Mario Grazio Balzano
Mario Grazio Balzano

Mario Grazio Balzano: dalla cattedra a “Un posto al sole”

Intervista a Mario Grazio Balzano, che fa un salto nel mondo della serialità all’italiana con “Un posto al Sole”.

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La carriera di Mario Grazio Balzano è contornata da mille sfaccettature. Classe ’52, una laurea in lingue, letterature ed Istituzioni dell’Europa Occidentale sez. Germanica (Inglese), presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli. Esperto in comunicazione teatrale, il percorso di Mario Grazio Balzano tratteggia svariati filoni, con un occhio sempre rivolto alla cultura.

Nel 1996 ottiene il premio nazionale promosso dal Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali con il lavoro” Il pescatore di frodo”- Vivere il Mare Linea Blu RAI 1. Nella sua straordinaria carriera ha curato molte regie teatrali ed in particolare lavori di Eduardo De Filippo, Viviani, Plauto, Prokovief, Shakespeare, T.S.Eliot, Cocteau, Orwell, Feydeau, Derek Benfield, Bisson , Ray Cooney. Recentemente ha conquistato il cuore del pubblico nella soap “Un posto al sole”, trasmessa su Rai3. Nel ruolo del maggiordomo Alfredo Buccella “miscela”, con talento e professionalità, le batture alla mimica eloquente. Conosciamo meglio Mario Grazio, con questa piacevole intervista.

Benvenuto su “La Gazzetta dello Spettacolo” a Mario Grazio Balzano, vuoi parlare ai nostri lettori della tua esperienza sul set di “Un posto al sole”?
«Avendo inviato il mio curriculum alla Rai , la produzione mi contattò successivamente per sostenere un provino nel febbraio 2020. Il provino andò bene. Mi avrebbero ricontattato dopo poco. Ma non fu così. ”L’intruso” (covid) aveva cambiato la nostra vita. La pandemia e l’Italia si fermò. Mi ricontattarono a luglio. La situazione dopo mesi era migliorata. Fu così che sostenni un ulteriore provino per il maggiordomo Alfredo Buccella. Fui accolto con cortesia alla Rai. La produzione, persone eccezionali…e l’incontro con Walter Melchionda fu piacevole. Ci intendemmo subito. Tra persone che hanno umiltà, così funziona! Siamo diventati buoni amici. E ci divertiamo molto sul set di “Un posto al sole”. Avendo partecipato a trasmissione televisive non ebbi né il timore né l’ansia di stare davanti ad una telecamera. Poi il Teatro mi ha aiutato molto a sostenere questo ruolo. Pur non avendo molte battute, questo personaggio si muove non solo attraverso il linguaggio verbale ma soprattutto attraverso una mimica eloquente».

Una carriera poliedrica la tua, come nasce questa passione per il mondo dello spettacolo?
«Ho iniziato da piccolo con le recite scolastiche. Avevo credo una decina d’anni e mi divertivo quando mi davano ruoli di adulto. Nelle scuole elementari interpretai un angioletto non tanto adatto a me in quanto un bambino irrequieto. Mi ha sempre affascinato il mondo dello spettacolo ma avevo un papà che metteva lo studio al primo posto nella vita. Le sue parole erano: “ la conoscenza vi affrancherà dalla schiavitù”. Solo da adulto ho capito cosa volesse intendere e lo condivido. Da insegnante ho fatto grandi esperienze di Teatro con i ragazzi, ho appreso molto da loro. Ho dato molto agli studenti, senza risparmiarmi, in cambio mi hanno dato la loro fiducia e il loro amore per il Teatro. Ho avuto il piacere di conoscere tante persone e ho fatto tante esperienze. La mia formazione è avvenuta attraverso lo studio, la ricerca, la curiosità di scoprire cose nuove. Al contempo sono stato una persona meticolosa, attenta, e appassionata (sorride ndr)».

Come si concilia la cultura, in questo mondo 4.0, al teatro?
«Io credo che il mondo 4.0, “la quarta rivoluzione industriale”, potrebbe essere pieno di rischi, incertezze perché tutto diventa molto veloce. Competenze che diventano obsolete e professionalità che cambiano in brevissimo tempo. Ogni “nuovo potere “ potrebbe nascondere incognite e sottili insidie. Ma esiste, e anche se in futuro potrebbe apportare benefici all’umanità ,io preferisco guardarlo da lontano. Cercar di prendere solo il buono e far tesoro dei probabili nuovi insegnamenti. Ma continuo a preferire le tavole del palcoscenico e non un palcoscenico artefatto».

Descriviti con un aggettivo, anche due.
«Sono testardo, pignolo, perfezionista, ma qual è quel limite sottile, impercettibile che fa di questi aspetti un difetto oppure un pregio? Umiltà e disponibilità verso gli altri (sorride ndr)».

E per il futuro?
«Non penso molto al futuro. Cerco di vivere la vita al presente».

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