Vittorio Vaccaro
Vittorio Vaccaro

Vittorio Vaccaro: nato nell’arte

Siciliano di nascita, Vittorio Vaccaro è abile in molteplici cose: cucina, canto, recitazione, regia e non solo. Artista poliedrico, innamorato della sua terra, così come della sua nuova città, Milano, si mostra disponibile nell’accogliere le nostre domande, le curiosità che abbiamo su di lui. Lo ringraziamo della disponibilità, del tempo che ci ha regalato, del suo amore smisurato per l’arte.

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Vittorio Vaccaro. Come stai?

Molto bene, grazie! Non posso lamentarmi affatto. Sono dell’idea che sia facile lamentarsi. Essere positivi, invece, aiuta molto.

Parliamo di te. Come hanno avuto vita tutte queste passioni: cucina, canto, recitazione e molto altro?

Si è sviluppato tutto sin da bambino, da quando ho mosso i primi passi in musica, studiando al conservatorio. Studi, quelli realizzati da esterno, mai conclusi, ma che devo a mio nonno, che suonava in una banda siciliana. In contemporanea, coltivavo una grande passione per la cucina che, questa volta, devo ai miei genitori, che hanno una pizzeria nella mia amata isola. Ero curioso di tutto, voglioso sempre di nuove conoscenze, di profumi, sensazioni. Crescere, a “casa mia”, ha significato crescere anche nel cibo, in cose che ho poi ritrovato, riprodotto, da adulto. A ventidue anni, invece, subentra un grande amore per la recitazione, a Faenza. Entrai in un centro giovani e, tra le mani, mi ritrovai un faldone contenente dei provini. Mi sono iscritto, così, all’Accademia e non ho mai mollato nessuno di questi tre elementi.

Se ti chiedessi, oggi, di scegliere tra la cucina, la musica e la recitazione?

Se dovessero propormi di recitare di fianco ad una personalità importantissima, ti direi che non lascerei mai la recitazione. Ho lavorato, negli anni, con registi importanti, in bellissimi luoghi presenti nel mondo, realizzando spettacoli importanti. Allo stesso tempo, ti direi che non lascerei mai la cucina. Sono cresciuto tra i profumi, con la sensazione che cucinare voglia dire “accogliere” le persone care, gli amici, tutti. La cucina, potrei dirti, che è lavoro e passione, qualcosa di viscerale, e la recitazione semplice passione.

Tra i lavori a cui hai avuto modo di prendere parte, a livello recitativo, ce n’è uno a cui sei ancora oggi particolarmente legato?

Si. Ho avuto modo di incontrare, durante il mio percorso lavorativo, Eimuntas Nekrosius, un regista teatrale importantissimo. Mi ha insegnato la semplicità, un concetto a cui si giunge dopo tanto, dopo un lungo percorso. Questo incontro con questo personaggio pazzesco, incontrato prima di allora soltanto sui libri, mi ha insegnato come le cose semplici siano le più forti, vere e concrete, capaci di viaggiare nel tempo. Mi ha portato a riconoscere quella semplicità, qualcosa che mi è rimasto cucito addosso. Mi ha reso diverso, regalandomi una nuova prospettiva.

Sei ideatore di alcuni importanti festival. A cosa devi questa altra, grande, passione?

Sono una persona irrequieta, creativa, incapace di restare fermo. Di tanto in tanto, quando mi soffermo a pensare, mi giunge alla mente una domanda, “Perché no?”. Quella domanda mi porta a prendermi cura di festival, lavori ed occasioni a cui tengo. Penso non ci sia nulla di male nel consentire ad alcune persone, presenti a dei festival, di conoscersi, di scambiare quattro chiacchiere, rendendosi conto di come funziona il mondo.

Siciliano di nascita ma, da qualche tempo, milanese di adozione. Quanto è forte la mancanza delle proprie radici, della propria terra, quando ne sei lontano?

I miei genitori e molti altri parenti vivono ancora giù. Li raggiungo due, tre volte l’anno, specie nei periodi di vacanza. A mancarmi, più di tutto, è la spensieratezza di chi vive la mia amata terra, l’umanità che caratterizza tutti loro, l’essere veraci. Nessuno finge di essere chi non è o cosa non fa.

Cosa ti piacerebbe poter realizzare in futuro?

Mi piacerebbe poter sviluppare maggiormente l’ambito televisivo, tutto ciò che ho macinato negli anni per poterlo incasellare lì dentro. Penso sia il momento adatto per mettere da parte ogni paura e tentare questa bellissima strada.

Da regista, Vittorio Vaccaro, quale storia piacerebbe poter realizzare?

Mi piacerebbe portare nello schermo, o in teatro, l’essere umano, ciò che gli uomini nascondono. Ad esempio, quando lavoravo a delle regie importanti, ricordo che avevo una grande curiosità per ciò che non era visibile all’occhio esterno. Otello, prima di andare dalla sua amata, cosa faceva? Quando le persone entrano in casa, su cosa si soffermano e quali sono le loro gioie o sofferenze? Tutto ciò mi incuriosisce perché, in fin dei conti, noi siamo questo.

Su Alessia Giallonardo

Nasco a Benevento, nel 1986. testarda a più non posso, perché Toro. Amo la fotografia sin da quando ero piccola e devo questa passione a mio padre. Stesso discorso per la scrittura, per ogni singola sfumatura di un racconto, di un vissuto, di uno storico incontro.

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