Francesco Castiglione e Valeria Zazzaretta

Francesco Castiglione e una sfida teatrale

Con Francesco Castiglione sul palco la giovane Zazzaretta

Attore eclettico, preparato e molto talentuoso, Francesco Castiglione (nella foto con l’attrice Valeria Zazzaretta) è tutto questo. Si muove dalla fiction al teatro con disinvoltura e straordinaria abilità recitativa.

Francesco Castiglione e Valeria Zazzaretta

Reduce dal successo ottenuto nella fiction Don Matteo 10, in questi giorni è stato impegnato in un nuovo progetto teatrale al teatro Hamlet di Roma.

“Un cappello pieno di pioggia” questo il nome suggestivo dell’opera che ha visto protagonista il giovane attore. Lo spettacolo dalla trama avvincente ha ottenuto notevoli apprezzamenti di pubblico e di critica. Conosciamo meglio questo progetto in attesa di rivedere Francesco nella nuova serie di “Un passo dal cielo”.

Francesco Castiglione, da qualche giorno è andato in scena con un nuovo progetto teatrale, di cosa si tratta?

Al Teatro Hamlet di Roma abbiamo rappresentato “Un cappello pieno di pioggia”, un dramma teatrale scritto dall’autore, e attore americano, Michael Gazzo nel 1955. E’ la storia di Johnny Pope, un reduce della guerra di Corea che dopo il ricovero in ospedale, dove gli viene somministrata morfina, diventa dipendente dalla droga.

Nel 1957 il regista Fred Zinneman lo porta sul grande schermo con Anthony Franciosa nel ruolo del fratello di Johnny, Polo: questa interpretazione gli valse la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile e la candidatura ai premi Oscar e Golden Globe.

Qual è l’atmosfera che si respira sul palcoscenico? Sono emozioni differenti rispetto le diverse interpretazioni da lei fatte in fiction di successo?

Il palcoscenico ti dà il rapporto diretto con il pubblico, un rapporto non filtrato dalla macchina da presa. Le sensazioni che provi a teatro ti arrivano dritte “in pancia”; senti il respiro degli spettatori, ne avverti la concentrazione: percezioni quasi palpabili che rendono la tensione interpretativa altissima, anche perché sai che l’errore o il vuoto di memoria non è rimediabile con una seconda ripresa.

Quando capita te la devi sbrogliare da solo e subito e qui si vede la maestria e la sensibilità artistica dell’attore. Ovviamente il cinema e la televisione ti danno una visibilità molto maggiore e anche una diversa soddisfazione che perdura nel tempo, grazie alle repliche delle fiction di successo, messe in onda più volte.

Un cappello pieno di pioggia, questo il titolo suggestivo dell’opera, quali sono gli argomenti trattati? E il suo personaggio?

Io interpreto Johnny Pope, reduce dalla guerra di Corea, ora morfinomane. La storia è ambientata in un modesto appartamento di casa popolare a New York, dove Johnny vive con la moglie Celia (Valeria Zazzaretta), incinta e ignara del dramma che vive il marito e con il fratello Polo (Gianluca Spatti).

Da Palm Beach viene a far visita il padre John (Maurizio D’Agostino), uomo all’antica che non ha mai avuto rapporti particolarmente affettuosi con i figli, di cui non capisce i problemi, le insoddisfazioni e i fallimenti esistenziali. Ha una particolare predilezione proprio per Johnny ma non ne avverte l’intima fragilità. Invece sarà proprio Polo, che per altruismo e affetto fraterno, e con la sua forte personalità, affronterà gli spacciatori Mammà e Chuch (Enzo Avagliano e Beppe Carvutto) di cui Johnny è succube e segnerà positivamente l’esito della vicenda. Il mio personaggio per l’epoca costituiva un tabù in quanto l’autore, Michael Gazzo, si era formato nel periodo oscurantista del maccartismo che influenzò fortemente anche il mondo della cultura e dello spettacolo e decise di trattare il problema della tossicodipendenza in una forma priva di eufemismi, decisamente provocatoria per quei tempi.

Questa particolarità, accompagnata da uno stile garbatamente scanzonato voluto dal regista Alessandro Carvaruso, rendono avvincente lo spettacolo in tutti i suoi momenti. A rendere tutto ancora più credibile un ringraziamento particolare va a Violetta Canitano, scenografa, costumista e grafica dello spettacolo.

Due aggettivi: uno per definire lo spettacolo e l’altro per definire il suo ruolo

Per lo spettacolo userei senza dubbio l’aggettivo incalzante, perché questo è in realtà il fil rouge della trama, mentre il mio ruolo, quello di Johnny è drammaticamente e attualmente introspettivo.

Preferisce il teatro o la televisione?

E’ una domanda che mi viene posta spesso e la risposta è complessa, in quanto sarebbe riduttivo indicare categoricamente o l’uno o l’altra. Sicuramente la mia formazione artistica è teatrale, in quanto è in quell’ambiente che mi sono formato appena arrivato a Roma ma ritengo anche che un attore può definirsi completo solo se è in grado di suscitare emozioni sia dal palcoscenico che dal set: amiamo definirci “creatori di sogni” no ?…beh, se è così, dobbiamo essere in grado di far sognare sia il pubblico del teatro che quello che si pone davanti agli schermi.

Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro, avremo la possibilità di rivedere “Un cappello pieno di pioggia” in altri teatri? Prossimi progetti?

L’intendimento è sicuramente questo, mi piacerebbe portarlo anche in Calabria, magari al Teatro Rendano, un luogo a cui sono particolarmente attaccato…vedremo, ce lo auguriamo!

A gennaio porteremo in scena di nuovo “Maestri di scacchi”, uno spettacolo con il quale abbiamo debuttato la prima volta nel 2014; mentre dal 12 febbraio sarò in scena di nuovo con “Francesco De Paula l’opera” nel meraviglioso teatro Rendano di Cosenza.

Su Omar Falvo

Laurea in Filosofia e Storia presso l'Università della Calabria, giornalista pubblicista e Guida Ufficiale del Parco Nazionale della Sila. Consulente per diverse aziende nel settore turistico, alberghi e strutture ricettive. Particolare attenzione rivolta alla fiction.

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