scolpito in lingua francese. Dialogues des carmélites come dice giustamente Emma Dante è un’opera atipica, intima, filosofica, contemplativa. Il contesto è quello della Rivoluzione francese, clima del terrore, le suore del Carmelo che vanno volontariamente incontro al martirio pur di non rinnegare la loro fede. Scopro il clima emotivo man mano che entro nel personaggio: ho incontrato davvero per la prima volta la mia Madame De Croissy, la grand-prieure del convento, qualche giorno fa… è ancora sfocata, ma l’ho vista per la prima volta. Stanca. Malata. Ripete codici metrici. Quando costruisco un ruolo funziona sempre così, c’è una frase nello spartito che mi fa “entrare” nel personaggio. Stavolta la frase è stata “Notre Règle n’est pas un refuge. Ce n’est pas la Règle qui nous garde, ma fille, c’est nous qui gardons la Règle”. 

“Siamo noi a mantenere/custodire la Regola”.

Quella frase scolpita, quell’accento, la scelta del colore per quella frase mi dischiudono il personaggio. Vedo come scandisce le parole, come deambula, quali fatiche ha nel cuore. La mia priora è magra, scavata, solo muscoli tesi e rughe d’esistenza, occhi sbarrati. Parla con infinita dolcezza ed è materna solo con Blanche de la Force, la sua “figlia della vecchiaia”, per il resto s’impone, autorevole, arrabbiata con la vita; dopo aver meditato la morte e aver pregato anni, ha paura di morire, sente che Dio non è più con lei, si sente abbandonata, sola, malata, affaticata, con una spada di Damocle sulla testa, incombe su di lei una scadenza, per questo non frena più la lingua: straparla, delira, dice ciò che pensa senza filtri. È scomoda, certamente. Troppo miserabile ormai per preoccuparsi di Dio… Incapace di garantire la sicurezza e l’ordine che le competono per il suo ruolo in Convento, si lascia andare a sé stessa e alla sua angoscia che come una maschera di cera penetra nel suo volto, nei pori della sua pelle… (questo è tradotto da un passaggio del ruolo, il testo è complesso, ma dice tutto). Parlo abbastanza bene la lingua francese e questo mi aiuta. Disperazione, delirio, dubbio e fede, obbedienza e disobbedienza si mescolano … si vede morire, senza consolazione alcuna, terrorizzata.Offre la sua povera morte a Blanche, ma basterà questo amore materno per riscattarla dalle sue colpe, che sono in realtà le sue paure? Non mi è ancora dato saperlo, lo sto scoprendo. È un ruolo di carattere, sorprendente, forse il più difficile della mia carriera sino ad oggi; ha aspetti caratteriali e vocali di Mamma Lucia (Cavalleria Rusticana, Mascagni) e di Zia Principessa (Suor Angelica, Puccini) ma la musica è infinitamente più difficile e il ruolo davvero complesso. Non c’è una vera “aria”, ci sono dei “monologhi esistenziali”, ricorda il teatro di prosa.La mia non è una vocalità contraltile, eppure spesso mi hanno affidato ruoli “contraltili” in altre lingue, come in Britten con Florence Pike, sicuramente la mia voce suona più “scura” in francese ed in inglese; però quello che non risolvo con la voce, lo risolvo con la mimica ed il carisma. Questi 20 chili in meno, oltre a ridarmi salute, mi hanno restituito il corpo dei miei vent’anni e con l’esperienza di oggi, lo muovo sul palco dando ai personaggi qualcosa che non conoscevo. Ho capito che con 20 kg in più “aggiungevo” per dar carattere al personaggio, con 20 kg in meno tolgo, scarnifico, divento Strehleriana, essenziale, sfrutto qualche capello bianco, le mie ossa, i muscoli più tesi e nervosi; lavorare su un corpo più ossuto è molto affascinante per me, perché non ne conoscevo la dialettica sul palco, ero abituata a far vivere sul palco una bella stazza. Scopro modalità espressive nuove del mio corpo, plastiche. Poi c’è l’osservazione della realtà, a me piace che la recitazione sia vera, credibile, è molto più emozionante. Per esempio, in questo momento, mentre rispondo all’intervista, mi trovo in ospedale, in una sala d’attesa. C’è una signora anziana che deve essere operata, ma non l’hanno ancora fatta entrare, è arrabbiata, come se fosse l’unica malata sulla faccia della Terra, la osservo ed entrerà di sicuro nella mia Madame De Croissy. È insofferente, sbuffa, protesta, butta addosso frustrazione ad una figlia amorevole. Quando si avvicina la morte o l’età della morte, alcune persone hanno dubbi di fede, o sono arrabbiate con la vita, con Dio; Madame De Croissy rappresenta tutte queste persone, una religiosa che si trova smarrita di fronte alla morte. 

Un’altra curiosità personale: ti immagino in questo momento in mezzo a una marea di spartiti. Chi lavora a fianco a te nei vari ruoli?
Ho momenti di solitudine e momenti di condivisione. Il mio spartitista dal 1998 è il Maestro Samuele Pala, l’unica persona con cui mi confronto. Parliamo poco, facciamo musica, guardiamo lo spartito, ci fermiamo, diciamo due parole sulla musica, ripartiamo, registriamo tutto. Poi vado in studio da sola rielaborando il tutto, torno da lui con tutto quanto assimilato, a quel punto lavoriamo sul dettaglio, sempre molto asciutti e concentrati. Stavolta, per Poulenc verrà alla terza prova con noi anche la pianista che suonerà nel corso dello spettacolo. Sarà un bel lavoro di squadra. Poi farò ascoltare il frutto di questo lavoro alla Signora Gavazzeni e al resto del cast, ci troveremo a luglio per una prova a Milano. A quel punto, se ci sono altri aggiustamenti da fare si fanno per avvantaggiare il lavoro di tutti. Poi salirò in montagna e rielaborerò tutto da sola in funzione di quanto è emerso dalle prove. Però dipende, questa è un’opera in forma di concerto; se è un’opera con regia il lavoro triplica e si arriva in teatro già preparati, ma disposti a smontare tutto al servizio dell’idea del regista e del direttore d’orchestra. Se – invece – è un concerto vocale da camera, studio con il pianista che mi accompagna in concerto, si lavora in duo, nel dialogo fra i due strumenti. 

E invece, Elena Bresciani, come prepari i giovani agli inediti di pop?
Dipende. A volte arriva solo la musica con basi, altre volte arrivano gli spartiti e si studiano quelli, poi arriva la parte polifonica se sono duetti o terzetti, qualche volta la scriviamo noi, altre volte assisto alla gestazione di tutto dall’inizio, perché si parte da un’idea armonica o da una improvvisazione musicale. È tutto molto affascinante. 

Un’ultima domanda per Elena Bresciani. Sei tornata di recente dal Concorso Premio Bruno Bottiroli in occasione della serata di premiazione, in cui eri Ospite d’onore per la Lirica. Una grande soddisfazione per te, ma anche per i tuoi allievi? 
Rodrigo Lucchini ha vinto il secondo premio nella categoria inediti e Giulia Serotti è stata finalista della categoria lirica. Sono contenta per loro. 

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