Camilla Filippi: il mio viaggio nella regia
Camilla Filippi, attrice e regista di “Come quando eravamo piccoli” ci racconta l’importanza delle sensazioni sul pubblico.
Un primo lungometraggio per l’attrice, nonché regista, Camilla Filippi, “Come quando eravamo piccoli”, pronta a parlarci di come il tutto ha preso forma e dei nuovi progetti che la riguarderanno a breve…
Ben ritrovata su La Gazzetta dello Spettacolo, Camilla Filippi. Parliamo del tuo ultimo progetto, “Come quando eravamo piccoli”, del modo in cui ha preso forma?
Mio zio, fratello di mia mamma, è nato con una lesione celebrale da forcipe, ben sessantacinque anni fa, ed è praticamente cresciuto con noi. Ad occuparsene, dopo la scomparsa di mia madre, è stato mio fratello che, recentemente, mi ha avvisato di una lettera di pensione da parte dell’INPS. Un’era che si chiude, un nuovo periodo da affrontare, e la volontà di raccontare questa storia, una necessità che avevo dentro da tempo, ma che da giovane qual ero non pensavo di poter affrontare all’epoca.
Un primo lungometraggio, una grande occasione per parlare di famiglia, quali sensazioni ti portano ad approfondire talune situazioni?
Parlo della mia famiglia perché crescendo credo si senta forte l’esigenza di tornare in quel luogo, porto sicuro, in cui ci siamo formati, in cui siamo stati coccolati. Qualcosa di strano, se ci pensiamo bene, perché spesso preferiamo distaccarci dalla famiglia ma, alla fine, le storie familiari sono da sempre storie universali in cui è possibile trovare parte della propria famiglia. Credo nelle narrazioni, in tutto ciò che è unione, famiglia, appunto.
Quali consensi ti auguri di poter ottenere con questo progetto?
È bello vedere, di cinema in cinema, quanto sia importante portare sensazioni contrastanti al pubblico. Si ride, si piange, e i dibattiti finali sono sempre molto interessanti perché portano riflessioni importanti, familiari, seppure tutto parta dalla mia, di famiglia. Non so cosa mi auguro ma so bene che sono felice di tutto ciò che ho modo di vedere.
Cosa non è stato ancora raccontato?
È stato raccontato tantissimo! La differenza la fa sempre il come ma non saprei dirti realmente quale come manca.
Cosa ti ha regalato la possibilità di essere dietro la macchina da presa?
È stato bello e molto divertente (sorride). Ho scritto un copione, una dichiarazione di intenti, accompagnando in scena mio fratello e mio zio affinché potessero parlare di temi che speravo uscissero, ascoltando anche l’inaspettato, sia in positivo che in negativo. Qualcosa che viene riscritto al montaggio, ‘non del tutto aderente al primo copione’, nel capire cosa è stato detto o meno. Una strada che prende forma, qualcosa di molto piacevole.
Cosa ti ha regalato questo viaggio nella recitazione e quanto sei cambiata da quelli che sono stati i tuoi inizi?
È cambiato tutto! Crescendo è cambiata la mia consapevolezza come essere umano ed ho sviluppato capacità diverse. Potrei dirti che sono cresciuta di pari passo con il mio essere artista, una parola che non è affatto sbagliata nel suo utilizzo. Dopo questo film, in particolar modo, ho capito che in futuro mi piacerebbe poter dividere le strade, quella di interprete, in cui si viene trasportati nel bellissimo mondo dei registi, e quella da regista, con una visione ampia, mia, in cui ho modo di poter portare ‘gli altri’.
Cosa ti ha segnato di questo percorso e a quali no, con il senno di poi, diresti ‘si’?
Non c’è nulla di cui potermi pentire. Ai tempi, forse, era giusto dire dei no o riceverli. Credo nel destino e ciò mi rasserena. Adesso, ad esempio, posso dirti che questo film è partito dalla mia volontà, si, ma è frutto anche della sensibilità di alcune persone che ho incontrato e che hanno creduto in me. Questo ringraziamento vale per la Lungta Film, i miei produttori, la Famiglia Puma Trust, gli ospedali civili di Brescia in cui è ambientato il film, tutti i bresciani che si sono mossi affinché tutto potesse avere seguito. Credo nelle energie del momento, nell’unione di intenti.
Da tempo sei mamma, quali valori hai trasmesso ai tuoi figli?
Ho figli grandi, di cui uno all’università e l’altro al liceo. Ho cercato di portare loro il buon esempio, senza dimenticare gli altri, senza portare indifferenza alcuna. Sono attenta a chi è in difficoltà e mi passa accanto e lo stesso spero possano fare i miei figli. L’indifferenza mi fa orrore.
Che periodo sta vivendo Camilla Filippi?
Sono molto felice e appagata nell’essere grande, con i miei quarantacinque anni. Mi sento abbastanza risolta, coerente con ciò che sono e questo mi rende serena.
Una nuova regia nel tuo futuro…
Si, sto scrivendo il mio primo film di finzione, un nuovo tema sociale di fondo, una necessità più che intima. Sono cresciuta nelle fragilità della vita, mi ci sono relazionata ed ho una grande interesse per loro.
Cos’altro puoi anticiparci sui tuoi prossimi progetti nei limiti del possibile?
Ho preso parte ad una serie per Amazon con Maccio Capatonda fuori il prossimo anno. Marcello è una persona incredibile, intelligente, un visionario e sono molto felice di aver preso parte a questa serie.