Vincenzo Gardani e i suoi… Musici di Euterpe
Intervista esclusiva a Vincenzo Gardani, compositore, direttore d’orchestra e direttore de “I Musici di Euterpe”.
L’arte accompagna da una vita Vincenzo Gardani e lui ne segue la scia con passione e dedizione. In questa intervista che rilascia in esclusiva conosceremo l’eclettico musicista.
Benvenuto Vincenzo Gardani sul quotidiano “La Gazzetta dello Spettacolo”. Oggi sei un direttore d’orchestra e compositore. Com’è iniziato il tuo percorso con la Musica?
Il mio percorso musicale è iniziato in maniera del tutto inattesa. Fin da bambino il mio desiderio era quello di intraprendere la carriera di poliziotto, e non avevo alcuna intenzione di avvicinarmi alla musica. Tutto cambiò all’inizio della seconda media presso la Scuola Media Claudio Monteverdi di Milano, dove si aveva la possibilità di studiare uno strumento musicale nelle ore extrascolastiche. Ricordo ancora che, il primo giorno di scuola, la preside dell’istituto, la Dott.ssa Dolores Liliana Gelmetti, mi disse quasi perentoriamente: “Gardani, quest’anno studierai chitarra”. Non saprei dire per quale ragione avesse scelto proprio me, ma quell’indicazione, apparentemente arbitraria, si rivelò decisiva. Provenendo da una famiglia poco abbiente, non avrei potuto permettermi l’acquisto di uno strumento. Fu la scuola stessa a prestarmi una chitarra: un gesto che per molti poteva sembrare minimo, ma che per me significò tutto. Quel semplice atto di fiducia aprì le porte a un mondo che non conoscevo e che avrebbe cambiato per sempre il corso della mia vita. Da quel momento iniziai a trascorrere interi pomeriggi immerso nello studio, scoprendo nell’arte dei suoni una passione irresistibile. Ben presto arrivarono le prime composizioni e, una volta terminati gli studi dell’obbligo, la scelta di iscrivermi al Conservatorio di Milano divenne per me non solo naturale, ma inevitabile.
Tu hai studiato e ti sei perfezionato nel Regno Unito e nel 2021 hai ricevuto le congratulazioni dall’allora Regina Elisabetta. Pensi che esista meritocrazia più all’estero che nel proprio Paese e perché?
Credo che all’estero il merito venga valutato molto più concretamente: ciò che conta davvero sono le capacità e i risultati, non le conoscenze o le raccomandazioni. In Italia, purtroppo, capita ancora troppo spesso che il talento venga ignorato o che le opportunità siano distribuite secondo logiche diverse dal valore reale. Ricevere nel 2021 le congratulazioni dall’allora Regina Elisabetta è stato per me un riconoscimento straordinario del mio lavoro e una conferma che il merito, quando viene preso sul serio, può davvero emergere. È una situazione che dovrebbe essere la regola, anche nel nostro Paese, se vogliamo valorizzare la nuova generazione di musicisti e professionisti.
Si dice che la strada per la direzione orchestrale sia uno dei settori musicali più lastricati di ostacoli. Ci vorresti chiarire questa situazione?
La strada verso la direzione orchestrale è davvero lastricata di ostacoli. Ricordo i primi anni in cui mi trovavo davanti a orchestre professioniste: la preparazione tecnica non bastava, dovevo imparare a comunicare con i musicisti, a guidarli con autorevolezza senza mai perdere empatia, a gestire lo stress di prove complesse e aspettative altissime. In un settore così competitivo, le opportunità arrivano raramente e spesso dopo anni di lavoro quasi invisibile. È un percorso che mette alla prova la passione e la determinazione, ma ogni piccolo successo – una prova perfetta, un applauso sincero – conferma che, nonostante tutto, vale la pena lottare per costruirsi il proprio spazio nella musica.
Sei direttore della tua orchestra I Musici di Euterpe, oltre alla curiosità di sapere da dove nasce questo appellativo, tu con loro ti esibisci in Concerti prevalentemente nel comune di Milano. Qual è il vostro repertorio e quale tra le vostre esibizioni, il pubblico ricorda con maggior divertimento?
Il nome “I Musici di Euterpe” nasce dalla volontà di rendere omaggio a Euterpe, la musa della musica nella tradizione classica, simbolo di ispirazione e creatività. Con l’orchestra ci esibiamo principalmente a Milano e siamo residenti presso Musicopoli – Città delle Arti, che ci supporta attivamente nel nostro progetto. Tuttavia, abbiamo avuto l’opportunità di portare la nostra musica anche in altre città italiane: tra queste, il 29 luglio abbiamo partecipato a Sognando l’Operetta presso l’anfiteatro di Terni, invitati dalla compagnia Calliope Incanto. È stato quasi poetico vedere Euterpe e Calliope “incontrarsi”, due muse della musica e della poesia che idealmente hanno accompagnato il nostro concerto. Il nostro repertorio spazia dal Barocco fino alla musica contemporanea, con particolare attenzione alla valorizzazione di compositori italiani e a programmi pensati per coinvolgere il pubblico in maniera diretta e appassionante. Tra le nostre esibizioni più ricordate c’è “Portati la cadrega”, un concerto all’aperto in piazza o in cortile, dove gli spettatori portano la propria sedia da casa, creando un’atmosfera informale e unica, in cui la musica diventa un vero momento di condivisione e allegria.

Pensi che i cosiddetti “Santi in Paradiso” servano anche per un professionista come te che tra l’altro ha saputo incantare un’artista del calibro di Patti Smith. Com’è stato per te incontrarla e perché fai fatica ad importi nel proprio circuito?
Credo che i cosiddetti “Santi in Paradiso” esistano in tutti i settori, e la musica non fa eccezione. Spesso le opportunità dipendono da chi conosci o dalle circostanze più che dal talento puro, e questo può rendere difficile emergere nel proprio circuito. Incontrare Patti Smith è stata un’esperienza straordinaria: è successo in occasione del nostro concerto “Prima della Prima”, poco prima della Prima (scusate il gioco di parole) del Don Carlo alla Scala di Milano nel 2023, presso il Grand Hotel et de Milan, un luogo intriso di storia dove Verdi ha vissuto e morì. Durante il concerto le ho fatto dirigere l’ensemble, e vederla divertirsi così tanto è stata una conferma incredibile del valore del nostro lavoro. Allo stesso tempo, mi ha ricordato quanto sia importante continuare a fare musica con passione: le soddisfazioni autentiche arrivano dal lavoro serio e dal contatto diretto con chi ascolta, non solo dalle raccomandazioni o dalle conoscenze. È una sfida costante, ma anche una motivazione a non mollare mai.
Oltre ai concerti con la tua formazione, di cos’altro ti occupi?
Oltre ai concerti con la mia formazione, mi occupo di diversi aspetti legati alla musica. Seguo progetti di produzione musicale, collaboro con altri artisti per concerti e registrazioni, e mi dedico alla composizione e all’arrangiamento di nuovi brani. Parallelamente, insegno pianoforte, chitarra classica e Teoria Musicale presso Musicopoli – Città delle Arti, condividendo la mia esperienza con studenti e musicisti emergenti. Cerco sempre di mantenere un approccio versatile, perché credo che la musica richieda non solo interpretazione, ma anche creatività, organizzazione e capacità di comunicare.
Qual è stata l’Opera e la Composizione che hai diretto e che hanno lasciato un segno positivo sia in te che negli ascoltatori?
Ci sono state diverse opere e composizioni che hanno lasciato un segno profondo, ma due esperienze in particolare ricordo con grande emozione. Dirigere Carmen di Bizet presso il Teatro Argentina di Roma è stata un’esperienza straordinaria sotto molti punti di vista. Il Teatro Argentina, con la sua storia secolare e il fascino architettonico, crea un’atmosfera unica che amplifica ogni emozione musicale. Lavorare con l’orchestra e i cantanti in uno spazio così prestigioso è stato stimolante e formativo: ogni dettaglio della performance, dall’equilibrio sonoro alla gestione dei tempi drammatici, richiedeva una concentrazione totale. Vedere il pubblico così coinvolto e reagire con entusiasmo e commozione è stato per me un momento di grande soddisfazione e conferma del potere universale della musica. Dall’altro, tra le composizioni più significative c’è il nostro repertorio originale con I Musici di Euterpe, in particolare brani in cui il pubblico può partecipare attivamente, come Portati la cadrega. Vedere gli ascoltatori sorridere, interagire e vivere la musica in modo diretto è qualcosa che lascia un’impronta duratura, tanto in loro quanto in me. Sono momenti in cui la musica diventa davvero un dialogo e un’esperienza condivisa.
Se tu avessi la possibilità di viaggiare nel tempo, che epoca vorresti vivere, quale musicista vorresti incontrare e cosa gli diresti?
Se potessi viaggiare nel tempo, mi piacerebbe vivere epoche diverse della storia della musica, per poter assaporare da vicino la creatività e l’ispirazione dei grandi compositori. Alla domanda su quale musicista vorrei incontrare, però, non riesco a rispondere singolarmente: ogni compositore mi suscita emozioni particolari e uniche. Quando mi chiedono quale sia il mio preferito, rispondo sempre: tutti e nessuno. Mi piacerebbe semplicemente poterli ascoltare e percepire da vicino la loro visione del mondo e della musica, capire cosa li ha ispirati e lasciarmi trasportare dalle emozioni che hanno saputo trasmettere.
Qual è il sogno di un musicista, compositore e direttore d’orchestra creativo come sei tu? Che augurio, se si può dire, faresti a te e agli artisti in generale?
Il sogno di un musicista, compositore e direttore d’orchestra come me è sempre quello di riuscire a trasmettere emozioni autentiche attraverso la musica, di creare momenti in cui chi ascolta possa sentirsi davvero coinvolto, toccato e ispirato. È la possibilità di rendere concreta l’arte, di comunicare senza parole e di lasciare un’impronta nel cuore delle persone. Se potessi fare un augurio a me stesso e agli artisti in generale, sarebbe quello di conservare sempre la passione e la curiosità, di non smettere mai di esplorare nuovi orizzonti, e di avere il coraggio di seguire la propria voce interiore, anche quando le difficoltà sembrano insormontabili. La musica è un viaggio senza fine, e l’augurio più grande è poterlo vivere con autenticità e con gioia.
Pensi che la musica, oggi abbia lo stesso impatto e futuro che furono nei periodi trascorsi?
La musica ha sempre avuto il potere di emozionare e di unire le persone, ma oggi vive in un contesto molto diverso rispetto al passato. La tecnologia, i nuovi mezzi di comunicazione e l’accesso immediato a qualsiasi genere musicale hanno cambiato il modo in cui viene fruita e percepita. Questo non ne diminuisce il valore, ma richiede ai musicisti di reinventarsi continuamente, di trovare modi nuovi per catturare l’attenzione e toccare le corde emotive del pubblico. Il futuro della musica dipende da chi saprà coniugare tradizione e innovazione, conservando la profondità e l’autenticità che l’hanno sempre resa immortale, pur adattandosi ai tempi. Credo fermamente che, se ascoltata con cuore e curiosità, la musica continuerà a emozionare e a lasciare un segno profondo, proprio come è sempre stato.